Mausoleo Mohammed V - Rabat - Marocco

Mausoleo Mohammed V - Rabat - Marocco

Sei stato a Rabat? sicuramente avrai visitato lo splendido Mausoleo Mohammed V, una costruzione recente, venne innaugurato nel 1971.

In pochi sanno che l'eccellente costruzione nella Capitale marocchina è un "miracolo italiano".

Abbiamo ritenuto giusto riportare integralmente quanto scritto da Stefano Malatesta nel suo articolo su mondointasca.it

Mausoleo di Mohamed V: un “miracolo” italiano.

È uno dei monumenti più belli del Marocco, situato nella capitale Rabat. Interamente costruito da mani italiane, testimonia la gloria del più amato dei sovrani marocchini e ricorda un’impresa d’altri tempi.

Mausoleo di Mohamed V a Rabat

È proprio vero, gli effetti del boom economico e del “miracolo” italiano degli anni Sessanta non finiscono mai di stupire. 

Neppure oggi, mezzo secolo dopo. 

E non solo, ovviamente, per le dimensioni del fenomeno e la grandezza dei suoi risultati materiali e non, ma anche per l’incredibile scia di microstorie, 

geni oscuri, personaggi misconosciuti, piccoli atti di intuizione, di capacità, di tenacia, di solerzia, a volte di vero e proprio eroismo che quella stagione si è lasciata alle spalle. In Italia e nel mondo.

Una delle testimonianze di quest’epopea, una delle tante, passa ogni giorno sotto gli occhi di migliaia di visitatori, turisti e pellegrini nella capitale del Royaume du Maroc, Rabat: è il Mausoleo di Mohamed V, il padre del Marocco moderno, dove sono sepolti il re alauita scomparso nel 1964 (e che nel 1956 “pilotò” il difficile passaggio del paese da colonia francese all’indipendenza; unico, tra i sovrani nordafricani dell’epoca, a non rimetterci la corona) e i suoi due figli, Hassan II (suo successore, morto nel 1999) e Abdallah.

Marmo di Carrara con cui è stato costruito il Mausoleo marocchino

Pochi, quasi nessuno, forse solo i diretti interessati sanno, infatti, che questo grandioso monumento funebre in marmo e travertino, progettato dall’architetto vietnamita Vo Toan in stile ispano-moresco, biancheggiante e solenne, che si eleva sulla collina più alta della città sullo sfondo di una spettacolare spianata, è stato non soltanto interamente costruito da mani italiane, ma soprattutto con materiali italiani provenienti dal cuore della penisola: le cave di Carrara e quelle di Serre di Rapolano, piccolo centro della provincia di Siena. 

E intendiamoci: quando si parla di materiali non ci si riferisce alla semplice pietra grezza, ma alle migliaia di pezzi già intagliati, torniti, rifiniti uno ad uno dagli abili scalpellini toscani che, come le tessere di un gigantesco puzzle, sono stati poi imballati, imbarcati sulle navi e andati infine, rimontati da altrettanto abili artigiani (anche loro dei nostri, è chiaro) a costituire le guglie, le greche, gli ornati e tutto l’apparato architettonico e decorativo del grande mausoleo dedicato all’amatissimo monarca. 

Il complesso, con la vicina moschea di Hassan e il suo minareto, costituisce la più importante attrazione turistica della capitale.

La storia di quest’avventura – con il tortuoso dipanarsi della sua realizzazione: dalle trattative alla committenza, dai non sempre facili rapporti diplomatici con i ministeri regi marocchini alle disavventure e agli inevitabili imprevisti, dagli infiniti scogli tecnici e burocratici da superare all’aneddotica sugli equivoci e i malintesi tra mondi culturalmente così lontani, ma anche l’orgoglio e la determinazione di chi, spesso giovanissimo, si trovò catapultato in quella esperienza – è tuttora un racconto appassionante, che ci riporta indietro a tempi in cui l’elettronica e la telematica non esistevano e quindi tutto, dal disegno tecnico alla contabilità, veniva fatto a mano. 

Anche questo, se visto con gli occhi di adesso, appare un ennesimo, piccolo miracolo. 

Si tratta della testimonianza di un momento storico irripetibile: quello a cavalcioni tra il declinante artigianato e il nascente sistema industriale.

Guido Mencarelli

Ce lo racconta un “reduce” di quegli anni, Guido Mencarelli, all’epoca giovane perito edile alle dipendenze della ditta Dei come dirigente dell’ufficio tecnico e oggi baldo settantenne. 

Fu lui che si vide attribuita dall’oggi al domani, per ordine del “capo”, il riverito ingegner Dei, la responsabilità della fabbricazione dei travertini ordinati dalla corte del Marocco, tramite una catena di appalti partita da Roma, transitata da Carrara e finita all’impresa di Serre di Rapolano.

“Il monumento è costituito in realtà da tre edifici: il mausoleo reale vero e proprio – ricorda Mencarelli – e il museo, all’interno del quale sono stati sistemati i manufatti, le opere d’arte, gli oggetti di artigianato che ripercorrono la storia della cultura e del costume marocchini, e una moschea. 

Tutto fu costruito tra il 1965 e il 1970: una struttura di cemento armato interamente rivestita con pietra italiana e con direzione dei lavori italiana. 

Il contratto di appalto fu firmato a Casablanca nel 1964 da un’impresa romana, la Liscia. 

L’inaugurazione avvenne nel 1971. Si tratta di un’opera maestosa, realizzata da più di quattrocento artigiani che rivestirono interamente un enorme monoblocco di calcestruzzo eretto sulla sommità del colle. Di fuori, il mausoleo appare come un magnifico padiglione bianco coronato dalle caratteristiche tegole verdi. 


All’interno una sala stupendamente decorata in oro zecchino, davvero impressionante per solennità e istoriata con ogni tipo di marmo. 

E al centro, la pietra tombale in onice bianco appoggiata su un blocco di granito lucido come uno specchio”.

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