Punizioni o sanzioni?
Nell'articolo precedente citavo la necessità di differenziare il perdono dalle semplici scuse, questo quando viene compiuto un atto, un'azione che non rispetta le regole costruite all'interno di una famiglia o del contesto sociale di appartenenza. Noi uomini scopriamo la nostra identità, la capacità di stare con gli altri e le nostre abilità in una continua prova di errori misurando il risultato delle nostre azioni tramite la reazione delle persone che abbiamo accanto. Se lo facciamo noi genitori, educatori, adulti non si riesce spesso a comprendere come mai non sia possibile per i nostri figli o giovani o ragazzi affidati. Sembra quasi che il loro errore, la loro mancanza, il loro infrangere le regole per vedere, verificare di persona le reazioni delle persone vicine, cioè crescere anche loro in un tentativo continuo per trovare poi l'azione corretta, non sia un comportamento accettato.
Da qui discende il fatto che evidentemente anche noi adulti abbiamo la necessità di impostare la nostra vita secondo una sequenza chiara che possa recuperare gli atti sbagliati che vengono compiuti. Spesso ragionando con altri genitori ci si chiede il senso della punizione perché sembra l’unica reazione normale che il nostro sistema valoriale ha imposto nelle mancanze agite di chiunque sia inserito in quella dimensione culturale. Cultura che si sta modificando troppo in fretta nei temi legati alla sicurezza e sta modificando di volta in volta il pensiero legato alla reazione dai comportamenti che riteniamo ingiusti. Vorrei soffermarmi su alcuni termini che spesso confondiamo come sinonimi nei nostri comportamenti di vita quotidiana: la punizione e la sanzione.
La punizione è quell'atto imposto dall'alto e quindi non scelto dal soggetto, dalla persona che ha compiuto un gesto errato spesso vista come una reazione ingiusta, una condanna non solo del gesto ma anche della persona. La sanzione invece è la possibilità che viene data a chi compie un gesto sbagliato perché possa in qualche modo redimere la sua situazione sottolineando il desiderio e la volontà di rientrare in quelle dinamiche di relazione serena che ha infranto con un agito errato. Nella sanzione c'è un tempo preventivo un tempo nel quale si contratta assieme e nel quale tutti ci sentiamo impegnati: genitori e figli, educatori ed educati, insegnanti e allievi. Nessuno è superiore alla regola perché a cuore c’è il benessere generale.
Che l’imposizione della punizione, viceversa, sia un'aggressione violenta a volte insensata perché contagiata dall'onda emotiva nella quale sembra che ci sia qualcuno che debba ristabilire un ordine sopprimendo come detto prima non solo l'azione ma pure una persona, non c’è un bene maggiore di riferimento ma solo una ingiusta giustizia frettolosa.
È a questo punto che vorrei introdurre un terzo termine nel concludere questa riflessione: la responsabilizzazione. Questa serve non solo a verificare un'azione sbagliata, a condannarla e a trovare poi dei percorsi di riappacificazione ma serve primariamente anche a noi adulti nel responsabilizzarci del compito educativo che spesso riteniamo come sostitutivo dell’autoritarismo, ciò di imporre regole solo per gli altri come noi ne fossimo al di sopra. Ci dimentichiamo infatti che anche noi siamo persone in crescita e non solo i nostri ragazzi perché si è genitori, educatori in un continuo in divenire e mettersi di fronte alla responsabilità dell'essere guida, dell'essere autorità nel senso etimologico del termine cioè di creare, essere creatori di opportunità, di occasioni nuove per noi e per gli altri non ci dà nessun potere supremo se non quello della maggiore responsabilità delle nostre azioni.
Allora ci renderemo conto che lo stare o meglio il so-stare di fronte alle regole infrante e di fronte ad una persona che chiede con desiderio di rientrare nella nostra fiducia serve una maturità scevra di acredine per il torto subito. Non brandiremo più il potere della punizione ma ci verrà data l’occasione di esercitare il potere di un abbraccio perdonante in grado di farci sentire noi adulti capaci di misericordia e loro giovani capaci di sentirsi ancora voluti.