ONERE DELLA PROVA NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO, ALLA LUCE DELLE RECENTI RIFORME – L’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE N. 31878 DEL 27/10/2022
La Suprema Corte con l’ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 si è pronunciata per la prima volta sul nuovissimo comma 5-bis inserito all’art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 dal legislatore con la Legge n. 130 del 2022 di riforma del processo tributario con cui è stato disciplinato espressamente l’onere della prova.
In particolare, il predetto comma 5-bis prevede che “l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni”, invece “spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”.
Ad oggi, tenuto conto anche del breve lasso di tempo decorso dalla introduzione della nuova norma, la Dottrina sembra sostanzialmente divisa in due filoni:
Una prima parte della dottrina ritiene che quest’ultima norma non rappresenti altro che una codificazione in materia tributaria della regola già espressa dall’art. 2697 Cod. Civ. sul riparto dell’onere della prova e dunque che codifichi la regola secondo cui la prova incomba sempre sull’amministrazione finanziaria in quanto attore in senso sostanziale, salvo l’utilizzo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, nei vari casi previsti, delle presunzioni legali con conseguente inversione dell’onere probatorio.
Di contro, secondo altra parte della dottrina, l’introduzione del nuovo comma 5-bis non rappresenta soltanto una codificazione della già nota regola civilistica di cui all’art. 2697 Cod. Civ. poiché il legislatore ha previsto che “il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio” e che dunque “annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni”
Di conseguenza è alquanto plausibile, anche a parere di chi scrive, che tale disposizione abbia invero introdotto un onere probatorio “rafforzato” che dovrà portare l’ente impositore a dimostrare al giudice tributario adito, in modo puntuale e circostanziato, le ragioni in punto di fatto e di diritto che hanno legittimato l’emissione dell’avviso di accertamento contestato in ricorso.
Orbene, con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, sembrerebbe voler aderire alla prima delle due teorie. Ed infatti, secondo i giudici di legittimità “il comma 5 bis dell’art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l’articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l’onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”.
Tuttavia, tale ordinanza non appare del tutto condivisibile soprattutto alla luce del principio del quod voluit dixit, posto che un’interpretazione così riduttiva del novellato art. 7, come operata dalla Corte, non sembrerebbe affatto rispecchiare l’intenzione del legislatore il quale, proprio nell’ottica di una riforma del processo tributario, ha inteso senza dubbio rimarcare l’esigenza che nel processo tributario l’Amministrazione Finanziaria fornisca una prova puntuale, non contraddittoria, sufficiente e compiuta a sostegno della pretesa tributaria e che non possa ritenersi sufficiente un semplice quadro indiziario.
In altre parole, una norma del genere, tende a creare una sorta di equilibrio iniziale nelle posizioni processuali tra ricorrente (contribuente) e resistente (ente impositore), salvo poi determinare l’esito del processo in base alle risultanze probatorie emerse in maniera non certo generica ma precisa e circostanziata.
Avv. G. Luca Baglieri