L'incubo del default sta per diventare realtà

Allarme rosso per le imprese. Tra poco più di un mese il rischio default bancario diventa realtà. Il primo gennaio del 2021 entrerà in vigore infatti la nuova classificazione europea dello stato di inadempienza per le imprese nei confronti degli istituti di credito (regolamento Ue n. 171 del 19/10/2017), caratterizzata da soglie molto basse: sarà sufficiente avere un arretrato di oltre 90 giorni nei confronti di una banca, superiore all'1% dell'esposizione totale verso l'istituto di credito, per vedersi inserire nella lista dei cattivi. Una vera mannaia in un periodo di crisi economica dettata dalla pandemia, che potrebbe portare alla chiusura 42 mila piccole e medie imprese. L'allarme lanciato dal presidente di Confesercenti, Patrizia De Luis, è stato ribadito nei giorni scorsi dal presidente dell'Abi, Antonio Patuelli secondo cui «le regole pensate prima della pandemia non possono essere fatte valere adesso, come se tutto fosse normale. Ne va della salute non tanto delle banche quanto dell'economia in generale, della vita di tutti noi». Secondo il numero uno dell'Associazione bancaria italiana, le nuove regole comunitarie rappresentano «un meccanismo micidiale soprattutto in epoca di pandemia perché chi accusa quel ritardo finisce per essere inserito nella lista dei cattivi pagatori, con tutto quello che ne consegue. Tutto ciò, in periodo di pandemia, finirebbe per strangolare l'economia». Ma cosa cambierà esattamente? Già adesso le norme vigenti prevedono l'automatica classificazione in default delle imprese che presentano arretrati di pagamento rilevanti per oltre 90 giorni consecutivi sulle esposizioni aperte nei confronti della propria banca. Ma la parola chiave è proprio «rilevanti». Con le nuove regole, il legislatore ha deciso di abbassare drasticamente la soglia stabilendo che per arretrato rilevante si intende un ammontare superiore a 500 euro (relativo a uno o più finanziamenti) che rappresenti più dell'1% del totale delle esposizioni dell'impresa verso la banca. Una cifra davvero irrisoria che potrebbe rappresentare da domani lo spartiacque per la sopravvivenza di una impresa. Non solo. Ad essere coinvolte in questo perverso meccanismo saranno anche le persone fisiche con esposizioni nei confronti della stessa banca di ammontare complessivamente inferiore a un milione di euro. In questo caso, l'importo dei 500 euro verrà ridotto addirittura ad appena 100 euro. «Diversamente dal passato, l'impresa non potrà più impiegare margini ancora disponibili su sue linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default», hanno spiegato gli esperti dell'Abi secondo cui la classificazione dell'impresa in stato di default, anche in relazione a un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti della banca.

Ma i problemi non finiscono qui. Il mancato pagamento di quanto dovuto entro i 90 giorno, potrebbe avere ripercussioni negative su altre imprese a essa collegate economicamente, con esposizioni debitorie nei confronti dello stesso intermediario finanziario. «Le imprese dovranno conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità», hanno avvertito dall'Abi. «E questo, per evitare che la banca sia tenuta a classificare l'impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti».

Il timore che queste nuove regole possano entrare in vigore a gennaio ha fatto levare un coro di dissenso. «Queste norme, pensate per prevenire i rischi patrimoniali del sistema bancario, finiscono per diventare una vera spada di Damocle per artigiani, imprese, famiglie e le stesse banche», hanno avvertito dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa che ha chiesto il completo superamento della definizione di default e la revisione del cosiddetto «calendar provisioning» che regola la valutazione del merito creditizio secondo meccanismi tanto rigidi e sproporzionati per i crediti di importo minore quanto inadeguati all'attuale fase di profonda recessione scatenata dalla pandemia. «Le soluzioni valide in tempi normali sono inadatte ai tempi drammaticamente straordinari che stiamo vivendo», hanno continuato dalla Cna per cui queste regole avranno effetti devastanti su artigiani e piccole imprese. Per questo, secondo Cna, il governo dovrebbe trovare soluzioni a livello europeo che non vanifichino la proroga della moratoria e il potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi previsti nel ddl di bilancio.

Timori e speranze molto simili da parte di Renato Mason, segretario della Cgia di Mestre secondo cui, le nuove regole sul default potrebbero generare un effetto secondario di portata non trascurabile, ovvero l'aumento delle difficoltà ad accedere al credito bancario da parte delle piccolissime aziende. «Da gennaio, le banche definiranno come inadempiente colui che presenta un arretrato consecutivo da oltre 90 giorni, il cui importo risulti superiore sia ai 100 euro sia all'1% del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario. Se dovesse superare entrambe le soglie, scatterà la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d'Italia che, automaticamente, bollinerà l'imprenditore come cattivo pagatore, impedendogli così di poter disporre per un determinato periodo di tempo dell'aiuto di qualsiasi istituto di credito», ha avvertito Mason.

Secondo la Cgia di Mestre, questa nuova definizione di default spingerà le banche a tenere un comportamento molto prudente. «Con l'abbassamento della soglia di sconfinamento, registreremo una impennata dei crediti deteriorati. Per evitare gli effetti negativi degli Npl, Bruxelles ha imposto alle banche la svalutazione in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. È evidente che l'applicazione di queste misure indurrà moltissimi istituti di credito ad adottare un atteggiamento di estrema cautela nell'erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite in pochi anni. Insomma, per tantissime Pmi è in arrivo una nuova stretta creditizia».

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