Ne riparliamo a settembre
Quest'anno per la prima volta ho deciso di seguire l'onda che da sempre guida le decisioni da prendere nei mesi estivi, quella di rimandare a settembre come si faceva "nelle scuole di ogni ordine e grado" con gli studenti intelligenti ma che non si applicavano.
Ho scelto di farlo, poi bisognerà vedere se la mia dipendenza dal lavoro e dalla scrittura non riuscirà ad avere la meglio, partendo dalla foto di una delle serie meglio scritte (ci credo, Neil Gaiman e Terry Pratchet) e meglio recitate (Michael Sheene e David Tennant, e nella prima serie perfino Benedict Cumberbatch nel ruolo di Satana e Frances McDormand a dare la voce a Dio) degli ultimi anni. Un diavolo e un angelo si alleano per cercare di scongiurare le minacce apocalittiche che i loro capi, al piano di sopra e al piano di sotto, stanno ordendo per eliminare quella razza parassita e disobbediente che sta impestando la terra. Per il momento li lascio lì, seduti sulla panchina di un parco ad aspettare probabilmente che venga settembre, ma prima della fine torno a salutarli. Intanto, alcune delle cose che sicuramente ci attenderanno di nuovo a settembre, e che hanno dato segnali di esistenza in questi ultimi giorni.
1 - Il metaverso della realtà.
Inutile negarlo, ci siamo dentro ormai da molto tempo, e senza nemmeno usare il visore. Ognuno di noi, ormai, vive in un mondo che si costruisce a sua immagine e somiglianza, dove credere alle notizie che lo fanno sentire parte di un gruppo o che sembrano esaltare la sua personale visione del mondo. Si può arrivare a credere, per esempio, che davvero i detenuti di un carcere di Milano abbiano evirato il responsabile di uno degli omicidi più efferati degli ultimi tempi. E non importa se l'autorevole fonte dell'informazione sia stato il profilo Instagram di una ex concorrente del Grande Fratello che ha scritto “Mi è appena arrivata una notizia e ve la voglio immediatamente comunicare: vi ricordate di Alessandro, quello che ha ucciso la sua fidanzata Giulia… Ebbene, ho appena scoperto che i carcerati gli hanno tagliato… il pisel*ino… come posso dirlo in modo… i gioielli… gli hanno tagliato tutto, anche le pal*e. E poi le guardie lo hanno salvato perché stava avendo una forte emorragia. La notizia non è uscita, internamente me l’hanno detto. E’ una notizia interna, che però non è ancora uscita”.
L'efferatezza della presunta punizione, ispirata a quella crudele del capolavoro di Tod Browning in cui la perfida trapezista viene trasformata ed esibita come donna oca (absit iniuria verbis), ha suscitato cori di approvazione da parte del nutrito esercito di freaks in cui vengono trasformate le persone quando si solletica in modo così spregiudicato la loro emotività, anche dopo che la "notizia" è stata smentita da fonti ufficiali. Se ve le siete perse, eccone alcune: "Le belle notizie non sono mai vere - I sogni son desideri - Hanno dato una buona idea - Finalmente - Confido in un prossimo futuro". Nei social, quindi, continuiamo a cercare le compensazioni che la vita reale non ci riserva (ricordate il successo di #mainagioia?) perché, fortunatamente, organizzata in modo differente dal nostro subconscio. A dimostrarlo, ancora una volta, la signora Canessa che dalle Maldive risponde alle polemiche con un altro post: “Ancora che scrivete della bufala e della bufala! Mi faccio vedere anche se sono stravolta per dirvi questo: la storia di Giulia con suo figlio ammazzata dal fidanzato mi ha preso l’anima e il cuore, come anche a tantissimi di voi. Non faccio nomi, mi sono presa le responsabilità. Non potevo dirlo nelle storie? Ma l’ho detto. Me lo hanno raccontato a me e io l’ho riportato. Non sono una giornalista e non faccio gossip, anche perché questo non è assolutamente gossip. Questo è quello che io so. Poi, la verità si saprà mai? No, non si saprà mai. Si verrà a sapere? Questo lo vedremo”. Lo vedremo a lungo, temo: questo affannarsi a costruire una narrazione fittizia che possa dare soddisfazione ai nostri desideri credo sarà una tendenza che non ci abbandonerà presto, contribuendo come una droga a darci una ricompensa immediata che plachi le nostre frustrazioni, e come una droga pronta a renderci dipendenti. E allora parliamo di dipendenti...
2 - Una sincera ipocrisia.
In un recente articolo sulla Stampa, Vittorio Lingiardi definisce l'ipocrisia come un comportamento che "vive al confine tra due nostri bisogni, quello di sincerità e quello di rassicurazione". Due poli che, ancora una volta, trovano la loro massima forma espressiva nel nostro comportamento sulle piattaforme social dove, da un lato, celebriamo il culto quotidiano della nostra presunta genuinità mentre dall'altro operiamo in modo da avere la rassicurazione del nostro gruppo di appartenenza. Un atteggiamento molto diffuso tanto fra i familisti pluridivorziati quanto fra i pauperisti dalle spalle coperte. Fra questi ultimi, Piero Fassino immortalato mentre sventola il cedolino dello stipendio da parlamentare dichiarando che "4.915 Euro netti al mese non sono uno stipendio d'oro". Il suo gesto ha prevedibilmente, forse non da lui, attirato le ire di un popolo della piattaforma molto sensibile all'argomento soldi e le accorate, e a loro modo imbarazzate, difese di un gesto giudicato benevolmente come "inopportuno per il momento storico che stiamo attraversando". Ma la questione non è soltanto di tempismo.
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Non è un caso che abbia citato la famiglia e la retribuzione: in un Paese che, nonostante la frequentazione sempre in calo della Messa, continua a definirsi cattolico le tematiche citate evidenziano la differenza fra le pulsioni spirituali e ideologiche e la realtà della vita, portando ad atteggiamenti autoassolutori che a lungo andare vengono percepiti come coerenti con i propri credo, o cancellati alla bisogna con una semplice confessione o un fugace pentimento. Una forma di ipocrisia che porta, per esempio, a stabilire una "soglia di povertà" ma non una "soglia di ricchezza", di modo che anche chi guadagna almeno quattro volte più delle persone che dovrebbe difendere possa definirsi "non ricco" o proclamare, come Aboubakar Soumahoro un "diritto alla bellezza". Una frase sfortunata che ha lo stesso sapore di quella della già citata Canessa riportata in questo articolo: “Per me la moda è arte. Come la gente acquista quadri di Picasso io compro la moda, acquisto scarpe e borse che lascerò un giorno in eredità a mia figlia. Spero abbia il mio stesso numero di scarpe”. Ed entrambi credendo in modo sentito nelle cose che stavano dicendo con un notevole sprezzo del ridicolo. Anche questa, credo, sarà una tendenza che ci ritroveremo a settembre, quando dovremo trovare il modo di conciliare le magnifiche sorti e progressive di un'Italia in crescita con i dati di un imminente blocco mondiale dell'economia, i tagli ai progetti contro il dissesto idrogeologico e gli immancabili eventi climatici estremi d'autunno, il desiderio di "sostenibilità" e il concetto di liberismo. Ma niente paura: per rimediare a tutto questo, abbiamo un altro concetto chiave che ci dà appuntamento a settembre.
3 - La scienza delle soluzioni immaginarie.
L'immenso Alfred Jarry, autore di un caposaldo del surrealismo come "Ubu Roi", è stato anche l'ideatore della patafisica, che ha definito come "la scienza delle soluzioni immaginarie", basate sulle eccezioni e non sulle regole. Un luminare di questa branca del sapere è l'attuale ministro dell infrastrutture che nella stessa stagione dei leggendari mojito al Papeete, nel pieno della polemica sulla carenza di taxi nelle principali metropoli italiane lancia l'idea di metterli a disposizione gratuitamente di chi va in discoteca ed è troppo ubriaco per guidare. L'idea, spiega il Ministro, è nata “dopo gli incontri al ministero sulla sicurezza stradale con influencer e content creator, e prevede il pagamento del trasporto a chi, sottoponendosi all’alcol test all’uscita delle discoteche, superi il limite previsto per mettersi al volante”.
Affidare la soluzione di due problemi complessi come l'alcolismo giovanile (i binge drinker fra gli 11 e i 25 anni sono circa un milione, cioè oltre il 12% del totale della popolazione di questa fascia di età) e gli incidenti stradali a un think tank composto da non meglio specificati "influencer e content creator" (categoria in cui erano compresi anche The Borderline, protagonisti del tragico incidente di Roma solo pochi mesi fa) è una pura decisione patafisica, e cercherò di spiegarlo con le parole di Enrico Baj, massimo esponente della patafisica nella storia della pittura italiana: "la patafisica si occupa del particolare, del singolare, dell'individuo e considera dissennato voler riassumere tutti i comportamenti di un individuo in un paradigma, che non può in alcun modo corrispondere alla unicità e alla eccezionalità di un singolo individuo e dei suoi comportamenti. L'individuo non è una massa, è un singolo". Pur senza l'irriverente ironia originale del concetto di patafisica, l'ironia non è ma connaturata nella politica, credo che a settembre vedremo sempre più soluzioni immaginarie a problemi inventati: del resto già lo scorso anno il decreto rave ci aveva dato le prime avvisaglie.
Torniamo quindi alla panchina su cui avevamo lasciato Aziraphale e Crowley, i due protagonisti di Good Omens. Dopo aver aspettato, e non solo fino a settembre ma per milioni di anni, alla fine hanno scelto di agire insieme, pur di salvare il genere umano cui si sono affezionati, consapevoli del fatto che, come dice il demone interpretato da David Tennant: "L'inferno non è il più grande serbatoio di male, così come il paradiso non è certo una sorgente di bontà: sono solo due squadre nella grande partita a scacchi dell'universo. Ed è qui che scopri che la vera grazie e il male più sorprendente erano proprio dentro la mente dell'uomo". Ci vediamo a settembre, angeli e demoni.