Perché abbiamo bisogno della cyberpsicologia.

Perché abbiamo bisogno della cyberpsicologia.


Cyberpsicologia: intanto cos’è, perché non è scontato.

La cyberpsicologia studia i fenomeni associati alle tecnologie, declinando i grandi temi della psicologia alla luce del digitale (comunicazione, relazioni, dipendenza, sessualità, identità, benessere, apprendimento, processi cognitivi, ecc.) e occupandosi di argomenti quali: interazione uomo-macchina, intelligenza artificiale, realtà virtuale, ecc.


Cyberpsicologia: a cosa serve e quali sono i suoi ambiti di applicazione.

Già dalla definizione, ci si fa un’idea di quanto la cyberpsicologia sia attuale, in una realtà che non possiamo più definire se non come inter-realtà, in cui analogico e digitale si mescolano e confondono.

Elementi di cyberpsicologia sono fondamentali in ambiti quali: social media, videogiochi, benessere digitale, sicurezza informatica, comunicazione e marketing digitale e così via.

Se poi pensiamo alle nuove generazioni, quelle realmente digitali, nate dalla fine degli anni ’90 in poi, per le quali non ha senso parlare di “trasformazione digitale” (non mi stuferò mai di ripeterlo), appare evidente come la cyberpsicologia sia fondamentale per comprendere i loro vissuti e comportamenti, nonché per declinare l’intervento psicologico - a prescindere dalla sua tipologia - quando questo è rivolto ai più giovani.


Cyberpsicologia: perché ne abbiamo bisogno.

Abbiamo sempre vissuto in una realtà analogica, nella quale la psicologia ha fatto del comportamento e della mente i suoi principali oggetti di studio. Poiché oggi la realtà è anche digitale, è fin troppo evidente il perché abbiamo bisogno della cyberpsicologia.

Per dirla diversamente (e più semplicemente): la psicologia sta alla realtà analogica (che fino a ieri chiamavamo unicamente “realtà”) come la cyberpsicologia sta alla realtà digitale.

Della serie: abbiamo bisogno della cyberpsicologia se vogliamo realmente comprendere come il comportamento e la mente si declinano alla luce del digitale. La psicologia e le sue (analogiche e datate) teorie non bastano più.


Cyberpsicologia: eppure se ne parla troppo poco.

Non ricordo chi sostenga che non è pensabile spiegare il nuovo con modelli vecchi. Come non ricordo esattamente chi sia stato il primo ad aver detto che internet sia la più grande rivoluzione della storia dell’umanità dopo la scrittura. Quello che so è che se prendiamo per vere queste due affermazioni, appare evidente quanto poco si stia facendo nel campo della cyberpsicologia: poche sono le teorie nate per spiegare i comportamenti legati al digitale (mentre tanto si fa per cercare di spiegarli attraverso le teorie analogiche) e troppo pochi sono ancora gli studi, le riflessioni e le ricerche che indagano l’impatto del digitale - positivo, negativo o neutro che sia - sulle persone.

 

Mi sono data una risposta, tra le tante possibili: il digitale viaggia a una velocità talmente rapida che si è molto più intenti a svilupparlo e a starci al passo, piuttosto che a capirlo. 

CLAUDIO IEZZI MAMMARELLA

partner e ambassador presso Lutinx Inc.

5 anni

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