Il mito dei bei guadagni in finanza
Chi è che non vorrebbe imbroccare l’acquisto di uno strumento finanziario che gli fa guadagnare un bel po’ di soldi?
E così quando il risparmiatore inesperto si avvicina al mondo della finanza e scopre gli impressionanti alti e bassi che si susseguono nelle quotazioni; legge poi i racconti sugli affascinanti personaggi che cavalcandoli hanno costruito la propria fortuna; viene infine raggiunto dalla suadente presentazione di qualche imperdibile occasione di investimento … il gioco, quasi sempre, è fatto. Nel senso che il denaro prodotto dal suo lavoro o dal lavoro di qualcun altro prima di lui si trova investito, almeno in parte, in attivi troppo rischiosi se va bene, se va male in truffe più o meno legali.
Chi lavora da tempo nel mondo della consulenza finanziaria sa bene che il fenomeno del risparmiatore turlupinato c’è sempre stato, c’è tuttora e, realisticamente, non scomparirà mai del tutto. Oggi si parla del problema del trading legato all’esplosione dell’accesso al web, soprattutto durante i periodi di lockdown. Ieri delle banche malgovernate che raccoglievano denaro in modo scorretto. Ieri l’altro …
C’è chi invoca leggi più ferree ed una regolazione dettagliata di tutti i comportamenti, forse perché non conosce la mole e la pervasività della regolamentazione che già c’è e d’altra parte la concreta difficoltà di controllare tutto e tutti. O forse perché non comprende che un modello sociale dirigista, privo di spazi per la libera iniziativa, non fa che spostare dalla finanza alla politica il terreno per approfittarsi dei più deboli. La Storia ci ha già presentato esempi eloquenti.
C’è chi invoca una migliore educazione finanziaria. È un approccio decisamente migliore ma si deve giocoforza tener conto che essa richiede conoscenze finanziarie, conoscenze di base e tempi di efficacia che tagliano fuori molte persone anziane o poco istruite – le persone più o meno affette da analfabetismo funzionale – e fanno prevedere che gli effetti sugli altri saranno assai graduali e in buona misura legati alle sorti di un sistema scolastico e formativo che già non è privo d’altri problemi.
Certo non ci si deve rassegnare. Ora, se ripenso ai casi in cui io stesso sono stato ingannato, anche fuori dall’ambito finanziario, vedo due fattori sempre presenti: da un lato l’insufficiente conoscenza del prodotto o della materia; dall’altro il bisogno di risolvere un problema oppure il forte desiderio di ottenere qualcosa. Sul secondo fattore si può intervenire assai poco, perché l’uomo è per natura fatto di bisogni e desideri, senza di essi non saremmo ciò che siamo e non faremmo nulla.
Sulla consapevolezza che le persone hanno del reale contenuto e dei reali limiti delle proprie conoscenze e competenze personali, invece, intanto si può fare un bell’esame di coscienza a livello sociale. Perché molto nel mondo della comunicazione, del marketing, anche della politica è ormai strutturato sul blandire, sull’illudere e sullo sfruttare sistematicamente i bias cognitivi del pubblico. Ed i mass media, il web ed i social networks, per il modo con cui sono utilizzati, tendono ad instillare l’idea di poter conoscere senza studiare e di poter, anzi dover, dire la propria su qualsiasi argomento.
Inoltre, a livello personale, non è impossibile a nessuno chiedersi a mente fredda: io di questo materia cosa so, realmente? Ne so abbastanza per prendere una decisione? E, se non ne so abbastanza, di chi mi posso fidare?
Mi posso fidare di chi ne sa abbastanza. E, oltre a saperne abbastanza, o mi vuole bene o ha il prevalente interesse a fare i miei interessi. Qui ci sta di dire quanto sia necessaria la presenza sul mercato di consulenti indipendenti. Possono essere pienamente indipendenti solo quei consulenti che non hanno il compito di collocare strumenti e prodotti di investimento e che sono remunerati esclusivamente dal proprio cliente.
Nella posizione di consulente indipendente, inoltre, è naturale vedere ed accettare che il benessere del cliente dipende assai più da una corretta pianificazione globale che da una improbabile caccia a rendimenti straordinari. Chi non è coinvolto nella vendita non ha necessità di esaltare la performance dei propri prodotti. Potrà rilevare i rendimenti che il mercato realisticamente offre e questo, solo questo prospettare al cliente, contribuendo così ad un ragionevole approccio al rischio.
Quanto al rapporto tra aspettative di facili guadagni ed educazione finanziaria, forse occorrerebbe salire a monte e richiamare prim’ancora una buona educazione economica e fin anco umana. Se infatti il denaro è riserva di valore ed il valore si produce con il lavoro e con l’ingegno, è normale che ciascuno ne guadagni in proporzione. Qualsiasi proposta per guadagnarne tanto a prescindere da lavoro ed ingegno dovrebbe essere guardata con sospetto.
In finanza non valgono regole diverse da quelle che valgono in qualsiasi altro settore economico: per fare utili servono capitale da rischiare, competenza, lavoro e tempo. Se si prendono rischi alti – significa rischiare il capitale, anche tutto – ci sono possibilità di realizzare utili alti. Se si prendono i rischi che un risparmiatore, una famiglia normale si possono prendere, si può puntare a proteggere i risparmi dall’inflazione e magari anche ad ottenere qualcosa in più ma non a “fare i soldi”. In entrambi i casi occorrono comunque sempre competenza, lavoro e tempo.