ORA … FACCIAMO I CONTI !

Si ripete spesso che la cultura finanziaria in Italia è poco diffusa e molto scarsa, sicuramente inferiore alla media dei Paesi sviluppati. Individuo una delle cause nel nostro background retaggio di secoli di cultura cattolica e dalla sua più recente commistione con le dottrine comuniste. Il cosiddetto “catto-comunismo” che ci fa pensare ai soldi come “lo sterco del diavolo” o lo strumento con il quale il capitalista sfrutta il proletariato.

Argomento quindi sconveniente se non addirittura tabù in certi ambienti. Certo poi le recenti vicende di speculazioni criminali che hanno avuto ripercussioni planetarie o le tristi vicende delle banche nostrane, hanno contribuito a conferire al termine “finanziario” un’accezione negativa.

Con queste premesse è veramente utopistico pensare alla diffusione di una cultura finanziaria che, inevitabilmente, dovrebbe partire dalla scuola.

Penso invece che bisognerebbe pensare alla gestione dei soldi, del risparmio familiare, come ad una sana attività per garantire a se e ai propri cari una vita con maggiori opportunità e benessere nonché una vecchiaia più serena, specialmente quando il welfare statale non è più sufficiente a garantire il benessere, come avveniva per le generazioni che ci hanno immediatamente preceduto.

Nei paesi anglosassoni si tratta di una mentalità ben acquista che ogni buon padre, o madre, di famiglia esercita e trasmette alle successive generazioni. Ritengo che ciò sia dovuto allo storico minor supporto sociale dello Stato e probabilmente anche alla matrice culturale di stampo calvinista che individua anche nella ricchezza materiale una benedizione divina.

 Ecco quindi che a volte noi italiani, privi di ogni minima nozione, affidiamo i nostri risparmi ai consulenti che gestiranno i nostri soldi senza che da parte nostra ci sia la capacità di un controllo o di verifiche puntuali.

 Tralasciamo le azioni “criminali” verificatesi di recente che hanno fatto scendere in piazza risparmiatori truffati (legalmente quasi sempre) perché ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, ma verifichiamo con un semplice esempio una situazione che io direttamente mi sono trovato a dover gestire. Nel corso degli ultimi 30 anni, da quando dispongo di un reddito autonomo, ho avuto a che fare con diversi promotori finanziari, almeno 5 o 6, oggi diventati consulenti del risparmio. Di nessuno sono mai stato soddisfatto; e lo dico dopo aver fatto i conti.

 Ecco una cosa che spesso i risparmiatori non fanno; i conti. Li lasciano fare al loro “consulente” che comunica le informazioni a modo suo, in alcuni casi, secondo me senza nemmeno rendersene conto.

Ecco un esempio classico. “Il tuo fondo obbligazionario XY è salito del 3% l’anno scorso”. La maggior parte delle persone è così convinta che i propri soldi investiti in quote di quel fondo siano aumentati del 3%. Errore.

 

Se andiamo a fare bene i conti dobbiamo considerare:

Costo di acquisto delle quote del fondo, poiché sono stati proposti da un consulente si tratta ovviamente di fondi d’investimento o prodotti simili dell’Istituto che rappresenta che hanno costi d’ingresso del 3% o anche più, mica semplici ETF che costano un decimo ! in altra occasione parleremo anche di questi.

Poi ci sono spesso commissioni di gestione; diciamo, ad essere buoni, 1% ?

E poi, naturalmente, il compenso mensile per la gestione che corrispondiamo al nostro promotore; 10 euro/mese ? e siamo buoni anche qui.

 

Facciamo l’esempio del risparmiatore che affida 10.000 euro nel mese di Gennaio al gestore.

Quando si incontreranno a Dicembre per lo scambio degli auguri di Natale il promotore pronuncerà, soddisfatto del suo lavoro (e a ragione … dal suo punto di vista), “Il tuo fondo obbligazionario XY è salito del 3%”.

 Il cliente andrà via molto soddisfatto, col calendario con logo e colori dell’Istituto omaggio del consulente, convinto di aver guadagnato il 3%, cioè immagina che il suo capitale sia di 10.300 euro.

Invece, se consideriamo le commissioni che ha pagato (facciamo “solo” il 2%), diciamo che si tratta di un fondo “onesto” che non richiede commissioni di gestione ma c’è la “tassa” consulenza di 10 euro/mese che quindi ammonta a 120 euro. Il consulente la incassa sempre qualunque sia la performance dei fondi.

Aggiungiamo a ciò il costo del deposito titoli, ma consideriamolo gratuito e l’imposta di bollo pari a 20 euro all’anno (0,2% annuo).

Facciamo i conti:

Mi viene fatto un addebito sul conto corrente di 10.000 euro, il gestore trattiene la commissione del 2%, come da prospetto informativo, quindi l’importo investito è di 9.800 euro.

Dopo un anno 9.800 + 3% = 10.094.

Non abbiamo costi di gestione e di tenuta conto, che bello, ma abbiamo i costi della consulenza 10 euro al mese per 12 mesi fanno 120 euro e l’imposta di bollo di 20 euro

Quindi avrò

10.094 – 120 – 20 = 9.954 euro

Che vuol dire ? che ho perso dei soldi ma non me ne sono accorto, anzi sono uscito dall’incontro col consulente convinto di aver guadagnato.

Ma non è finita, avete letto il prospetto informativo. Sono nella generalità dei casi documenti corposi scritti in caratteri minuscoli e difficilmente comprensibili. Dovrebbero informare chi li legge, ma … chi li legge ?

Magari andandosi a leggere le clausole verrà fuori che il fondo ha una commissione di uscita e se non c’è, ci sono le commissioni per la vendita delle quote, facciamo soli 8 euro ?

A questo punto il risultato finale sarà di 9.946 euro su 10.000 affidati al promotore.

 Ancora non è finita. Se volessi vendere le quote dovrei pagare l’imposta sulla plusvalenza. L’erario infatti non tiene conto delle spese e considera solo la plusvalenza realizzata nell’acquistare e poi vendere le quote del fondo.

Per il fisco infatti ho acquistato quote per 9.800 euro e le ho rivendute rivalutate del 3% realizzando 10.094 euro. Quindi mi tocca pagare anche il 26% sull’ipotetico guadagno di 294 euro cioè altri 76,44 euro.

Eravamo a 9.946 che ridotti dell’imposta diventano 9.869,56.

Alla fine dei conti ho perso 130 euro … ma ero convinto di averne guadagnati 300.

 E il fondo è andato su del 3%, pensate se invece il valore della quota fosse andato giù !

Le commissioni si sarebbero dovute pagare nelle stesse percentuali e importi. E mi sono tenuto basso col 2% di costi di ingresso e 10 euro al mese di consulenza.

Non è semplice mettere assieme tutti questi elementi perché il tempo passa e ci si dimentica, per esempio, dei piccoli prelievi mensili di 10 euro per la consulenza oppure si valuta solo il valore della quota acquistata e non si considera che, a causa delle commissioni di ingresso, il numero di quote del fondo acquistate è inferiore a quante se ne sarebbero potute acquistare con l’intero importo.

Mi spiego:

Supponiamo di voler acquistare quote del fondo XY la cui quotazione nella giornata è di 10 euro.

Con 10.000 euro il risparmiatore immagina di acquistare 1.000 quote.

Considerando però la solita commissione del 2% il capitale investito sarà di 9.800 euro quindi acquisterò solo 980 quote; devo recuperare ora qualcosina più del 2% per pagare il fondo cui affido i miei soldi.

 Certo è vero che il nostro esempio considera un investimento minimo di 10.000 euro. Con importi più elevati le spese del conto titoli e della consulenza vengono meglio assorbite dal maggiore importo ma i costi percentuali dei fondi, entrata ed eventualmente di uscita, i bolli e le imposte rimangono assolutamente le stesse.

 Attenzione quindi.

Massimo Giovannetti

Country Manager Italy at Spitch

4 anni

Caro Mauro, sono completamente d'accordo con la tua analisi, purtroppo questi personaggi fanno gli interessi delle istituzioni in cui lavorano. Alla fine se ti dice bene vai in pari, o guadagni poco, altrimenti vai in perdita. Tanti anni fa potevo fare questo lavoro avendo fatto gli esami per esercitare questo lavoro, ma quando capii che il povero cittadino ci andava a rimettere, dissi di no e presi la strada dei miei studi: elettronica digitale...e mi piace ancora oggi lavorare nel mondo digitale.

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