L'Italia, il paese delle corporazioni.

L'Italia, il paese delle corporazioni.

[INTRODUZIONE]

Il seguente articolo riprende i concetti esposti nel libro "Lobby d'Italia" (Francesco Giavazzi, 2005, edizioni BUR) e cerca di presentarne una sintesi di facile divulgazione.

Esiste una banale ma fondamentale legge del mercato: là dove c'è concorrenza, beni e servizi sono venduti a prezzi minori; là dove la concorrenza è assente, beni e servizi sono venduti a prezzi maggiori (o equivalentemente, le imprese realizzano profitti superiori).

[CAUSE]

Da dove viene l'assenza di concorrenza? Dallo Stato.

Licenze ai tassisti, tariffari degli avvocati fissati per legge, iscrizione obbligatoria agli albi professionali, concessioni autostradali, utilities in regime di monopolio, il settore bancario poco accessibile a stranieri, privilegi dei dipendenti pubblici (impiegati, magistrati, professori, forestali, ecc.) e dei pensionati, e non parliamo di tutte le imprese a controllo pubblico... Tutte storture che hanno un comune denominatore: il potere pubblico.

[EFFETTI]

Che conseguenze ha il fatto che un mercato non sia liberalizzato, cioè aperto alla concorrenza?

  1. Che i consumatori/cittadini pagano di più per ricevere un bene/servizio, dunque il loro potere d'acquisto è penalizzato. E l'inflazione sarà maggiore. Pura e semplice teoria economica + osservazione empirica.
  2. Che il servizio è tendenzialmente peggiore (pensate alla facilità a reperire un taxi vs un Uber).
  3. Che le imprese e i professionisti protetti fanno ghiotti profitti, rispetto alle imprese aperte alla concorrenza. Questo a sua volta distorce gli incentivi imprenditoriali e di formazione, che non sono più rivolti verso mestieri/attività produttive e innovative ma sono attirati dai benefici offerti da quelli in cui vi è una protezione statale (di fatto, un rendita). Emblematico è il caso dei Benetton: piuttosto che competere sui mercati internazionali, meglio rifugiarsi nel monopolio di Autogrill e autostrade.

Poi ci sono i 30 miliardi di "sussidi" alle imprese dati ogni anno a qualche azienda inefficiente, che forse dovrebbero essere destinati a ridurre la pressione fiscale. Gli imprenditori più bravi a fare lobbying, aggrappati a mamma Stato, riescono a vivere grazie ai soldi di qualcun'altro.

[CONCLUSIONI]

Per essere competitivi nel 21° secolo, ci vogliono una scuola che apra la testa e tanta concorrenza per evitare che si creino posizioni di rendita, il maggior ostacolo all'innovazione.

Ci vuole il coraggio di liberalizzare i settori e ridurre questa spesa pubblica parassitaria di 5 punti di PIL e riportarla in linea con gli standard europei. I politici nostrani non sono in grado di farlo, catturati dai potenti lobbisti e dalla ricerca del consenso. Ma per fortuna la frusta di Bruxelles ha fatto molto e può continuare a essere l'unica nostra speranza.

Ma è anche bene che le persone capiscano quali e quanti sono i benefici della libera concorrenza, in una visione di sistema paese, anzichè pensare solo a salvaguardare il loro orticello.

Un ultimo consiglio: alle prossime elezioni non votate nessuno sia iscritto ad un ordine professionale. Farà il suo interesse, non quello del paese (e probabilmente neanche il vostro).

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