Prepararsi alla guerra salvando le strategie digitali: buoni propositi per un 2023 privo di lookalike
Il 2022 è stato certamente un anno di guerra.
L'inizio degli anni 2000 sarà ricordato per le guerre sporche: il terrorismo internazionale ha condizionato pesantemente il primo decennio del nuovo millennio.
Gli anni '10 dovranno necessariamente essere ricordati come gli anni della guerra non lineare: la guerra fatta di disinformazione e troll, di atticchi cyber e di difese maldestre (Prism e lo spionaggio digitale sopra tutti). Saranno ricordati anche per gli investimenti nel digitale (e nelle AI) della Cina, per le fabbriche di fake news russe, per le ondate di populismo digitale. Tutto questo è stato reso possibile anche dai social network (diventati sempre di più social media).
Le democrazie sono tradizionalmente lente a reagire alle novità della comunicazione: pensiamo alla forza della radio nella presa del potere di nazismo e fascismo e a quanta forza politica ha guadagnato la disinformazione o quanto sono pervasive le continue menzogne cinesi verso il proprio popolo (che grazie alle VPN, però, vengono scoperte ogni giorno di più, come, per esempio, il pubblico festante del Qatar privo di mascherine e bellamente assembrato).
Difficile attribuire solo alla libertà di espressione americana la responsabilità di tutto questo, e alla conseguente libertà dei social network, ma appare evidente che vi sia stato uno scambio in passato:
io, governo federale USA non ti rompo le scatole mentre fatturi con il tuo modello di adv disinfuzionale, tu social network con miliardi di iscritti o big del digital con una caterva di dati, mi lasci spiare impunemente. Tutto questo in nome della supremazia tecnologia e della infowar.
Tutto bene, non fosse che c'è un player politico in questa partita per nulla contento, ed è l'Unione Europea. Abbiamo già detto della querelle rispetto a Google Analytics, ma quello è stato appena l'inizio.
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I provvedimenti già approvati, Digital Service Act e Digital Markets Act segnano un punto di svolta profondo nella guerra in atto tra i big del digital (altresì detti GAFAM) e la UE.
Da un lato si chiede ai grandi gestori di contenuti, anche di pura aggregazione, di effettuare un controllo più stringente su di essi, dall'altro si vuole limitare fortemente la capacità delle big tech di acquisire dati di consumatori e aziende europei.
Dal punto di vista del lavoro quotidiano, dal Maggio 2023 saremo impossibilitati a caricare elenchi di email di clienti, pur avendo il permesso di cessione terzi correttamente rilasciato, sulle piattaforme pubblicitarie: non avremo dunque più accesso a pubblici lookalike creati con dati di prima parte (a meno che non ci creiamo degli stack tecnologici di martech in casa, o soluzioni similari, ma di questo parleremo in futuro) e non potremo usare Google Ads e Meta Ads per segmentare i nostri clienti e colpirli con adv profilate.
Sarà l'ennesimo momento in cui il nostro lavoro di digital strategist, marketer, eccetera eccetera eccetera si vedrà minacciato, compromesso: strategie e KPI andranno in affanno e ci lamenteremo ancora e ancora del decisore europeo.
Il mio invito è a ricordare sempre il quadro generale, che troppo spesso ci sfugge, e a considerare le crisi opportunità. Banale, forse, ma la partita che si sta giocando riguarda gli equilibri economici e tecnologici del futuro, il rispetto del dato personale e la supremazia tecnologica. Da parte mia credo sarà sempre più importante per aziende e brand investire in piattaforme con dati propri e segregati (tracciabili e in Europa), stack tecnologici in-house (anche se in-cloud, qui il discorso si allarga quasi all'infinito) e un rispetto profondo per i dati di clienti, fornitori, partner, persone.
L'equità del dato, obiettivo del futuro, passa da qui: semplice di certo non è, ma chi si aspettava che il futuro del digitale sarebbe stato semplice?
In fondo sapevamo da sempre che questo momento sarebbe arrivato: l'importante, di fronte alle difficoltà, è farsi trovare pronti.
Entrepreneur, Strategic Consultant, and Executive Coach specializing in change management, corporate communication, project management, and workplace well-being, with a focus on international growth.
2 anniGrazie Michele Travagli: articolo super interessante (e tralasciando i dettagli, accessibile nell'insieme anche ai non tecnici). Aggiungo che la latitanza di una stampa libera indipendente e seria, purtroppo pure a livello globale, non fa che peggiorare la situazione. Il social Network a mio avviso è sempre stato un Social Media, senza le regole e senza i vincoli dei Media, senza controllo: solo che ora ne vediamo tutti (?) la deriva, che però era ben annunciata. La Storia si ripete, sempre con forme modernizzate ma con meccanismi identici, e c'è ancora chi si illude che le storture, le manipolazioni, la propagande e la censura siano accettabili "in casi eccezionali", salvo non rendersi conto che l'eccezionalità è per sua natura indefinibile, un po' come la modica quantità :-).....
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2 anniOttima analisi Michele! Condivido il pericolo da te citato dell'uso dei social network per fare propaganda. Inoltre la convergenza de mondo reale con quello virtuale trasformerà necessariamente il Digital marketing e sono necessarie nuove regole di utilizzo dei dati personali