Liam Payne e altre riflessioni a mezzanotte

Liam Payne e altre riflessioni a mezzanotte

Liam Payne se n'è andato. Aveva 31 anni, esattamente l'età che a breve raggiungerò anche io. Ma non è questo il punto, non adesso, non in questa sede. Liam Payne era membro di una delle teen band più famose al mondo, gli One Direction, la stessa che è diventata simbolo di un'intera generazione e che a distanza di anni ricorda tutto lucidamente. Insieme erano diventati qualcosa di immenso, avevano costruito un impero di successo, ma avevano seminato tante emozioni e abbracciato, nel loro essere così semplici e spontanei, la diversità dell'essere umano.

Excursus musicale a parte, che non toccherò perché non ne so abbastanza, il punto da cui nasce la mia riflessione è un altro. La notizia ha devastato il panorama musicale internazionale, ma ha devastato prima di tutto le persone, anche quelle che di Liam, fondamentalmente, non sapevano nulla, nemmeno lo conoscevano, se non attraverso la sua musica. È qui che torna l'emozione di cui sopra, la fidelizzazione tra una band e i suoi fan, il non essere "solo una band", ma un qualcosa di più grande, di più autentico, di più vero, fragilità e complessità annesse.

La morte di Liam Payne ha seminato tristezza e incredulità ovunque sui social: su TikTok sono esplosi video ricordo del cantante, sfoghi di pianto e caroselli di frames che ripercorrevano alcuni dei momenti più iconici del cantante insieme ai colleghi. Su Instagram e sul web tutto, invece, le varie testate hanno hanno immediatamente pubblicato una foto del 31enne estrapolando qualche citazione di canzone, talvolta facendo collegamenti, creando ipotesi, lasciando dubbi o semplicemente papabili ricordi. Tutti e tutte, in qualche modo, hanno voluto "buttare fuori" questa disperazione per condividerla con il mondo, forse per non sentirsi soli, forse per autoconvincersi che era tutto uno scherzo, o un brutto sogno. Ma la realtà a volte è davvero la realtà, proprio come in questo caso. E fa schifo.

Liam Payne è scomparso: Harry Styles e gli altri come stanno?

C'è di più, e qui nasce il focus del mio pensiero: chi amava Liam amava gli One Direction, e chi amava Liam si è immediatamente preoccupato di come stessero, gli One Direction. Avete fatto un giro sul profilo Instagram di Harry Styles? Basta dare un'occhiata rapidissima e vi accorgerete che sotto molte delle foto del cantante (piuttosto datate, dato che si parla del 2023), c'è una cascata di commenti rivolti al tragico fatto, ma quasi tutti hanno un elemento in comune: la preoccupazione, il dispiacere.

"Mi dispiace, Harry", si legge, quasi a volere confortare chi, in questo momento, sarà devastato dal dolore. "Ci dispiace, Harry", "Spero tu stia bene, Harry", "I'm so sosrry", "We're praying for you" e così via. Una pioggia di pensieri nei confronti di Harry e della band (che pochi istanti fa ha rilasciato un messaggio generico sulla pagina ufficiale), ma sui quali le persone si erano interrogate, chiedendosi come fosse possibile che ancora nessuno di loro avesse detto niente in merito alla tragedia. Come se poi fosse obbligatorio farlo subito o farlo soltanto, ma questa è un'altra storia che scriverò prima o poi.

Insomma, gesti indubbiamente di vicinanza, ma che lasciano aperta una sfumatura quasi di inquietudine, anche se forse non è la parola più giusta. Questo atteggiamento, però, è la dimostrazione della fidelizzazione di cui sopra: non si tratta più di cantante-pubblico soltanto, è molto, molto di più.

Le persone si erano affezionate agli One Direction e poi sono rimaste affezionate a Liam, a Harry, a Zayn, a Niall e a Louis. Vissuti come artisti, sì, ma vissuti come "persone", dentro le quali rifugiarsi a suon di musica. L'empatia dei testi che veste le vite altrui, le fa sentire meno sole: da idoli a simili.

E allora il dolore diventa comune e se si entra in contatto con quello che probabilmente sta vivendo "l'altro", fa meno male. La distanza tra il pubblico e l'artista si azzera e il conforto prende il sopravvento sul resto: sconvolti per la morte prematura di Liam, le persone esprimono il loro dispiacere a Harry Styles e al resto del gruppo, assicurandosi che, almeno loro, stiano bene.

Le persone vogliono sapere, le persone cercano cose: le emozioni si accorciano, ma è sano?

In tutto questo passaggio di emozioni c'è comunque qualcosa che continua a triggerarmi: la ricerca delle "prove", il volere a tutti costi sapere i motivi, l'indagine, a mio avviso fuori luogo, della salute mentale di chi scompare. Sembra la corsa a chi per primo offre la soluzione più giusta: chi offre la diagnosi corretta? Quand'è che è diventato così semplice capire la vita di una persona solo dopo che questa scompare? Non lo so, queste dinamiche tendono sempre a farmi ribollire un po' il sangue; è un po' come invadere le sfere intime di qualcuno e provare a unire i puntini che questo qualcuno ha seminato quando ancora era in vita. Triggerante, fastidioso, penso scorretto.

E non entrerò in merito del buco nero della curiosità del dolore, dell'ossessione nel volere vedere a tutti i costi le immagini. La barra di ricerca su TikTok correlata ai video di Liam è qualcosa di inquietante: perché siamo diventati così? Voyeurismo del dolore...ma aspetta, non era empatia? Sono confusa.

Le distanze si accorciano, il dolore occupa spazio e accomuna, lascia a casa un po' di solitudine. Chi amava Liam amava gli One Direction, chi amava gli One Direction è ancora lì, ad aspettare una rimpatriata che non avverrà, se non per un addio detto troppo presto in mezzo a tutto questo caos del mondo.

E buonanotte, a mezzanotte.

Andrea Romeo

Web communication expert || LinkedIn Poor Voice dal 2022

2 mesi

Non credo sia sano. Non può essere sano. Voler sapere a tutti i costi per soddisfare quale bisogno precisamente? Capisco la fama, capisco la tragedia ma si potrebbe provare a rallentare almeno davanti alla morte. Poi avrei tanto da dire sui messaggi lasciati agli altri componenti... ma farei lo stesso gioco di chi non si ferma un attimo.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate