Perché i Brand Scelgono di Investire in Proprie Fabbriche e Non sulla Filiera?

Perché i Brand Scelgono di Investire in Proprie Fabbriche e Non sulla Filiera?

Perché i brand hanno deciso di crearsi le loro fabbriche, invece di aumentare il costo minuto ai terzisti, ed investire cos' sulla filiera Made in Italy?

Ti porto sempre nei miei viaggi mentali per guardare la crisi attuale non solo come frutto del caso, ma anche come conseguenza di scelte fatte sei anni fa e di cui nessuno si è occupato. Quindi prendi la mia mano e andiamo.

Le Ragioni Possibili Dietro la Scelta dei Brand

Il Valore della Fabbrica per il Marketing

Mi sono chiesta come mai, visto che una delle cose che ritorna spesso in mente è che la filiera non è pagata abbastanza e da questo nascono tutte le questioni legate alla qualità del prodotto e così via.

Una delle prime cose che mi viene in mente è che le fabbriche sono lo strumento, paradossalmente, più semplice per raggiungere il consumatore alto spendente.

Le fabbriche, spesso viste come luoghi brutti e sporchi, diventano fondamentali per promuovere un prodotto di alta fascia.

Le fabbriche consentono ai brand di controllare meglio il processo produttivo, garantendo standard qualitativi elevati e una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse.

Questo controllo diretto è essenziale per rispondere rapidamente alle esigenze del mercato e per offrire prodotti che rispecchino i valori del marchio. Inoltre, avere proprie fabbriche permette ai brand di raccontare una storia più coinvolgente ai consumatori, enfatizzando la qualità artigianale e l'attenzione ai dettagli, elementi chiave per attrarre i consumatori di fascia alta.

La Narrazione della Filiera

La filiera non è mai stata curata e raccontata bene.

È sempre stata vista come un agglomerato di sfruttamento e sporcizia, senza valorizzare l'enorme lavoro fatto negli anni dalla classe imprenditoriale del settore.

Sono consapevole che l'illegalità è all'ordine del giorno in una parte della filiera, ma questo può essere ricollegato alla scarsa remunerazione.

Una narrazione negativa e frammentata ha contribuito a creare un'immagine distorta della filiera, vista come un insieme di piccoli laboratori poco professionali e mal gestiti.

Questo ha reso difficile per le aziende e per i consumatori apprezzare il valore reale della manodopera e della competenza tecnica presente nella filiera.

La mancanza di una strategia comunicativa efficace ha impedito alla filiera di guadagnare il rispetto e la considerazione che merita, portando i brand a considerare la creazione di fabbriche proprie come una soluzione per migliorare la propria immagine e garantire la qualità del prodotto.

Problemi di Rappresentanza e Aggregazione

Non si è investito sulla filiera perché è troppo disgregata, poco rappresentata e, dove rappresentata, gli interessi non sono per i produttori conto terzi.

Quindi, nessuna tutela dalle associazioni, poca aggregazione tra chi ne fa parte e difficoltà ad avere un interlocutore unico. Questa frammentazione ha reso difficile coordinare le attività e sviluppare una strategia comune per migliorare le condizioni di lavoro e la qualità dei prodotti.

Le associazioni di categoria e gli enti istituzionali non sono riusciti a fornire un supporto adeguato alla filiera, lasciandola vulnerabile alle pressioni del mercato e alla concorrenza internazionale. La mancanza di una voce unitaria e di una rappresentanza efficace ha impedito alla filiera di negoziare condizioni migliori e di ottenere il riconoscimento che merita.

Questo ha portato i brand a cercare soluzioni alternative, come la creazione di fabbriche proprie, per superare queste difficoltà e garantire una maggiore stabilità e controllo sulla produzione.

Ostacoli Giuridici e Controllo della Filiera

Nessuno ha creduto fosse possibile controllare la filiera, anche da parte dello Stato, disinteressato e con tutte le questioni delle fabbriche lager che aprono e chiudono senza controllo. La mancanza di leggi chiare sui subappalti ha fatto sì che le holding e le multinazionali considerassero meno interessante investire sulla filiera.

La complessità del quadro normativo e la mancanza di controlli efficaci hanno reso difficile garantire il rispetto delle norme e la trasparenza lungo tutta la filiera produttiva.

Questo ha creato un ambiente di incertezza e di rischi legali per i brand, che hanno preferito investire in proprie strutture produttive per avere un maggiore controllo e ridurre il rischio di scandali e problemi legali.

Il Ruolo delle Holding Francesi

Le holding sono spesso francesi. In Francia, la desertificazione dell'artigianato è avvenuta anni fa, passando da un sistema di piccole imprese a grandi aziende. Questo ha portato a investire in Italia, dove esisteva un tessuto produttivo che in Francia non c'è più.

Le holding avevano bisogno di manodopera specializzata per le loro produzioni di lusso.

L'industrializzazione della Francia ha spinto le grandi aziende a cercare nuovi mercati e nuove risorse produttive all'estero, trovando in Italia un terreno fertile grazie alla presenza di un forte tessuto artigianale e di una tradizione manifatturiera di alta qualità.

Questo ha portato a una sorta di "colonizzazione" industriale, dove le grandi holding francesi hanno investito pesantemente in Italia per sfruttare queste competenze e queste risorse, contribuendo a trasformare il panorama produttivo italiano.

Interessi Finanziari e Agevolazioni

C'è stato anche un interesse finanziario: benefit sui territori, agevolazioni fiscali per le assunzioni e costruzioni. La filiera è stata costretta a chiudere e andare a lavorare nelle grandi strutture. Formare tanta gente per le aziende era complesso.

Le agevolazioni fiscali e i benefici finanziari offerti dai governi locali hanno reso ancora più conveniente per le holding investire in proprie strutture produttive. Questi incentivi hanno permesso alle aziende di ridurre i costi di produzione e di aumentare la loro competitività sul mercato globale. Inoltre, la centralizzazione della produzione in grandi strutture ha facilitato la formazione e la gestione della forza lavoro, migliorando l'efficienza e la qualità dei prodotti.

Conseguenze e Futuro

Questi sono i ragionamenti che ho fatto. Sicuramente non conosceremo mai i motivi reali, ma le scelte fatte possono far immaginare le future. La domanda è sempre questa: perché tagliare la filiera e non investire esternamente?

La risposta tecnica è che molte aziende non hanno le strutture logistiche e finanziarie per sostenere le produzioni di primo livello.

Sostenibilità e Reputazione

La sostenibilità implica una logistica gestita diversamente, la lean production, l'abbassamento dei tempi per abbattere i costi. La reputazione è fondamentale. Problemi come quelli di Dior causano danni a lungo termine. Il costo per mettere in sicurezza il prodotto è minore rispetto a rischiare cause e azioni pubbliche per ripulire l'immagine e dimostrare agli azionisti che si sta facendo il massimo.

La sostenibilità è diventata un fattore chiave per le aziende, che devono rispondere alle crescenti richieste dei consumatori e delle normative ambientali. Gestire la produzione internamente permette di implementare pratiche sostenibili in modo più efficace, riducendo l'impatto ambientale e migliorando la reputazione del brand. Inoltre, la gestione diretta della produzione consente di monitorare meglio le condizioni di lavoro e di garantire il rispetto delle norme sociali e ambientali, riducendo il rischio di scandali e di danni alla reputazione.

Impatto della Crisi Attuale

La crisi attuale, compresa la pandemia, le chiusure e le tensioni internazionali, non era prevedibile dieci anni fa ma comunque hanno cominciato ad immaginare "il nuovo mondo" ed a costruirlo.

Le holding e i manager hanno cominciato a immaginare il Made in Italy diversamente da come lo percepiamo noi della filiera. Nei prossimi anni ci saranno tagli e problemi dovuti ai mercati chiusi.

Se si prevedeva l'embargo alla Cina e la guerra alla Russia, queste scelte erano già predisposte per certe eventualità. È microeconomia: ci sono alti e bassi, e nei bassi si sarebbe tagliato.

Nessuno si è mosso per proteggere il tessuto micro imprenditoriale e artigianale del Made in Italy.

Le scelte strategiche delle holding riflettono una visione a lungo termine che tiene conto delle incertezze economiche e geopolitiche.

La pandemia e le tensioni internazionali hanno evidenziato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali, spingendo le aziende a cercare soluzioni più resilienti e sostenibili.

Investire in proprie fabbriche permette di ridurre la dipendenza da fornitori esterni e di aumentare la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato.

Questi sono i motivi che ho analizzato.

La domanda resta aperta: perché si decide di tagliare la filiera e non investire esternamente?

La risposta tecnica è che molte aziende non hanno le strutture logistiche e finanziarie per sostenere le produzioni di primo livello.

Tuttavia, le scelte fatte dalle holding riflettono una strategia complessa che tiene conto di fattori economici, sociali e ambientali.

Tu cosa ne pensi?

Con Amore,

Ornella

Massimo Bocca

👑 Quality 🧰 GSE (ESG) 👨🏼🏫 Formazione & Sviluppo 🏗️ Project & Program 💣 Risk 🔍 Barbis Hunter 🐐 NdH 🔘 Rim Pusher

3 mesi

In linea generale, il riflesso "(ri)portiamoci in casa le produzioni" è assolutamente tipico dei committenti, per proteggere le capacità installate, ridurre i costi, e stabilizzare la forza lavoro interna. Interessante poi il punto sulla polverizzazione dell'indotto che non è in grado di assicurare il servizio e il prodotto su certi tipi di clienti, in certi tipi di mercato. Servirebbero forme aggregate, consorzi, su cui "spalmare" questi costi aggiuntivi. Ma non li vedo (non è un problema solo del tessile).

Flavio Sciuccati

Senior Partner, Company Shareholder and Board Member at The European House - Ambrosetti Group

5 mesi

Matteo Pasca grazie per la citazione. A Ornella Auzino dico che non è vero che i grandi brand stanno tutti (o la maggior parte) investendo su proprie fabbriche, acquisizioni e internalizzando la propria supply chain. Lo stato dell'arte dice che sia nell'abbigliamento che negli accessori i brand più verticali (Hermes, LV, Chanel, Prada, Gucci, Fendi ) coprono solo il 30-40% del proprio fabbisogno di volumi. Inoltre si tratta prevalentemente di prodotti carry-over e continuativi. La quota restante di volumi (60-70 %) viene sviluppata e prodotta tramite produttori indipendenti (qualcuno ormai parte di poli di aggregazione) che garantiscono forti competenze, elevata qualità ed estrema flessibilità. Tutte caratteristiche, queste, difficilmente ricreabili e gestibili con risorse interne. Il tutto, ovviamente, richiede sempre maggiori investimenti (comprese la Sostenibilità ESG e la Tracciabilità) anche agli stessi produttori (piccoli e grandi).

Marco Pecchioli

Modellista cad Senior

5 mesi

Mi pare che queste narrazioni sia solo immagine, in detti luoghi si appiattiscono le professionalità, si perde l’ambizione di sapere uccisa da processi burocratici impressionanti anche per avere una semplice fibbia , io consiglierei ai giovani che vogliono davvero imparare l’Arte di cominciare da piccole realtà artigianali.

Ho avuto occasione di incontrare diverse “fabbriche di proprietà” in questi anni. In queste realtà viene creato un mix tra persone storiche del settore e manager provenienti da percorsi differenti. Il tutto sotto il controllo delle “case madri” che aiutano a tenere il presidio delle necessità tipiche (produttività, qualità) e di quelle che in passato forse erano meno presidiate in maniera strutturata (sostenibilità, pianificazione e controllo, gestione delle risorse umane). Questa dialettica, quando è virtuosa, crea realtà belle e che funzionano molto bene. Dove nulla è lasciato al caso. Questi sono ambienti dove è forse anche più semplice attirare giovani a lavorare. Con questo non voglio dire che l’azienda piccola tipica non lo sia mai, certamente si tratta di realtà dove molti processi non sono presidiati da professionisti.

Samuele Bulletti

Titolare dell'azienda presso EsseBi srl

5 mesi

Ornella ma tu pensi ci sia una soluzione a questa situazione oppure dovremo chiudere bottega?

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