PSICOGERIATRIA E DEMENZE
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PSICOGERIATRIA E DEMENZE


Ieri sono intervenuto sulle frequenze di Radio Roma Capitale (FM93) per sensibilizzare l'opinione pubblica verso un argomento di attuale importanza come le Demenze.

La psicologia dell'invecchiamento, chiamata anche Psicogeriatria, è una costola della psicologia che studia le varie problematiche, sia psicologiche che neuropsicologiche dell'anziano, nell'evolversi del normale processo fisiologico e patologico. Tutte le persone sono uniche ed invecchiano in modo diverso in relazione al contesto sociale e familiare di appartenenza, alla predisposizione genetica e dalle condizioni di vita presenti e precedenti.

Riporto di seguito alcune delle modificazioni a cui la persona anziana va incontro:

  • modificazioni a livello neurologico che interessano la memoria a breve termine e la capacità di iniziare e mantenere dei ragionamenti complessi. In particolare, dopo i 65 anni, la perdita della memoria è un problema che non dovrebbe essere sottovalutato in quanto potrebbe essere la spia di allarme di qualche patologia più severa, come la demenza;
  • modificazioni biologiche e fisiche. In effetti, in questa fase della vita sono frequenti i problemi legati alla pressione, ossatura, vista e udito, debolezza o mancanza di concentrazione. In questo senso, la persona avverte un continuo e progressivo cambiamento e smette di svolgere alcune attività;
  • modificazioni relazionali ed emozionali. In questo senso, la rete amicale e sociale è limitata sia a causa dei cessati rapporti di lavoro che della morte di parenti ed amici. A questo si aggiunge la lontananza dei figli. Questo senso di solitudine contribuisce a far emergere sia un senso di isolamento che causare un grande dolore interiore.

Nell'ambito della Psicogeriatria, sempre con più frequenza, si affronta il problema della Demenza. Il Ministero della Salute sostiene che le persone con demenza, in Italia, ammontano a circa un milione e purtroppo questo dato è in progressivo aumento.

Per Demenza si intende una particolare condizione clinica descritta da un continuo deterioramento cognitivo, in particolare la memoria, il linguaggio e il livello di attenzione. Questo malessere generale interferisce in modo significativo con il normale svolgersi delle attività quotidiane della persona che ne è affetta. Tra le Demenze identificate che si riscontrano con più frequenza troviamo:

  1. La malattia di Alzheimer;
  2. Demenza nella malattia di Parkinson;
  3. Demenza vascolare;
  4. Demenza con i corpi di Lewy.

In particolare la malattia di Alzheimer (Alzheimer's Disease) viene definita come una patologia neurodegenerativa descritta da un decorso cronico e progressivo. Tra tutte le Demenze, l'Alzheimer è la più comune soprattutto nella popolazione anziana. Si stima che ad essere affetti da questa particolare condizione sono circa il 5% della popolazione sopra i 65 anni.

Il primo studioso a descrivere ed analizzare questa malattia fu il dott. Aolis Alzheimer, un neurologo di origine tedesca. Egli dedicò tantissimo tempo e studio verso questa particolare Demenza ed osservò che all'origine di questa malattia vi è un processo progressivo che distrugge le cellule del cervello favorendo un continuo deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive.

Le cause dell'Alzheimer sembrano essere legate all'alterazione del metabolismo di una proteina, precursore della Beta Amiloide (detta anche APP) che, per cause ancora in via di sperimentazione, inizia ad essere metabolizzata non correttamente formando una sostanza neurotossica, la Beta Amiloide, la quale lentamente si deposita nel cervello causando la progressiva morte neuronale. Ora arriviamo ai sintomi dell'Alzheimer. Essi, possono variare da persona a persona, ma il sintomo da non sottovalutare assolutamente è la perdita di memoria (all'inizio in forma leggera e successivamente più marcata e grave). A questo, con il tempo, si sommano altri problemi, tipo:

  • difficoltà nell'esecuzione delle normali attività quotidiane con perdita dell'autonomia;
  • disorientamento spaziale e temporale;
  • disturbi del sonno;
  • agitazione, deliri, allucinazioni.

Purtroppo, ad oggi non esiste una particolare ed efficace prevenzione ma diversi autorevoli studi sottolineano che l'incidenza della malattia possa essere ridotta diminuendo le patologie cardiache (pressione alta, colesterolo e tutte quelle condizioni che agiscono negativamente sul benessere vascolare). Per arrivare ad una diagnosi accurata di Alzheimer è importante sottoporre la persona ad esami cerebrali specifici, come ad esempio, la risonanza magnetica ad alta definizione. Quando le funzioni cognitive (memoria, pensiero, concentrazione) si deteriorano è opportuno che il paziente sia assistito anche negli aspetti più elementari della vita quotidiana come il mangiare o il camminare. Se da un lato la famiglia si assume la responsabilità della cura e assistenza del paziente, dall'altro lato anche i familiari hanno bisogno di un valido supporto e sostegno. Non sempre si riesce ad accettare ed affrontare la situazione in modo semplice. Proprio per questo che, in questi casi, per favorire l'accettazione della malattia del familiare affetto da Alzheimer, sarebbe importante richiedere un supporto di natura psicologica.

Cosa può fare lo psicologo?

In questo settore, questa figura professionale, trova un campo d'intervento molto prezioso e privilegiato nel condurre sapientemente terapie di riabilitazione, con l'obiettivo di stabilizzare quanto più a lungo possibile le capacità residue del paziente. E' opportuno saper progettare interventi mirati sia a sostegno della persona affetta da demenza che ai familiari. In particolar modo, possono essere necessari interventi mirati alla stimolazione cognitiva (che ha il beneficio di potenziare le funzioni mentali intatte); la Validation Therapy (che ha lo scopo di comprendere i motivi del comportamento del paziente); la musicoterapia (che attraverso i suoni di uno strumento o le parole di un brano riesce a far emergere le emozioni); la psicomotricità (aiuta la persona affetta dalla malattia ad affrontare la propria disabilità attraverso attività di movimento).

Il sostegno rivolto al paziente può essere in forma individuale o di gruppo. Il sostegno in gruppo dei pari ha il vantaggio di favorire le esperienze emotive importanti, aiuta a non sentirsi soli al cospetto della malattia. Il distress originato dall'accudimento di un familiare con demenza provoca conseguenze dannose per il caregiver, sia a livello fisico che psichico. Alcuni autorevoli studi hanno sottolineato come lo stress provato dal caregiver produca un significativo incremento dei disturbi comportamentali (De Vugt e collaboratori, 2004) e un aumento dei ricorveri in strutture assistenziali (Mittelman e collaboratori, 2004).

Nella relazione tra paziente e caregiver si può formare una specie di circolo vizioso che danneggia entrambe le parti in gioco. Infatti lo stress può incidere negativamente sulle condotte di approccio nei confronti del paziente. Per tali motivi, un intevento di sostegno psicologico rivolto al caregiver, si pone l'obiettivo di insegnare a gestire sapientemente lo stress.

Tale intervento comprende:

  • la valutazione dello stress del caregiver;
  • strategie efficaci per affrontare gli stressors;
  • colloqui di sostegno psicologico;
  • incontri di formazione.

La difficoltà maggiore nell'assistere un familiare affetto da demenza è che questa scardina tutti i presupposti relazionali sui quali ci siamo basati per tutta la vita. Non esistono delle regole precise oppure manuali da seguire, ciascuna situazione è un caso a sé. Se un familiare soffre di questa temibile malattia, sicuramente ne risentirà tutto il resto della famiglia. Richiedere un supporto psicologico non deve essere visto come un segno di debolezza ma di grande forza e responsabilità. Solo in questo modo sarà possibile affrontare la situazione e soprattutto gestirla con sapienza e fermezza.

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