Come convincere anche i più scettici della bontà del vostro progetto

Come convincere anche i più scettici della bontà del vostro progetto

Il precedente articolo che ho pubblicato parla dei profili caratteriali degli stakeholder che possono essere coinvolti in una trattativa di acquisto e su quali ci si deve concentrare per riuscire a vendere i propri prodotti. Ne ho descritti sei in tutto, ripresi dalla suddivisione presentata nel libro The Challenger Customer, tuttavia ne ho volutamente omesso uno: l’Ostruzionista (blocker). All’interno del libro, esso viene descritto come “l’antistakeholder” e si aggiunge che “questi individui sono programmati per evitare il cambiamento e difendere lo status quo. Preferiscono fortemente la stabilità e la continuità, evitano (ed ostacolano) attivamente iniziative che porterebbero cambiamento o interferenze”. Naturalmente, il consiglio degli autori è evitarli, in quanto non offrono alcun aiuto ed anzi agiscono per portare qualsiasi progetto al fallimento.

Ho omesso questo profilo dal mio articolo in quanto sono fortemente convinto che gli ostruzionisti non esistano. Pensare anzi che alcune persone davvero credano che il cambiamento sia un male a prescindere e di conseguenza agiscano attivamente per ostacolarlo è un approccio assolutamente deleterio, che porta a dividere i propri stakeholder tra “amici” e “nemici” (pratica da evitare, come ho spiegato qui) ed impedisce di creare consenso condiviso attorno all'iniziativa che si sta promuovendo. Questo discorso è applicabile sia alle vendite che a qualsiasi altro progetto aziendale (revisione di processi, cambi organizzativi, implementazione di nuovi sistemi software…) quindi in questo articolo allargherò un po’ la visione e parlerò da un punto di vista di project management in generale. Spero comunque che i consigli che darò siano abbastanza chiari da poter essere tradotti in qualsiasi ambito lavorativo: dalle vendite alla logistica, dalla produzione all’IT.

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, ciascun profilo caratteriale agisce secondo una motivazione specifica: il realizzatore vuole raggiungere subito il risultato, il visionario si entusiasma nell’immaginare scenari rivoluzionari, lo scettico pensa a minimizzare i rischi, l’arrampicatore vuole ottenere vantaggi personali, l’amico vuole tessere relazioni, il pettegolo infine vuole dimostrare di essere importante ed informato. Per riuscire a portarli dalla propria parte bisogna parlare “all’orecchio da cui sentono”, ossia fare leva sugli elementi che suscitano il loro interesse e, come abbiamo appena visto, almeno un elemento c’è sempre. La verità è quindi che le persone non nascono ostruzioniste, ma lo diventano quando il promotore di un progetto non riesce a comunicare efficacemente con loro.

Le persone non nascono ostruzioniste, ma lo diventano quando il promotore di un progetto non riesce a comunicare efficacemente con loro.

Non siete in grado di dimostrare allo scettico di turno che il progetto che avete in mente è realizzabile e porterà risultati, a differenza di tutti i tentativi falliti in passato? Egli comincerà ad ostacolarvi, convinto di fare un favore alla propria azienda. Avete difficoltà nel dipingere uno scenario mirabolante per il vostro stakeholder visionario? Lui comincerà a dire che la vostra idea è da tenere in bassa priorità, in quanto incentrata su temi di piccolo cabotaggio, incapaci di generare reale valore aggiunto. Esempi di questo genere possono essere fatti per ciascuno dei sei profili, credo siate in grado di immaginarli. In generale, gli stakeholder partono sempre con un atteggiamento oppositivo verso i nuovi progetti e per farli diventare collaborativi bisogna convincerli. Certo, a tutti noi piacerebbe lavorare in ambienti estremamente recettivi verso le nuove idee (soprattutto le NOSTRE idee) ed improntati al cambiamento continuo, ma spesso non è così e anzi, incontrare opposizione è normale, anche solo perché mettere in moto la macchina organizzativa necessaria ad approvare ed implementare un nuovo progetto è un’operazione faticosissima, quindi deve valerne veramente la pena.

Avere l’aspettativa di essere immediatamente supportati quando si presenta una nuova idea di cambiamento è quindi totalmente illegittimo. Non bisogna stupirsi di incontrare opposizione e stakeholder critici, anche in maniera molto aspra. Certo, tutti dovrebbero sempre impegnarsi per essere il più possibile collaborativi, ma in qualità di project manager (o comunque promotori del progetto) dovete rendervi conto che il cambiamento che state chiedendo genererà costi, monetari e non: perdita di economie d’esperienza, aumento dei carichi di lavoro, redistribuzione delle responsabilità (con conseguente perdita di importanza per qualcuno)… questi costi devono essere giustificati ed è vostro compito farlo. Se quindi iniziate ad incontrare opposizione, dovete prima di tutto chiedervi se state facendo un lavoro abbastanza buono nel descrivere i vantaggi che il vostro progetto porterà e se questa descrizione è rilevante per chi vi ascolta. Come abbiamo visto infatti, diverse persone rispondono a diversi stimoli.

Un altro aspetto che può indurre erroneamente a trattare certi stakeholder come Ostruzionisti a prescindere è l’aspettativa che essi debbano contribuire attivamente a risolvere i problemi che il progetto incontra, suggerendo possibili soluzioni e astenendosi dalle critiche. Anche questa è una pretesa secondo me illegittima, a volte addirittura controproducente. Come ho sottolineato in questo articolo infatti, lo stakeholder deve evidenziare i problemi, mentre sono coloro che guidano il progetto a doversi fare carico di trovare le soluzioni. Credere che le cose debbano andare diversamente può portare ad una delusione totale (perché nessuno aiuta), oppure ad un caos nel quale tutti si permettono di dare suggerimenti e, nel darli, si aspettano di essere ascoltati. Il promotore di un progetto non deve quindi offendersi se le persone con cui parla non aiutano a trovare soluzioni e sembrano concentrate solo a dimostrare perché l’idea proposta non funzionerà: nel far ciò esse stanno svolgendo il loro compito. Le critiche sono un valore, in quanto servono a dissotterrare problemi che, una volta identificati, possono essere risolti.

Le critiche sono un valore, in quanto servono a dissotterrare problemi che, una volta identificati, possono essere risolti.

Naturalmente, le critiche non si presentano quasi mai come analisi circostanziate e basate sui fatti. Non è raro che vengano formulate come commenti generici come ad esempio: “questo progetto non funzionerà mai”, oppure “non hai capito nulla di come funziona qui”. Non bisogna farsi scoraggiare da questo primo impatto, ma considerarlo come l’inizio di una discussione. Il commento, sebbene caustico, apre una via di comunicazione che può essere messa a frutto semplicemente chiedendo, ad esempio: “perché credi che non funzionerà?”. Questa è una vera e propria tecnica di business analysis (chiamata appunto “dei 5 perché”) e consiste nel continuare a fare domande fino a che, abbandonata la superficie dei giudizi generici, si arriva alla radice (root cause) del problema. Il mio suggerimento quindi, davanti ad uno stakeholder che esordisce con una delle frasi indicate sopra, è quello di dargli ragione almeno su una parte del suo discorso (in modo che diventi collaborativo), passando successivamente a chiedergli come mai la pensi a quella maniera. Se la discussione viene gestita in maniera adeguata, quando sarà conclusa si saranno individuati alcuni dei problemi chiave da risolvere e si sarà guadagnato il supporto di colui con cui si stava parlando, in quanto si sarà dimostrato di essere disponibili ad ascoltarlo.

La creazione del consenso è forse la parte più complicata di qualsiasi progetto e non può essere data per scontata. Naturalmente ci sono ambienti più propensi al cambiamento ed altri meno, ciò però non significa che sia legittimo dare la colpa a “stakeholder ostruzionisti” ogniqualvolta non si riesce a raggiungere il proprio obiettivo. In qualità di venditori, project manager, o promotori di un progetto a qualsiasi titolo dovete invece:

  1. Abbandonare la pretesa che tutti s’innamorino della vostra idea o prodotto al primo impatto e ne vedano immediatamente i benefici.
  2. Convincervi che se qualcuno si oppone a voi nella maggior parte dei casi non è per colpa di una mentalità ostruzionista o di un’avversione nei vostri confronti, ma perché non siete ancora stati in grado di presentargli i vantaggi della vostra idea in modo adeguato.
  3. Non prendere le critiche come una minaccia, ma piuttosto come un’opportunità di individuare i problemi e risolverli.
  4. Avere la pazienza di capire come mai qualcuno pensa che la vostra idea non sia buona ed arrivare alla fonte dei suoi dubbi, in modo da poter sviluppare risposte efficaci.

Spero che questi quattro consigli possano esservi utili nella vostra professione.

Enza Odorisio

Career Mentor, Food Marketing Professional, Placement, Employer Branding, Senior Training Manager

3 anni

Articolo molto utile!

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