Matrice della Resilienza: gestione operativa del cambiamento
Gestione del cambiamento
La Matrice della Resilienza nasce da una collaborazione con Fabrizio Bracco e Tommaso Francesco Piccinno dell’Università di Genova, e rappresenta un modello operativo per la gestione della sicurezza all’interno delle organizzazioni.
Interpretando i segnali di rischio, che si manifestano nel contesto operativo aziendale, come cambiamenti delle condizioni e degli equilibri operativi, possiamo considerare la Matrice della Resilienza come un modello concreto ed operativo di gestione del cambiamento. In questo la sua universalità che travalica il campo della sicurezza HSE.
La resilienza viene solitamente definita come la capacità di reazione e recupero che un sistema possiede a seguito di un grave incidente, continuando a compiere le operazioni previste senza interruzioni (Westrum, 2006).
In questo articolo ci concentreremo sulla natura proattiva della resilienza, considerandola come la capacità di prestare attenzione e gestire il cambiamento (la variabilità ordinaria) che caratterizza le varie dimensioni del sistema. Il controllo di questa variabilità delle prestazioni può prevenire ciò che Hollnagel (2004) ha definito come risonanza funzionale, ossia un risultato indesiderato emergente da fonti incontrollate di entropia.
Funzionamento della Matrice
Il modello di resilienza organizzativa chiamato Matrice della Resilienza, combina la categoria dei segnali, con quella degli attori che devono riassorbire la variabilità fornendo risposte funzionali adeguate.
È una matrice 3x3 che può essere disegnata su un piano ortogonale avente:
- "variabilità del segnale" sull'asse delle y
- "attori che dovrebbero fornire una risposta" sull'asse delle x (individuo, gruppo o organizzazione).
La matrice può essere divisa in nove settori, ciascuno dei quali rappresenta una diversa risposta che il sistema potrebbe fornire, tenendo conto del segnale specifico e dell'attore.
La nostra ipotesi è che il sistema acquisisce resilienza se è sostenuto da un corretto flusso d’informazioni lungo tutti questi nove settori.
Variabilita’ dei segnali e risposte funzionali
Osservando la Matrice della Resilienza, possiamo vedere, lungo l'asse y, il continuum della variabilità e della trattabilità del segnale. Come affermato da Hollnagel (2012) "al fine di fare il loro lavoro, le persone - individualmente e collettivamente - devono regolare quello che fanno in base alle condizioni presenti". Questo significa che le prestazioni degli operatori cambieranno, a seconda del tipo di segnali che ricevono dal contesto.
Proponiamo di abbinare il modello Skill-Rule-Knowledge (SRK) di Rasmussen (1983) al continuum trattabile-intrattabile proposto da Hollnagel (2004). Sia i lavoratori singoli, che i gruppi o l’organizzazione, potrebbero essere impegnati nella gestione di questi segnali trattabili o intrattabili.
- Quando i segnali da gestire sono trattabili, noti e prevedibili, è sufficiente eseguire le procedure ben apprese e automatizzate a livello di abilità (skill).
- In altre circostanze, i segnali sono variabili, ma anche contenuti nella performance ordinaria, la loro variabilità è prevedibile e le procedure possono essere efficaci per ridurla. Questa condizione potrebbe essere eseguita a livello di regola/procedura (rule).
- Quando i segnali sono intrattabili, gli operatori devono attivare processi cognitivi più complessi, al fine di formulare una strategia di soluzione dei problemi adeguata per la situazione nuova e imprevista. In questo terzo tipo di situazione ci troviamo al livello della conoscenza (knowledge).
Tutte le persone coinvolte nella gestione dei segnali (siano essi persone, gruppi o l'intera organizzazione), dovrebbero trovare un equilibrio tra:
- un veloce, efficiente, rigido e automatizzato coping basato sulle abilità
- l’utilizzo di risorse che richiedono la conoscenza, dove la flessibilità è necessaria per far fronte alla variabilità e alla intrattabilità dei segnali.
La natura stessa dei sistemi complessi richiede agli operatori di essere a conoscenza della loro posizione tra questi due estremi.
L'asse x è relativo agli attori coinvolti nella gestione dei segnali. Potrebbero essere gli operatori singoli o i gruppi o l'organizzazione stessa. Ogni attore ha una prospettiva differente riguardo al sistema, differente potere di azione e differenti funzioni.
A livello di singolo operatore, gli operatori front-line notano i segnali deboli prima di quanto avvenga negli altri livelli. Sono i sensori, i "rivelatori" più sensibili della variabilità, ma sono anche limitati nel loro potere d'azione e possono affrontare gli eventi intrattabili solo nella situazione attuale. Se è necessaria una risposta più forte e più accurata, devono spostare la gestione del segnale a livello di gruppo.
Se il gruppo non riesce a trovare una soluzione operativa funzionale al segnale di cambiamento segnalato dal singolo, perché questo eccede la possibilità di soluzione riferibile al gruppo operativo, questi dovrà chiamare in causa l’organizzazione per un intervento risolutivo. Predisposte nuove procedure o azioni correttive adeguate, l’organizzazione trasferirà al gruppo la soluzione ipotizzata per l’applicazione operativa ed il test di funzionamento; se questa risulta adeguata, verrà consolidata nel modo di operare (Skill) delle singole persone.