Perché l'efficienza operativa non può sostituire la strategia
Come diceva Spinoza, "Omnis determinatio est negatio". Affermare qualcosa, significa implicitamente negare qualcos'altro.
Michael E. Porter ha ripreso questo concetto (probabilmente inconsciamente) e lo ha reso rilevante per il mondo degli affari nel suo articolo “What is Strategy”, pubblicato nel 1996 all’interno della Harvard Business Review. Si tratta di uno scritto seminale, nel quale il concetto di strategia aziendale viene legato a doppio filo a quello di posizionamento di mercato. Si tratta forse di una concezione un po’ restrittiva, tuttavia permette all’autore di sottolineare alcuni concetti fondamentali.
La strategia implica la creazione di un posizionamento distintivo e di valore
Un’azienda non può essere tutto e fare tutto, deve decidere dove specializzarsi per creare una value proposition unica rispetto a quella dei concorrenti e vincente sul mercato. La vera strategia richiede di prendere decisioni difficili, di scegliere cosa fare, ma anche cosa NON fare.
La strategia si concretizza implementando una serie di attività uniche
Il vero vantaggio competitivo duraturo si realizza implementando nella propria azienda attività specifiche e mirate, che servano a raggiungere il posizionamento desiderato. Queste attività devono essere sinergiche tra loro ed al contempo incompatibili con altre mirate a raggiungere posizionamenti diversi. Solo così infatti si creano barriere adeguate per impedire ai concorrenti di copiare il proprio posizionamento. Per fare un esempio: focalizzarsi sulla personalizzazione dei prodotti è incompatibile con la standardizzazione.
Inseguire la massima efficienza operativa non è una strategia
Questo perché l’efficienza operativa, ossia l’inseguire il massimo abbassamento dei costi mantenendo contemporaneamente il massimo livello qualitativo, è raggiungibile attraverso attività che possono essere implementate in qualsiasi azienda e che non sono incompatibili con alcun posizionamento di mercato.
Secondo Porter, il mito dell’efficienza come strategia si è creato negli anni 80 quando, a partire dal Giappone, sono emerse pratiche come il Total Quality Management ed il Lean Six Sigma che hanno permesso di realizzare incrementi di produttività fino ad allora impensabili, senza compromettere la qualità. I pionieri in questo campo inizialmente riuscirono a generare un vantaggio competitivo enorme rispetto ai concorrenti e questo portò alcune aziende a credere che inseguire la massima efficienza fosse il solo requisito per avere successo. Il problema di questo ragionamento però è che l’efficienza è condizione necessaria, ma non sufficiente a vincere sul mercato. Qualsiasi pratica manageriale o modello produttivo si decida di adottare infatti, esso può portare solo fino a quella che Porter definisce la “frontiera dell’efficienza”, un punto oltre il quale non si può incrementare ulteriormente la qualità, o abbassare ulteriormente i costi.
Chi raggiunge per primo la frontiera dell’efficienza guadagna un vantaggio competitivo, ma questo vantaggio è destinato a scomparire velocemente, in quanto nulla impedisce ai concorrenti dell’azienda “best in class” di un settore di adottare le sue stesse pratiche manageriali ed i suoi stessi modelli produttivi. La conclusione di Porter è quindi che sì, le aziende devono sforzarsi di mantenersi il più vicino possibile alla frontiera di efficienza, ma contemporaneamente devono ricordare che, per guadagnare un vantaggio competitivo duraturo, devono avere una vera strategia, che permetta loro di distinguersi sul mercato in una maniera sostenibile e non facilmente replicabile.
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Chi raggiunge per primo la frontiera dell’efficienza guadagna un vantaggio competitivo, ma questo vantaggio è destinato a scomparire velocemente, in quanto nulla impedisce ai concorrenti dell’azienda “best in class” di un settore di adottare le sue stesse pratiche manageriali ed i suoi stessi modelli produttivi.
Personalmente, penso che l’equivoco di confondere l’efficienza con la strategia sia dovuto al fatto che troppo spesso si concepisce il concetto di posizionamento di mercato solamente in termini di rapporto qualità/prezzo. Secondo tale approccio, posizionarsi significherebbe soltanto scegliere se offrire un prodotto scadente ma economico, oppure uno di qualità ma costoso. Se l’assunto di partenza è questo, allora pratiche come il Total Quality Management ed il Lean Six Sigma sembrano essere l’uovo di Colombo, in quanto promettono di abbassare i costi e aumentando contemporaneamente la qualità. Il problema è che non è così semplice.
Penso che l’equivoco di confondere l’efficienza con la strategia sia dovuto al fatto che troppo spesso si concepisce il concetto di posizionamento di mercato solamente in termini di rapporto qualità/prezzo
Torniamo all’esempio che ho fatto qualche paragrafo fa, ossia che investire sulla personalizzazione è antitetico alla standardizzazione del prodotto. Qualcuno di voi potrebbe pensare che ciò non sia vero, in quanto alcune aziende sono in grado di garantire la personalizzazione dei prodotti salvaguardando i prezzi bassi, ottenendo quindi il meglio di entrambi i mondi. Questo è un ragionamento sbagliato però, in quanto significa concepire la scelta strategica di fornire un prodotto standard solamente come un compromesso fatto allo scopo di ridurre i costi. La verità invece è che i veri vantaggi strategici della standardizzazione sono altri:
La combinazione di questi fattori può addirittura permettere ad un’azienda di ottenere un posizionamento superiore, da un punto di vista di qualità percepita, rispetto a quella ottenibile da un’azienda che fa dell’ampiezza di assortimento la sua caratteristica distintiva. Un prodotto sempre uguale infatti è un prodotto che può diventare iconico, mentre un prodotto ogni volta diverso non ha questa possibilità.
Si capisce quindi come il garantire il massimo assortimento/personalizzazione sia un obiettivo strategico non conciliabile con quello di offrire un prodotto standard, ma non per questioni di rapporto qualità/prezzo. La scelta tra le due opzioni deve essere guidata da considerazioni su quale sia l’aspetto a cui il proprio target commerciale tiene di più: la massima possibilità di scelta oppure l’avere a disposizione un prodotto che, proprio in virtù della sua standardizzazione, garantisca la massima soddisfazione. Una volta scelta quale strada adottare poi, si potranno implementare tutte le pratiche di gestione necessarie per raggiungere la frontiera dell’efficienza, ossia per ottenere il miglior rapporto qualità/prezzo possibile.
Naturalmente, la dicotomia personalizzazione/standardizzazione è solo un esempio, vi sono tantissime altre attività la cui implementazione costituisce una scelta strategica. Decidere di implementare una strategia (vera) piuttosto che un’altra però è estremamente difficile e per certi versi anche spaventoso, perché significa aprirsi certe strade, chiudendone però altre. Inseguire l’efficienza è invece più rassicurante, perché si tratta di qualcosa di corretto a prescindere: nessuna azienda si azzarderebbe mai a sostenere che ridurre i costi aumentando la qualità non sia un obiettivo condivisibile. L’efficienza inoltre è il dominio della matematica, un luogo dove esistono decisioni oggettivamente migliori, misurabili e calcolabili. La strategia al contrario è non deterministica: scegliere un posizionamento significa effettuare assunzioni basate su considerazioni qualitative, elementi di contesto e previsionali che hanno sempre un margine d’incertezza. Lo spazio decisionale inoltre non è circoscritto, ma è potenzialmente aperto a soluzioni innovative che potrebbero esulare da quelle valutate al momento e cambiare le regole del gioco.
La strategia quindi è incerta e rischiosa, ma è anche l’unico modo di vincere davvero sul mercato, in maniera continuativa. Pensare unicamente all'efficienza, invece, non solo non è un buon modo di sostituirla, ma può anche trasformarsi nella ricetta per il fallimento.