Perché un dirigente medio non produce un impatto profondo nelle organizzazioni per cui lavora...
Ad esclusione di quando parcheggia la propria auto nel posto aziendale percorrendo quei venti metri di "red carpet" che vanno dal posto auto riservato al proprio ufficio, la vita di un executive è piuttosto “difficile”.
Spesso è una corsa a passo svelto nella ruota del potere (delle stesse identiche dimensioni della più nota "ruota del criceto", ma soltanto un po' più "dorata").
Riunioni interminabili, costante pressione sui numeri, stato di permanente allerta e guerre intestine con se stesso e con le funzioni adiacenti, sono solo alcuni degli aspetti della sua quotidianità.
Lo stress è uno stato “normale”, reso sopportabile solo grazie all’illusione di avere un grado di “resilienza” maggiore della media delle altre persone (che sviluppano la propria "resilienza" anche fuori dal lavoro).
In costante competizione con tutti e col lancinante dubbio se provare a diventare un leader visionario (rischiando di bruciarsi) o continuare a coprire "la zona" (andando un giorno più in là per sopravvivere), un dirigente medio si barcamena per arrivare "pulito" al quarto o all’anno successivo.
Con gli occhi costantemente addosso, ha una paura matta di sbagliare perché per lui/lei sbagliare significa poter essere licenziato/a con o senza giusta causa (e per quanto si idealizzi questa figura, questo semplice dato di fatto è sufficiente per creare un'ansia inconscia che non va esattamente nella direzione di poter produrre un “impatto” significativo).
Spesso messo in prima linea, un "executive" ha un carniere di frecce spuntate, gioca costantemente in difesa e si guadagna il proprio stipendio più per la sua abilità nel mettere in ordine numeri che per i numeri che riesce a produrre realmente (che non dipendono dai "power point" che è costretto a fare ma dalla sua capacità di ispirare gli altri: un aspetto su cui è oggettivamente difficile concentrarsi quando si devono fare "decine di power point"...).
A fronte di qualche adepto accondiscendente a prescindere (che essendo molto intelligente riesce a riconoscere), un dirigente sa di essere circondato da vipere, serpenti a sonagli e colleghi che non lo possono vedere, vivendo in un'ecosistema non proprio ideale per poter “fare la differenza”.
Un dirigente medio è spesso costretto a “fare networking” ed a prendere aperitivi con persone con cui non vorrebbe condividere neanche uno stuzzicadenti, sottraendo tempo a quello che vorrebbe fare realmente (che non può dichiarare pubblicamente per non abbassare le sue chance di scalare una piramide che produce più frustrati che faraoni).
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E’ dotato di un cervello limbico e di una neocorteccia molto sviluppati, ma è costretto ad allenare ed usare molto più spesso il cervello rettiliano.
Non si può esprimere liberamente se non dopo aver consultato manuali e procedure calati dall'alto (la sua capacità di aderire allo status quo, è insieme ai power points un altro parametro su cui è misurato).
Nella maggior parte dei casi un dirigente è pienamente in grado di scaricare a terra tutti i cavalli di cui è dotato, di condurre il business come saprebbe fare e di guidare l’organizzazione verso risultati eccellenti… solo che non può farlo ed è costretto a mettere il freno per lo più ricevendo critiche dalla maggior parte di chi lo sta a guardare.
Spinto alla mediocrità da un sistema che teoricamente premia ma praticamente appiattisce, un dirigente medio cerca di non pensarci e di darsi una missione o uno scopo che giustifichi tutti questi sforzi (rischiando di acquisire una visione distorta di se stesso che lo allontana sia dagli obiettivi che dalle persone che sono responsabili degli obiettivi "reali" dell'organizzazione).
Da sempre ci piace pensare che i dirigenti migliori se ne vadano all'estero ma la verità è che la maggior parte vive fra di noi lasciando la loro parte migliore in cantina accanto alla felpa che vorrebbero indossare ma che non è inclusa nel "dress code" che si possono permettere (rendendoli meno credibili quando parlano di “diversità ed inclusione”).
"Last but not least", i nostri dirigenti devono ingoiare le critiche silenti di chi non li conosce fino in fondo, leggendo post sui "leader mediocri" e facendo intelligentemente finta che non riguardino loro.
Questa, in molti casi è la dura vita di un executive... e bisognerebbe tenerne conto quando gli si chiede di trasformarsi in quello che non ha mai avuto il coraggio di essere: individui empatici e vulnerabili che mettono il proprio talento a disposizione degli altri.
Chi parla di leadership spesso non sa quanto dura sia la vita di un dirigente e di quanto in fondo i dirigenti siano come la maggior parte di noi: professionalità con una grande paura di sbagliare e con un grande potenziale destinato a rimanere inespresso...
ADDETTO GESTIONE MANUALE E AMMINISTRATIVA DI MAGAZZINO PRESSO IVECO GROUP TORINO
1 meseBuongiorno Enrico Zanieri. Hai perfettamente ragione: “La vita di un dirigente è piuttosto dura per motivi che non dipendono da lui ma dalla cultura e dai valori radicati nell'azienda in cui opera.”
Vedo sempre più spesso nelle aziende quello che capita nelle squadre di calcio. Arriva il grande allenatore con grandi progetti appoggiati da una proprietà ambiziosa. Poi, ci sono le normali difficoltà iniziali, le incomprensioni con chi non vuole cambiare, risultati inizialmente non entusiasmanti perchè la bacchetta magica non esiste. Ebbene, un progetto pluriennale, viene cassato dopo 4-5 mesi. E si ritorna come prima, dando la colpa al manager "che non faceva quello che gli dicevamo...non era abbastanza operativo...". Ma un manager che deve cambiare la mentalità all'azienda N-O-N deve fare quello che gli dicono di fare. N-O-N deve fare il servo degli altri. Deve essere agente del cambiamento e condurlo.
Formazione&Consulenza
2 anniPer diventare Dirigente, con buona probabilità, ha scalciato nella stessa merda che lo ha promosso tale.... Per cui, successivamente, deve solo che "starsi".... Ed ecco perché l'azione è poco incisiva. Troppo viziata da Compromessi, prima..... 👋
Manager presso BMS
2 anniGoldratt ha spiegato l'importanza del vincolo organizzativo. Se questo è il vincolo aziendale allora un dirigente non potrà mai essere produttivo