Previdenza integrativa nel 2019: dove siamo?
Sebbene in Italia la previdenza integrativa abbia ormai piu' di vent'anni, i dati mostrano che la pianificazione finanziaria individuale deve ancora diventare adulta: le adesioni infatti sono ancora inferiori al 30%.
E non ci si aspetta che siano le generazioni piu' avanti con l'eta' a segnare il passo delle nuove tendenze di risparmio. Dovrebbero essere i giovani professionisti quelli piu' sensibili a questo tema: infatti, saranno gli individui sotto i 35 anni ad essere piu' esposti alla mancata sostenibilita' della previdenza pubblica; sono inoltre quelli che fin dall'inizio della loro carriera sono stati penalizzati dal sistema contributivo; sono inoltre la generazione piu' coinvolta nella neo-mobilita', quella che vive e lavora all'estero, quella che non paga le tasse in Italia ma in diverse zone del mondo, quella con piu' iscritti AIRE.
Cosa manca a questa generazione per risvegliarsi da questo sonno finanziario?
Per citare Antonio Barbieri, Responsabile Ufficio Investimenti Previdenziali e Istituzionali Arca Fondi SGR:
"Sicuramente manca la consapevolezza, e molto probabilmente si ignorano ancora i vantaggi fiscali immediati e futuri così come la possibilità di utilizzare le risorse accumulate nel fondo pensione per specifiche necessità anche prima del pensionamento vero e proprio."
Eppure le pensioni integrative non sono proprio una novita'.
Il secondo pilastro della previdenza ha posto il primo mattoncino tra il 1998 e il 1999. Le riforme del sistema previdenziale in vigore dal 1996, che prevedevano il passaggio dal sistema retributivo al contributivo, resero necessarie le condizioni per creare una pensione integrativa per quelle generazioni penalizzate dal cambio. Infatti in contributivo, a differenza del calcolo retributivo, prevede che le pensioni vengano pagate sulla base delle contribuzioni fatte durante tutto l'arco della propria carriera professionale. Un tipo di sistema che lascerebbe molti giovani professionisti di oggi senza una pensione o con una mensilita' molto misera. Da qui, l'esigenza di dover integrare per conto proprio.
Tuttavia, la storia delle pensioni complementari ha iniziato a essere rilevante da circa un decennio, cioe' da quanto e' nata la possibilita' di prelevare il proprio TFR e reinvestirlo in fondi comuni. I dati COVIP di fine 2018 mostrano una realtà che si e' sviluppata nel tempo, con quasi 167 miliardi di euro di risorse destinate alle prestazioni.
Ma in molti aspettano ancora la pensione dal primo pilastro, la previdenza pubblica, come facevano i nostri nonni e i nostri genitori. Oppure non ci pensano proprio e preferiscono buttarsi a capofitto nei loro percorsi professionali, sperando di accumulare "quanto serve" dal proprio lavoro e dal proprio salario o, in altre parole, dal proprio capitale attivo, dalla propria energia fisica, dalla propria performance professionale. Tendenza tipica, quest'ultima, proprio di chi si trova all'estero e puo' trarre vantaggio da circostanze professionali migliori e salari piu' alti.
Ma il risultato possibile, per chi come noi ha avuto l'ambizione di esplorare opportunita' differenti, e' il rischio paradossale di avere una fragilissima situazione finanziaria, costituita soltanto da liquidita' bancaria come asset e nessun canale di entrata passiva.
Il migrante moderno dovrebbe costruire la sua stabilita' finanziaria partendo da un presupposto: non aspettarsi che il primo pilastro sostenga le sue finanze personali. E probabilmente nemmeno il secondo. L'emigrato istruito che lascia l'Italia per cercare nuove opportunita' in Australia, Nuova Zelanda e Cina, dovrebbe pensare direttamente al terzo pilastro: la previdenza supplementare. O, detto semplicemente, le pensioni private.
In altre parole, immagina che una situazione finanziaria forte sia metaforicamente espresso da una Bellissima spiaggia soleggiata: ha senso aspettare un autobus che molto probabilmente non passera' mai per arrivarci? O ha piu' senso attrezzarsi per conto proprio, magari noleggiarsi un'auto o al limite andarci in bicicletta, invece che aspettare all'infinito sotto una pensilina quel veicolo che potrebbe non passare?
Il terzo pilastro della previdenza, la pianificazione individuale, si sta evolvendo anche in Italia e sicuramente trova in Hong Kong, per ragioni di contesto, uno dei centri piu evoluti. Uno dei principali elementi della pianificazione privata e' il piano d'accumulo di capitale , comunemente detto PAC.
Il PAC prevede il versamento periodico di una somma prefissata in un prodotto finanziario. Generalmente, i PAC in Italia richiedono l'elargizione di una somma iniziale di partenza e poi una contribuzione mensile. A Hong Kong ci sono piani ai quali si contribuisce con annualita' prefissate e regolari. I piani italiani in generale vanno avanti fin quando il contribuente decide di interromperli perche' e' arrivata l'eta' del ritiro oppure perche' non e' piu' interessato. A Hong Kong ci sono piani piu' corti e di durata prefissata, per esempio di 5 o 10 anni, alla fine dei quali il capitale accumulato viene lasciato a maturare senza ulteriori contribuzioni. In Italia il ritorno dei propri investimenti e' tassato, salvo prodotti finanziari specifici che prevedono agevolazioni fiscali. Ad Hong kong non c'e capital gain tax, e quindi non sono previste tasse sui ritorni di investimento con ritorni netti ovviamente piu' alti. Tuttavia, nel caso si decida di lasciare le liste AIRE, per rientrare nell'anagrafe del comune italiano di appartenenza, i propri asset esteri dovranno essere dichiarati al fisco italiano.
I vantaggi dei PAC stanno nella regolarita' e nella scelta della contribuzione. In altri termini, si puo' costruire la propria pensione prelevando una percentuale dal proprio salario e mettendola in un fondo pensione. Oppure si possono utilizzare capitali fermi in banca, o bonus e commissioni pagate dall'azienda per la quale si lavora.
I PAC sono inoltre stumenti ottimi per chi non vuole rischiare: le contribuzioni regolari e i ritorni sul lungo termine permetteranno all'istituzione finanziaria di controbilanciare anni di mercati negativi con anni di mercati positivi, avvicinandosi alle proiezioni pensionistiche fatte.
Un terzo vantaggio dei PAC sta nel eliminare bias emotivi e psicologici tipici degli investitori che cercano guadagni in diversi tipi di dispositivi finanziari, come nelle azioni: per esempio, se si e' comprato delle azioni ma si assiste ad una caduta al ribasso dei mercati, e' molto facile essere attanagliati dall'"ansia dell'investitore", puntando a vendere e quindi generando perdite. Con i PAC, la volatilita' dei mercati e' meno sentita, generando accumulazione di capitale in maniera piu' lenta ma anche piu' tranquilla.
Un quarto vantaggio del PAC sta nella possibilita' di essere investitori senza avere grandi conoscenze in materia. Il piano di accumulo consente a tutti di mettere i propri soldi al lavoro per generare ricchezza, creare una pensione o un canale di entrata passiva, senza necessariamente dover essere un'analista di mercato.
Infine il PAC e' uno strumento che consente di mettere il proprio risparmio a lavoro da subito. Uno dei comportamenti piu' comuni degli italiani all'estero e' l'accumulazione del proprio capitale in banca. Questo tuttavia ha due costi: il primo legato all'inflazione (un capitale di 100,000 euro fermo in banca te ne costa 2,500, che si trasformano in polvere); il secondo e' il costo-opportunita' di non partire perche' si ritiene di non poterselo permettere, perdendoci in capitalizzazione composta, che accresce con il tempo.
In conclusione, questa sara' la strada da seguire. Il cammino previdenziale delle nuove generazioni volgera' in maniera sempre piu' spedita verso la previdenza integrativa. Il secondo e il terzo pilastro segneranno la stabilita' finanziaria dei connazionali all'estero, ma anche degli Italiani rimasti nello stivale. Per farsi trovare pronti bisognera' colmare le lacune che mantengono ancora basso il livello odierno di adesione e alto quello di diffidenza. Informazione, consulenza e azione saranno alla base della forza finanziaria della generazione oggi attiva e produttiva, ossia i professionisti single e le famiglie che oggi si trovano fra i 25 e i 45 anni.