Personalizzare senza perdere l’anima
Personalizzare, customizzare, on-demand. Oggi la tendenza lato brand si può racchiudere in queste parole, parole che trovano terreno fertile nella volontà e nelle abitudini degli utenti. Oggi non ci accontentiamo di un prodotto. Oggi vogliamo di più. E non lo vogliamo tradotto in sconti o offerte (che ancora fanno eh), quanto più in una dinamica capace di essere originale, ma ancor di più dedicata. E se da un lato questo risponde all’esigenza di avere qualcosa sempre più su misura alle mie necessità/passioni, dall’altro richiama il desiderio di un prodotto che, proprio grazie a tutto questo, diventa esclusivo e, in un certo senso, esso stesso esperienza.
Secondo uno studio di Epsilon, l'80% dei consumatori è più propenso ad acquistare da aziende che offrono esperienze personalizzate.
E, se mi permettete, fa un po’ sorridere: perché cerchiamo l’esclusività, l’unicità, ma allo stesso tempo la vidimazione dell’essere parte, grazie all’acquisto, di qualcosa di più grande e rappresentativo. Community? Lascio a voi trovare la parola, dato che a contare è più il concetto, quello di accettazione, inclusione, appartenenza.
Ed è lo stesso anche con i contenuti, divenuti estensione di questa personalizzazione spesso estrema eh.
Ma è proprio qui che si aprono un paio di punti interessanti su cui ragionare. Il primo su tutti è il confine che esiste, in un approccio del genere, tra l’atomizzazione del brand/prodotto a favore di questa voglia di customizzazione e l’uniformità del brand, della sua USP e, andando oltre, della sua essenza.
"Se non ascolti il tuo cliente, smetterai di esistere. Se ascolti solo il cliente, smetterai di innovare." Jeff Bezos
Ci vogliono spalle larghe infatti per non perdere la bussola in questa diversificazione che diventa, in molti casi, totale frammentazione. Proprio come lato contenuto quando a dominare solo le esigenze degli algoritmi, i mood di piattaforma, i trend, spesso la caccia al consenso, portando a perdere nel bel mezzo del percorso, l’obiettivo stesso che ci spinge a creare quei contenuti o, meglio, il disegno complessivo di quella narrazione.
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Il punto è proprio questo: personalizzare non significa perdersi, ma adattarci, nei limiti del possibile e della nostra strategia, alle esigenze/desideri degli utenti o, parlando di contenuti, alle caratteristiche del canale. Perché la personalizzazione è potente, ma non vale nulla se perdiamo la nostra autenticità lungo la strada.
E proprio per questo dobbiamo:
1️⃣ Mantenere i nostri valori centrali intatti: Ogni modifica deve essere allineata ai principi fondamentali del nostro marchio. Questo perché ci permette di guardare al medio/lungo termine e ad avere un’identità forte e riconoscibile.
2️⃣ Creare un'esperienza fluida: La personalizzazione deve migliorare, non sovrastare, l'identità del brand. È nella sinergia tra le due che troviamo vantaggio. Perché, tornando al punto iniziale customizzare ci permette di offrire esclusività ed esperienza, il lavoro sul brand quel senso di appartenenza e di riprova sociale.
3️⃣ Ascoltare senza perdere il focus: un corollario al punto precdente. Soddisfare le aspettative dei clienti è fondamentale, ma dobbiamo farlo senza mai dimenticare chi siamo. Perché altrienti perdiamo per strada autenticità che fa rima conc redibilità, ma ancor di più quel heritage di brand che non limita la frammentazione, ma quanto meno la tiene insieme come un filo che unisce le perle di una collana, gli dà un senso più alto.
4️⃣ Mantenere una coerenza visiva e narrativa: non dimentichiamo che la personalizzazione può avvenire in vari aspetti, come offerte su misura, packaging personalizzati o prodotti unici, ma l'identità visiva e la narrativa del brand devono restare coerenti. Un esempio chiaro è Nike, che offre prodotti personalizzabili ma rimane sempre fedele ai valori di performance, innovazione e "swoosh" che la rendono immediatamente riconoscibile.
5️⃣ Creare una connessione emotiva senza disperdere il messaggio: per quei brand che riescono a bilanciare personalizzazione e identità c’è il vantaggio di riuscire a costruire connessioni profonde con i consumatori, travalicando spesso il concetto classico di brand. Come disse Howard Schultz, CEO di Starbucks: "Il successo non è solo il prodotto, è il sentimento che il marchio evoca." Personalizzare il prodotto è quindi efficace solo se amplifica quel sentimento positivo associato al brand, non se lo sostituisce.