Piccolo non è bello: ovvero come i limiti delle imprese italiane costituiscano un problema per la crescita del Paese e l'attrattività dei giovani
C'è un legame tra dimensione dell'impresa, sua capitalizzazione, governance e difficoltà nell'attrarre i giovani?
Come noto, In Italia, le imprese sono classificate in base alla loro dimensione utilizzando i criteri previsti dalla normativa europea. Secondo questi criteri, le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR sono considerate micro, piccole e medie.
Secondo Statista, nel 2020, c’erano 3,6 milioni di piccole e medie imprese (PMI) in Italia. La maggior parte di esse sono classificate come microimprese (0-9 dipendenti), corrispondenti a circa il 95% del numero totale di PMI. Le imprese con meno di 10 dipendenti impiegavano 7,5 milioni di persone, il numero più alto di dipendenti tra le PMI.
Per quanto riguarda le grandi imprese, sempre secondo Statista, nel 2019 c’erano quasi 4 milioni di persone impiegate in imprese con oltre 250 dipendenti. Per le aziende con 50-249 dipendenti, questo numero era di quasi 2,4 milioni.
L'imprenditoria nostrana ha sempre avuto una naturale vocazione e abilità nel settore della componentistica e quindi nell'export. Ma il recente mancato aumento dei tassi della BCE e analoghe prospettive per il futuro, fanno emergere come la piccola impresa sia sottoposta a diktat di prezzi, qualità e tempi di consegna da parte della committenza straniera che sono sempre più stringenti. Una committenza che ha governance e livello di capitalizzazione incomparabilmente più grande a quello delle nostre imprese. Le piccole imprese italiane spesso incontrano difficoltà nella crescita e nello sviluppo. Secondo uno studio dell'ISTAT, le differenze settoriali, regionali e dimensionali incidono sulla performance delle imprese italiane di dimensione inferiore ai 250 addetti. In particolare, sembrerebbe evidente la quasi totale assenza di passaggi interni per categorie dimensionali, a testimonianza dell’assenza di crescita interna.
Inoltre, le piccole imprese italiane spesso soffrono di malessere organizzativo che non consente percorsi di carriera per i giovani perché l'organizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) è spesso poco strutturata e poco organizzata.
Essere piccoli in un mondo grande, non ha molto senso. E', forse, giunto il momento, complice lo scenario dei mercati in flessione e l'incertezza geopolitica, di intraprendere un'iniziativa di "politica industriale" che tramite leggi e strumenti economici consenta un'evoluzione dell'attuale modello di governance ampliando il capitale e quindi il potere di indirizzo, a chi può favorire la crescita dimensionale e culturale dell'impresa italiana? E' in gioco il futuro del Paese, cioè di noi tutti.
Small is not beautiful: that is, how the size limitations of Italian companies are a problem for the country's growth and attractiveness to young people.
Is there a link between firm size, its capitalization, governance and difficulties in attracting young people?
Consigliati da LinkedIn
As is well known, In Italy, enterprises are classified according to their size using the criteria provided by European regulations. According to these criteria, enterprises that employ fewer than 250 people, whose annual turnover does not exceed EUR 50 million or whose annual balance sheet total does not exceed EUR 43 million are considered micro, small and medium-sized.
According to Statista, in 2020, there were 3.6 million small and medium-sized enterprises (SMEs) in Italy. Most of them are classified as micro enterprises (0-9 employees), corresponding to about 95 percent of the total number of SMEs. Enterprises with fewer than 10 employees employed 7.5 million people, the highest number of employees among SMEs.
As for large enterprises, again according to Statista, there were nearly 4 million people employed in enterprises with more than 250 employees in 2019. For companies with 50-249 employees, this number was nearly 2.4 million.
Native entrepreneurship has always had a natural vocation and ability in the components sector and thus in exporting.
But the ECB's recent failure to raise rates and similar prospects for the future make it clear how small business is subjected to increasingly stringent price, quality and delivery time diktats from foreign principals. A patronage that has incomparably greater governance and level of capitalization to that of our firms. Italian small businesses often face difficulties in growth and development. According to a study by ISTAT, sectoral, regional and size differences affect the performance of Italian firms smaller than 250 employees. In particular, the almost total absence of internal transitions by size categories would seem to be evident, reflecting the absence of internal growth.
In addition, small Italian firms often suffer from organizational malaise that does not allow career paths for young people because the organization of small and medium-sized enterprises (SMEs) is often unstructured and poorly organized.
Being small in a big world does not make much sense. And yet these dimensions have been known for decades.
Is it, perhaps, time, accomplice to the scenario of declining markets and geopolitical uncertainty, to undertake a political initiative of "industrial policy" that through laws and economic instruments allows an evolution of the current model of governance by expanding the capital, and therefore the power of direction, to those who can foster the dimensional and cultural growth of Italian enterprise? That is, all of us, that is at stake.
Associate Partner @Human Value | Executive&Middle Management Search, Coaching, Transactional Analysis
1 annoBravo Luigi, finalmente qualcuno che scrive due numeri chiari che danno la misura di come è fatta la nostra economia.