Lo stile autorevole come risposta educativa ai bulli
In questi giorni, dopo la diffusione virale di video in cui un giovane studente di Lucca umilia e bullizza un suo insegnante, si sta assistendo a reazioni altrettanto forti da parte di tanti utenti dei social media, con tanto di vignette satiriche.
Credo che questo genere di reazioni siano non solo inutili nell’affrontare il problema, ma contribuiscano ad alimentare quelli che per ora sono focolai di violenza, malessere e maleducazione, circoscritti ad alcune realtà (non certo riconducibili né alla localizzazione geografica, né alla provenienza sociale), che non rappresentano la realtà della scuola italiana.
Un video diventa virale perché c’è chi lo condivide e, per un adolescente annoiato, non c’è tentazione più grande di caricare su YouTube un video che rimbalzerà da cellulare in cellulare, da città in città.
Inoltre, si sta alimentando un clima di paura tra le fila degli insegnanti, che cominciano a parlare di dover “reprimere sul nascere le insubordinazioni, altrimenti chissà cosa succederà!”
Ma, se è vero che dappertutto si sia perso il valore e il rispetto che l’istituzione scolastica rappresentava un tempo, è altrettanto vero che la maggior parte degli insegnanti va ogni giorno in classe a fare lezione senza che nessuno studente agisca nei suoi confronti nel modo in cui i media ci vogliono far credere.
E questo lo dico da insegnante non certo abituata ai licei dei quartieri bene: insegno in un istituto tecnico su un territorio con forte presenza di immigrati, ho insegnato al professionale e nei centri di formazione professionale dove arrivano ragazzi dai centri di recupero, dalle case famiglia, da situazioni familiari sotto osservazione dei servizi sociali.
Non sono certo un’insegnante modello, anche io sbaglio e continuo a impegnarmi per migliorare, ma ogni volta cerco di avere rispetto dei ragazzi che ho di fronte, della loro individualità e cerco di comprendere le ragioni dei loro comportamenti.
Per questo ho studiato lo sviluppo del loro cervello e cerco di trovare strategie efficaci per aiutare loro e gli adulti che si occupano della loro educazione.
Uno dei problemi più grandi che riguarda gli adolescenti è lo sviluppo del loro senso di autoregolazione.
"Lo sviluppo dei sistemi cerebrali che governano l’autoregolazione si protrae dalla nascita fino all’adolescenza ed è tra i più sensibili alle influenze ambientali. Pertanto, il modello educativo applicato dai genitori, dagli insegnanti e dagli altri adulti di riferimento è un fattore determinante per lo sviluppo dell’autocontrollo.
A mano a mano che i bambini crescono e passano dalle scuole elementari alle medie e poi alle superiori, la richiesta di autonomia si fa sempre più intensa e con essa cresce la necessità di una maggiore autoregolazione.
Numerosi studi hanno confermato che gli adolescenti che fanno fatica ad autoregolarsi hanno una probabilità più elevata di assumere comportamenti a rischio e il controllo esterno fornito dai genitori può essere una tutela. Dico può essere perché dipende da come viene realizzato: un’educazione troppo severa può rappresentare un incentivo alla ribellione.
Ci sono tre atteggiamenti educativi fondamentali per sviluppare una buona capacità di autoregolazione nei bambini prima e negli adolescenti poi: essere affettuosi, risoluti e incoraggianti.
Tutto questo si traduce nello stile educativo autorevole. Gli adolescenti educati con questo stile educativo sono più sicuri, più equilibrati, più determinati, più autonomi, meno sensibili alla pressione dei pari, meno ansiosi, meno propensi a comportamenti a rischio e a scuola ottengono risultati migliori degli altri.
Se ci si limita solo ad essere affettuosi, ovvero si applica uno stile educativo permissivo, si rischia di andare incontro ad un disastro, con adolescenti del tutto fuori controllo. Per quanto l’adolescenza sia un periodo in cui si tende a non rispettare le regole, è stato dimostrato che i loro lobi frontali producono più serotonina in un contesto in cui si conoscono i limiti, mentre se non esistono confini imposti da regole e restrizioni aumenta il livello di ormoni dello stress, adrenalina e cortisolo. I limiti fanno sentire al sicuro, anche se poi si decide di ignorarli.
Se però la risolutezza si trasforma in rigidità, tipica dello stile autoritario, la risposta a regole e restrizioni è la ribellione a oltranza o la mera condiscendenza che nasconde una rabbia inespressa, che troverà altro modo per esprimersi, oppure una rassegnazione apatica.
La regolazione esterna parentale è necessaria per il corretto sviluppo della regolazione interna, ovvero dell’autocontrollo: man mano che si sviluppano le capacità di autoregolazione, regole e restrizioni vanno riviste, adattate e allentate, in modo da promuovere la loro autonomia."
Brano tratto da ‘MINDS UNDER CONSTRUCTION: Il cervello adolescente tra rischi e opportunità’.
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