Nuove sfide alla pace richiedono nuovi strumenti di analisi e di risposta
Intervista di Mirco Mazzoli a Sandro Calvani *
1. Leggere i dati: interpretare il presente.
Secondo l’ultimo Rapporto di Caritas Italiana sui ‘Conflitti Dimenticati’ (Nov. 2018), nel 2017 si sono contati 378 conflitti, di cui 20 guerre ad elevata intensità, i profughi sono saliti a quota 70 milioni, le armi da fuoco mietono 500 mila morti l’anno, di cui 100mila nel corso di guerre. Che mondo descrivono questi dati?
Credo che si dovrebbe distinguere l’analisi dei conflitti da quella della violenza con armi da fuoco e altri strumenti di morte in situazione di assenza di conflitto. Le banche-dati internazionali hanno raccolto statistiche e offerto analisi su 3.708 conflitti dal 1500 ad oggi. La tendenza del numero dei conflitti e dell’impatto su vittime civili e combattenti è in forte diminuzione da sempre. Ancora più importante è la riduzione dopo il 1946. Basta osservare che 108 milioni di persone furono uccise in guerre nel ventesimo secolo e che le stime del numero totale di persone uccise nelle guerre in tutta la storia umana vanno da 150 milioni a 1 miliardo. Sono ordini di grandezza molto più grandi delle circa 100mila vittime l’anno dei conflitti moderni. È questa un’osservazione importante per poter rilevare che il sistema di diritto internazionale moderno ha prevenuto numerosi conflitti molto più che in passato. Solo cinque dei circa venti conflitti di oggi fanno oltre 2.000 vittime l’anno: Afghanistan (36.000 morti), Iraq (4.800), Messico (30.000), Siria (20.000), Yemen (25.000), ma anche questi cinque conflitti vedono un calo dei morti. Per esempio in Afghanistan ci furono in passato quasi due milioni di morti e in Siria 560.000. Il notissimo conflitto in Palestina oggi causa 300 vittime l’anno, mentre in passato ha causato la perdita di 25.000 vite umane. Certo, ogni persona morta è una tragedia che andrebbe evitata ma le statistiche indicano che le vittime sono in continua diminuzione. In termini di vittime, è invece cresciuto molto il fenomeno dei rifugiati, che scappano prima di divenire vittime. Per esempio il conflitto e la persecuzione religiosa in Pakistan hanno causato ‘solo’ 230 morti nel 2016 e 7 nel 2017, ma i richiedenti asilo sono centinaia di migliaia.
Il dato più allarmante è la continua crescita delle spese militari e dell’armamento, in totale 1.739 miliardi di dollari nel 2017, un record dalla fine della Guerra Fredda. Nel 2017, la spesa militare globale rappresenta il 2,2% del Prodotto Interno Lordo mondiale (Pil) ed è cresciuta dell’1,1% in termini reali rispetto all’anno precedente: in media si tratta di 230 dollari per ogni persona che esiste sulla Terra. Infine sono cambiate radicalmente le cause dei conflitti, oggi tutti interni ad una nazione e innescati dalla povertà e dalla competizione per risorse naturali sempre più scarse. Questi dati descrivono un mondo che cerca vie di pace, senza aver ancora trovato il bandolo della matassa di problematiche che creano guerre, conflitti e violenze.
2. L'analisi dei dati e le risposte adatte
È diventata celebre l’espressione di Papa Francesco secondo il quale staremmo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”. Recentemente il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che “il mondo sta sottovalutando il pericolo di una guerra nucleare”. Per la sua esperienza internazionale e dal suo punto di osservazione, sono affermazioni condivisibili? La guerra è una espressione ineliminabile della storia?
Sì, io condivido ambedue queste osservazioni. Le grandi guerre del passato si sono sbriciolate in centinaia di micro-conflitti che si notano molto di meno ma sommati insieme danno ugualmente risultati devastanti sulla pace globale. È un nuovo dannato circolo vizioso: gli armamenti seminano morti in centinaia di territori, peggiorano la povertà, aumentano i profughi e le migrazioni sregolate, che poi provocano nei paesi ricchi quelle paure diffuse che causano i sovranismi populisti, che come risposta immediata “giustifi cano” nuovi armamenti, compresi quelli nucleari.
Troppi nuovi leader non credono nella collaborazione tra i popoli e sono stati eletti grazie a programmi nazionalisti e isolazionisti. Certo la guerra è un’espressione della storia umana, ma lo erano anche l’analfabetismo, la miseria, le malattie, il razzismo e la discriminazione delle donne, tutte “sindromi” di disumanità fortemente ridotte attraverso i secoli. La guerra è più difficile da sradicare, soprattutto a causa di una diffusissima scarsa educazione alla pace.
Per molti anni, Lei ha ricoperto incarichi di primo piano presso le Nazioni Unite. Quale reale capacità di incidere sul futuro dei popoli e sulla loro pace va riconosciuta a questa organizzazione?
Le Nazioni Unite sono certamente l’organo di costruzione multilaterale di regole e di consenso sui beni comuni globali più importante al mondo e quello che più ha lavorato e dato risultati di costruzione della pace, come è citato nelle motivazioni di diversi premi Nobel per la Pace assegnati alle Nazioni Unite. Oggi miliardi di persone vivono in pace, liberi dalla fame e dalla mortalità infantile che mieteva in passato centinaia di milioni di vittime innocenti, grazie al diritto internazionale e agli accordi di cooperazione internazionale, resi possibili da 50 agenzie e programmi globali delle Nazioni Unite.
Una riforma del sistema di governo globale della pace sarebbe possibile se solo i paesi membri fossero più interessati al bene comune dell’umanità rispetto agli interessi nazionali. D’altronde in un condominio non si possono accusare gli amministratori, se troppi co-inquilini non pagano le quote, non vanno alle assemblee di condominio, si mancano l’un l’altro di rispetto o si sparano tra loro sulle scale. Chi vuole un condominio globale migliore elegga dei governi più competenti, perché sottoscrivano più regole per il bene e la sicurezza comune e accettino i giudizi della Corte Penale Internazionale.
Sempre secondo il Rapporto Caritas, nel 2017 le autorizzazioni alle esportazioni di armi da parte del Ministero degli Esteri italiano hanno superato i 10 miliardi di euro. L’Italia è tra i primi dieci paesi per esportazioni di armi nel mondo. Tutto ciò malgrado l’Italia ripudi la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. I dati, per altro, rivelano una diffusa disinformazione della popolazione sul binomio ‘Italia-guerra”. Quanto può essere pericolosa questa ‘distrazione’?
Questa ‘distrazione’ è pericolosa, colpevole e complice di non pochi genocidi moderni. Manca a livello governativo e parlamentare un rispetto intellettualmente onesto della Costituzione repubblicana. Mancano anche organi della società civile capaci di fare non solo coscientizzazione, ma anche azione proattiva di denuncia presso la magistratura e la Corte Costituzionale.
Nell’ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco scrive: “Oggi più che mai, le nostre società necessitano di ‘artigiani della pace’ che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana”. Nei suoi libri, Lei incoraggia la persona comune a fare la differenza. Eppure, come persone comuni, siamo convinti di non contare nulla e che tutto sia già deciso sopra le nostre teste. Perché dovremmo cambiare idea?
Le grandi conquiste di umanesimo della storia moderna sono sempre partite da cittadini attivi che hanno fatto resistenza contro l’indifferenza e le ingiustizie diffuse. I cristiani che non sono testimoni quotidiani di misericordia prendono in giro se stessi, rendono i sacramenti come il battesimo, l’eucaristia, la cresima, una frode tollerata, una grande commedia, e soprattutto rendono se stessi infelici. Per cambiare idea basta provare a cambiare vita impegnandosi nella condivisione del proprio tempo e dei propri soldi con chi è più sfortunato. Ci si accorge subito della felicità che viene dal dialogo leale con tutti, dalla collaborazione, dal mettersi al servizio. È tutto scritto indelebilmente nel nostro DNA. Chi non ama muore, chi ama genera nuovo amore.
* “Le stelle non hanno paura di sembrare lucciole”. L’ultimo libro di Sandro Calvani
Sandro Calvani è partito da Genova - e dalla Caritas Diocesana - per diventare un ‘cittadino del mondo’, con oltre 30 anni di impegno nel settore della cooperazione e dell’aiuto allo sviluppo, che lo ha portato in 135 paesi diversi in contesti di crisi, prima per conto di Caritas Italiana e poi dell’ONU. Oggi vive e lavora a Bangkok, dove - tra tante altre attività - insegna Politiche per lo sviluppo sostenibile e affari umanitari ed è consigliere speciale della Mae Fah Luang Foundation, patrocinata dalla Casa Reale thailandese. Calvani è autore di decine di libri nati dalla sua esperienza: l’ultimo, pubblicato con Lilly Ippoliti e Dhebora Mirabelli, si intitola “Le stelle non hanno paura di sembrare lucciole” (Ed. AVE). Il libro raccoglie le storie di 42 persone di origine diversa che, lasciata la routine di una noiosa quotidianità, sono riuscite a raggiungere la felicità e a cambiare il loro mondo. “Favole moderne per adulti che interrogano la vita”. Calvani racconta queste 42 storie con lo stile che gli è proprio, sostenuto da una grande passione, da una visione d’insieme con orizzonte globale e da una speranza sperimentata sul campo che deriva, per paradosso, dall’aver affrontato le peggiori crisi mondiali degli ultimi decenni, imparando proprio lì che “facendo si spera”.