Prepararsi alla ripartenza là dove tutto è iniziato. Le nuove regole del commercio verso la Cina, oggi.

Prepararsi alla ripartenza là dove tutto è iniziato. Le nuove regole del commercio verso la Cina, oggi.

Nel 1866 l’ammiraglio piemontese Arminjon tornava dal suo viaggio in Cina, dove si era recato per consolidare i rapporti commerciali tra quell’area del mondo ed il nascituro Stato Italiano: all’epoca la nostra maggiore aspettativa verso quel Paese, da un punto di vista commerciale, era quello di “accodare” i nostri trattati a quelli già stabiliti dalla Corona Britannica.

Ciò nonostante, il Paese del “Catai” è da sempre una delle mete più ricercate dall’Italia e dagli Italiani: Marco Polo ed il suo “Milione”, la prima missione di Matteo Ricci sempre in Cina fu uno dei primi grandi incontri in epoca premoderna tra il Cristianesimo ed il Confucianesimo e così dell’Europa con l’Asia, e di esempi ce ne sarebbero decine, che non sono però il tema di questo articolo.

Il tema di questo articolo è, in effetti, capire come oggi durante il propagarsi dell’epidemia del COVID-19 potranno evolvere i modelli commerciali tra il nostro Paese, l’Italia, e la Cina.

L’introduzione serviva per sottolineare ancora una volta e per inciso quanto i rapporti con quella nazione siano stati fondanti degli interessi nazionali italiani in Asia: la storia porta ad una sua stessa ripetizione e rafforzamento e credo anche per questo l’Italia abbia siglato il patto della “Via della Seta” con il colosso asiatico, causando il “forte fastidio dei nostri cugini Europei ed Americani”.

La Cina oggi, con le proprie “donazioni di aiuti umanitari”, sta agendo esplicitamente per mostrare a tutto il mondo quanto voglia essere vicina all’Italia in questo momento del bisogno, per ragioni che tutti ben comprendiamo. Sempre per lo stesso motivo nei giorni scorsi l’AD di Huawei Italia Thomas Miao scriveva che l’emergenza coronavirus in Italia dimostrasse quanto l’accordo sui 5G fatto con loro (=con lo Stato cinese, passando per un’azienda privata) fosse indispensabile per l’Italia e, anzi, fosse solo l’inizio di una più corposa collaborazione sullo sviluppo digitale e tecnologico dei due Paesi, insieme.

Questa la visione, in sintesi, d’insieme e fuor di ogni commento e simpatia politica, che per abitudine non tratto su Linkedin, per la diversa natura del mezzo.

Nel mentre, sono migliaia le aziende italiane che hanno investito, in maniera più o meno rilevante in Cina e meno che mai in questo periodo la situazione è delicata, anche nella gestione dell’emergenza: amici che lavorano come Advisor ed imprenditori in Cina, in particolare tra Shanghai ed Hong Kong ma con visibilità su tutto il Paese, mi stanno comunicando in questi giorni che “di là” si sta predisponendo un imponente cambio di mentalità sui modelli di gestione e compliance inerenti la gestione delle aziende estere sul loro territorio.

Ovviamente nell’ottica di evitare un ripetersi di una nuova epidemia “di rientro”, ma anche perché – forse – a Pechino si sono anche un po’ resi conto che il mondo potrebbe anche, un domani e passata l’emergenza, valutare di investire in Cina con minore intensità, nel caso non si adeguino a standard di sicurezza allineati a quelli dell’Occidente e del Giappone.


Nello specifico, ho scoperto ieri sera parlando con Pier-Domenico Peirone, che vive tra l’Italia è Shanghai, Executive Director di Pathways Asia Co Ltd, che ringrazio per l’aggiornamento e le informazioni anche seguito del suo intervento in Confindustria Cuneo / Alba di qualche settimane fa ed ai webinar di questi giorni tramite Confindustria Bergamo, che OGGI la Cina sta prendendo provvedimenti concreti a supporto delle aziende regolarmente registrate sul proprio territorio. La legge sugli investimenti esteri entrata in vigore il 01 gennaio di quest’anno parifica le aziende a capitale straniero a quelle di capitale puramente cinese. Ne consegue che tutte le filiali cinesi di aziende estere potranno farne richiesta.

Sempre in ambito economico, il COVID-19 ha portato la Cina a promulgare misure di contenimento che vanno ad incidere sull’operatività aziendale delle imprese locali tanto che la regolare attività è possibile riprenderla e mantenerla solo se in compliance con queste norme.

Ed ecco un’interessante conseguenza relativa alla nostra normativa che coinvolge le “headquarter” italiane con filiali cinesi: la necessità di aggiornare il proprio modello organizzativo aziendale - sulla base del D.Lgs. n. 231/2001 – e ottenere contemporaneamente i requisiti utili alla valutazione del rischio aziendale per la sicurezza del lavoratore come previsto dall’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008.

Insomma, in “un colpo solo”, dove vado a regolarizzare la filiale cinese metto anche a norma la casa madre italiana.

Pier-Domenico, come me, è piemontese e come spesso accade con professionisti anche di background internazionale, ma provenienti dalle nostre lande, è molto concreto e mi ha dettagliato come l’adeguarsi agli standard passando per azioni rapide e “scritte nella pietra”, sia oggi l’unica cosa da fare per evitare l’incagliarsi delle nostre aziende in Cina.

Niente “poi si vedrà”, insomma: nel Catai una gestione all’acqua di rosa non premia, come potevamo immaginare, neanche ai giorni nostri…e sono poche le aziende italiane che si stanno muovendo in quel senso, anche comprensibilmente vista la situazione stante oggi nel nostro Paese, ma anche forse per un nostro approccio in generale non troppo attento a questa tipologia di aggiornamenti.

Perché, però, farlo in fretta: perché è il primo step, operativo ma essenziale, per ottenere due effetti in tempo, uno di breve ed uno di medio-lungo periodo.

L’effetto positivo di breve periodo è l’accesso ai sussidi/incentivi che lo Stato Cinese sta mettendo in pista a favore delle aziende che hanno sede legale nel loro perimetro territoriale: se non sei a norma anche con le nuove disposizioni sul COVID-19, i punteggi per l’assunzione dei fondi statali saranno più bassi di chi lo sarà (e vogliamo vedere se le aziende tedesche, francesi, americane e cinesi stesse saranno più o meno rapide nel farlo?).

L’effetto di lungo periodo, una volta passato lo tsunami della pandemia, oltre a non aver chiuso nel frattempo la “rotta cinese”, sarà quello di avere dei modelli adeguati al rafforzamento del business in Cina e, sul versante italiano, i responsabili della sicurezza aziendale sapranno di poter garantire alla loro società il pieno rispetto del normato italiano in materia, oltre, ovviamente, alla tutela dell’eventuale lavoratore trasfertista che si recherà in Cina per attività commerciali presso la filiale locale.

Per maggiori informazioni potete visitare il link: http://www.thesquare.blog/

Perché sono importati questi aspetti? Perché la Cina, per un po’ di mesi, sarà probabilmente il principale mercato di sbocco per il Made in Italy.

I mercati esteri di riferimento tipici dell’Italia – USA, Sud America, Germania, Francia – saranno fuori gioco per parecchi mesi sempre a causa del COVID-19, mentre la Cina già ha ripreso le proprie attività. Il primo Paese a liberarsi dalla pandemia, potrebbe essere l’Italia: vogliamo o no, questa volta, cogliere l’occasione di non restare indietro là dove c’è la possibilità di recuperare uno svantaggio?

Il futuro delle nostre relazioni commerciali con la Cina, immagino quindi che dovrà necessariamente passare anche per l’adeguamento agli standard di sicurezza “post” crisi.

Spero, come già condivido anche con Pier-Domenico, che dal canto suo la Cina saprà organizzare al meglio il proprio sistema sociale e produttivo, per evitare un futuro ripetersi in altra forma di situazioni analoghe all’attuale.

Solo tramite questo tipo di sinergie globali, in cui gli interessi degli Stati continueranno certamente a confliggere almeno in parte, fatte di regole e valori più condivisi di quanto non lo siano oggi, si potrà raggiungere un sistema più sostenibile ed a “rischio controllato”, per il bene di tutti.

Voglio sperare che la direzione del dialogo e del rispetto di norme ed usi condivisi ed evoluti, sia il futuro che ci attende al termine di questa crisi.





 

Lorenzo Mario Garnero

DISTRIBUTORS CHANNEL MANAGER - MARKETING MANAGER

4 anni

Ottimo articolo. Forse possiamo prendere esempio. In modo positivo e senza pregiudizi. #ripresa

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