Presente e futuro del lavoro umano
Quaranta anni fa il mio lavoro di antropologo consisteva nell'osservare i modi del lavorare, in villaggi isolati lungo i fiumi dell'Ecuador - come potete vedere nella fotografia qui sopra. Trent'anni fa il mio lavoro consisteva nel definire l'organizzazione del lavoro all'interno di una grande casa editrice. Venti e dieci anni fa il mio lavoro di consulente e formatore consisteva nel cercare di accompagnare persone impegnate nel lavoro verso maggiore consapevolezza e responsabilità.
'Lavoro' è stato, per tutti questi anni, sinonimo di 'lavoro umano'. Oggi, però, questo non sembra più vero. Se c'è, come si dice, un lavoro che può essere svolto da macchine, senza l'uomo, siamo chiamati a chiederci cosa sia in realtà, cosa sia oggi, e cosa sarà domani, il lavoro umano.
Il lavoro delle macchine sembra non esigere pause. Il lavoro dell'uomo è caratterizzato dai ritmi della vita. Lavoro e riposo. Lavoro e ferie. Sto scrivendo alla fine di luglio. Auguro buone ferie - a tutti coloro che possono permettersi di andare in ferie. Ma invito anche non evitare i grandi temi, che riguardano ogni manager, ed ogni lavoratore. Attorno a questi temi, un ciclo di incontri presso la Casa della Cultura di Milano, nel prossimo autunno. Fin d'ora siete invitati a partecipare.
PRESENTE E FUTURO DEL LAVORO UMANO. Ciclo di incontri presso la Casa della Cultura di Milano a cura di Ferruccio Capelli e Francesco Varanini. 29 settembre, 6 ottobre, 20 ottobre, 27 ottobre 2017
Il lavoro è, in prima accezione, 'applicazione di energia per il conseguimento di un fine'. Questa definizione abbraccia sia di 'lavoro umano', sia il 'lavoro di una macchina'. Ma, allo stesso tempo, il lavoro è, per noi donne e uomini, una imprescindibile parte costitutiva della nostra vita. Il lavoro è piacere, manifestazione di sé, costruzione del mondo.
Fino ad un recente passato questo doppio senso del lavoro era riconciliato dal fatto che qualsiasi tipo di lavoro comportava necessariamente l'attiva presenza umana. Ciò non è più vero. Ogni tipo di 'lavoro umano', si afferma, può essere sostituito dal 'lavoro' di una macchina. Dobbiamo considerare quindi un nuovo scenario, nel quale è possibile -e secondo alcuni attori sociali auspicabile- un 'lavoro senza l'uomo'. Non solo: dobbiamo prepararci a un possibile futuro nel quale macchine lavoreranno autonomamente, autoregolandosi in modo del tutto indipendente dall'uomo.
Spinti, o costretti da derive tecnologiche, economiche, finanziarie, ideologiche, abbiamo l'opportunità di guardare con sguardo libero da pregiudizi al presente ed al futuro. Non serve chiedersi cosa resti di un 'lavoro umano' inteso così come lo conoscevamo. Si tratta piuttosto di chiederci 'cosa sta diventando, come sarà il lavoro umano'.
29 settembre, ore 18-20. Il lavoro come affermazione di sé. Francesco Varanini e Ferruccio Capelli conversano con Franca Olivetti Manoukian e Enzo Spaltro.
Il lavoro è manifestazione irripetibile della persona: è quindi segnato da genere e differenze. Il lavoro è affettività, dono, frutto di un atteggiamento etico, manifestazione di pulsioni, autocreazione.
Possiamo assumere che l'essere umano desidera impegnarsi nel lavoro. Ma dobbiamo chiederci come possa il lavoratore mettere in campo sé stesso in un presenza di tecnologie che impongono distanza e separazione tra il lavoratore e l'oggetto del lavoro.
Dobbiamo chiederci dove sta l'essenza del lavoro umano, in un quadro dove interessi e poteri sembrano considerare sempre meno rilevante il lavoro umano.
6 ottobre, ore 18-20. Vecchie e nuove fabbriche, vecchie e nuove aziende. Francesco Varanini e Ferruccio Capelli conversano con: Anna Grandori, professore di organizzazione aziendale, Luciano Pero, consulente e ricercatore.
Ci troviamo di fronte all'imposizione di un nuovo terreno: piattaforme digitali totalmente progettate, dove l'essere umano, cittadino e lavoratore, rischia di perdere la propria libertà. Cittadinanza e lavoro sono ridotti a 'spazi di utenza' già definiti, rispetto ai quali sembra negato lo spazio di azione sociale e di negoziazione.
Ma anche dietro il cloud o nuvola nella quale operano le imprese 'digitali', continuano ad esistere, in qualche luogo del pianeta, data center, dove sono ospitati server, macchine sulle quali si appoggiano i dati.
Allo stesso modo, dietro a qualsiasi prodotto o servizio materiale o immateriale, esiste, in un luogo vicino a noi o remoto, in un luogo visibile o invisibile, una fabbrica. Sono fabbriche i luoghi dove si producono beni materiali. Sono fabbriche i luoghi dove si producono servizi, come i call center. In ogni fabbrica si assiste alla sostituzione del lavoro umano con il lavoro svolto da macchine e robot.
Eppure, le piattaforme digitali possono anche essere intese come spazi di libertà, terreno sul quale affermare nuovi diritti. Possiamo anche prefigurare una 'azienda digitale' intesa come luogo di incontro di interessi diversi, spazio di compartecipazione.
20 ottobre, ore 18-20. Il lavoro senza luogo e senza tempo. Francesco Varanini e Ferruccio Capelli conversano con Sergio Bologna, ricercatore sociale, Anna Maria Ponzellini, sociologa, Giuseppe Vincenzi, informatico e artista.
C'è un 'lavoro umano' che conosciamo: un lavoro che ha un luogo e un tempo. Un luogo dove 'si va a lavorare' Dove i lavoratori si ritrovano insieme, e dove emergono forme di solidarietà. Un 'tempo di lavoro', che lascia 'tempo libero'. Un tempo che è misura del valore del lavoro. Un tempo che permette di individuare un limite al di là del quale possiamo parlare di 'sfruttamento', e che è la base consueta degli accordi contrattuali.
Ci troviamo di fronte oggi ad un lavoro che ci appare privo di luogo -l'uomo si trova a lavorare in luoghi privi di radicamento nel mondo, 'luoghi digitali'. Il lavoro è continuamente de-localizzato, in aree geopolitiche scelte di volta in volta in funzione della compressione del costo. L'uomo vive in un luogo, ma l'offerta di si sposta continuamente in luoghi diversi.
Con la separazione del lavoro dal luogo, sembra venir meno la 'fedeltà al proprio lavoro', e sembra scomparire la dimensione sociale del lavoro: ogni persona è isolata. Ma una nuova affermazione di sé ed una nuova socialità possono essere cercate nei 'luoghi digitali'.
Ci troviamo di fronte ad un lavoro privo di tempo: tende a perdere senso la nozione di orario di lavoro, tende a scomparire la segmentazione della vita in periodi esclusivamente dedicati allo studio, al lavoro, alla pensione. Tende a scomparire il confine tra 'tempo di lavoro' e 'tempo libero'; tra ‘tempo pubblico’ e ‘tempo privato’.
La nuova situazione digitale -lavoro senza tempo e senza luogo- ci offre l’opportunità di ripensare le stesse situazioni di lavoro che oggi viviamo.
L’esperienza femminile mostra i limiti di queste separazioni: il tempo vissuto lontano dal luogo di lavoro non è tempo libero, ma tempo dedicato al lavoro domestico e di cura.
Si può così anche superare l'equivoca nozione di 'tempo libero' che è, nelle intenzioni di qualche attore politico-economico, nient'altro che tempo che l'essere umano dovrebbe dedicare ad un altro lavoro: 'il lavoro del consumatore'.
La scomparsa della divisione ‘tempo di lavoro’ e ‘tempo libero’ può essere intesa come nuova libertà. La nuova situazione apre la possibilità di pensare il lavoro come attività svolta da donne e uomini durante l'intero arco della propria vita.
27 ottobre, ore 18-20. Lavoro senza remunerazione e remunerazione senza lavoro. Francesco Varanini e Ferruccio Capelli conversano con Sandro Antoniazzi, leader storico del movimento sindacale e Marilena Ferri, Direttore Risorse Umane Gruppo Autogrill.
Una consolidata tradizione ci porta a considerare che possa essere definita 'lavoro' solo una attività remunerata tramite compenso in denaro. Ma siamo di fronte ad progressiva contrazione dell'offerta di lavoro remunerato tramite compenso in denaro.
Alla scarsità di lavoro adeguatamente compensato in denaro, corrisponde necessariamente l'affermazione di modalità diverse di remunerazione monetaria dei cittadini, slegata da attività lavorative.
C'è il lavoro la cui remunerazione in denaro appare sempre più ridotta, ci sono le varie manifestazioni di lavoro non remunerato: conosciamo bene il lavoro domestico della donna, conosciamo il lavoro volontario. Crescono d'altra parte le forme di 'economia circolare', dove il lavoro è remunerato con controprestazioni.
Possiamo osservare che l'uomo che in ogni caso lavora; si impegna in una attività. Possiamo tornare a chiederci in cosa consista l'ozio. Possiamo considerare forme di 'lavoro' le spesso faticose attività svolte nel 'tempo libero': ad esempio attività sportive.
Ci troviamo così a porre nuova attenzione al lavoro ricompensato in modo immateriale: il lavoro svolto in un quadro di economia del dono, gratuità; il lavoro svolto per affermazione di sé, contraccambiato da reputazione, pubblico riconoscimento. Ci troviamo anche a chiederci, di fronte a queste manifestazioni del lavoro, dove stia il limite dell'investimento personale, e dove stia la giustizia sociale.
Head of CaFirst CISL Dept. , Director of the legal committee of Fiba Foundation, Scientific Director European Projects APF First Cisl
7 anniseguo sempre con grande interesse quanto scrivi. sensibilità comuni, affinità. dai tempi della mia (scarna) collaborazione a Bloom... passando per le profetiche rime di "t'adoriam budget divino" fino ad oggi. ti ho anche citato in alcuni libri... a proposito della tua intuizione delle "organizzazioni interstiziali" ad esempio... complimenti anche per questi ulteriori spunti.
Head of CaFirst CISL Dept. , Director of the legal committee of Fiba Foundation, Scientific Director European Projects APF First Cisl
7 anniComplimenti, Francesco. Seguo sempre
Workforce Reward Leader; Counselor
7 anniGrazie Francesco. Tutto molto interessante e attuale. Messo in agenda gli appuntamenti . Seguirà iscrizione? A presto Marina