Quale talento serve per rovinare qualcosa che funzionava?
Per chi fa il mio mestiere il tema del “talento” è fondamentale, come dire che è il cavallo di battaglia principale. Si, perché il talento ha a che fare con la nostra capacità di poter produrre risultati in specifici contesti o ruoli. Qualunque tipo di risultato.
Faccio un piccolo passo indietro e chiarisco cosa sia il talento e da dove prende origine, altrimenti, tutto quello che segue in questo articolo diventa incomprensibile, soprattutto perché voglio parlare del talento applicato alla politica e chiarire perché chi governa prende decisioni controintuitive o addirittura, autolesive per la propria Nazione.
L’etimologia del termine trae origine dal greco τάλαντον, talanton, e significava bilancia, peso. Il talento era dunque peso e valore che andava soggetto a variazioni a seconda del dove e quando. Il talento in Babilonia equivaleva a circa 30,3 kg di argento puro. Il talento divenne quindi una moneta, un’unità di massa convenzionale di metalli preziosi.
Cosa significa talento oggi?
Secondo la Treccani, fra i vari significati: “Ingegno, predisposizione, capacità e doti intellettuali rilevanti, spec. in quanto naturali e intese a particolari attività”.
Quindi, il talento è l’abilità naturale, l’inclinazione, la capacità di far qualcosa bene. Come dire che è una dotazione naturale che ci porta a produrre un valore in contesti specifici.
Appare chiaro che ogni ruolo o mansione richiede talenti dedicati. Ad esempio, se un imprenditore sta selezionando una responsabile amministrativa cercherà nei candidati il talento dell’organizzazione e precisione e se deve gestire anche il recupero crediti, sarà necessario che abbia anche il talento dell’empatia. Se i talenti sono posizionati nel posto giusto, per il ruolo, la persona sarà più produttiva.
Quindi, per creare valore servono talenti specifici.
E per creare disvalore? Che talento serve per rovinare qualcosa che prima funzionava?
Non è semplice spiegare questo concetto senza fare esempi. L’attualità ci viene in aiuto perché basta osservare le decisioni che prendono figure apicali nella politica per chiarirci le idee.
Chi ha la mia età ricorda la prima Repubblica e quello che è accaduto dopo. Con l’operazione “mani pulite” un improbabile magistrato diventa testimonial di eccezione finendo su tutti i telegiornali dell’epoca. Antonio Di Pietro, “da solo”, per chi ci crede, è il fautore di un totale ricambio generazionale della nostra classe politica.
Una classe politica “scomoda” perché aveva, fra i tanti difetti, il pregio di avere un minimo di senso dello Stato e quando serviva, era capace di alzare la testa per difendere gli interessi nazionali. Ricordo, ad esempio, Bettino Craxi che fece circondare la base di Sigonella dai Carabinieri creando una vera crisi diplomatica con gli Usa di Ronald Reagan. Nessun presidente del Consiglio della seconda Repubblica avrebbe mai osato tanto.
Con la seconda Repubblica arriva la nuova classe politica che doveva agevolare la transizione all’internazionalizzazione e al rafforzamento di un mondo occidentale unipolare a trazione neoliberale.
Con un cambio di strategia di questa portata servono persone con “talenti” adeguati in termini di soft skill e una conoscenza tecnica adeguata in termini di hard skill. Alle hard skill provvede L'Aspen Institute. Un'organizzazione internazionale che si definisce senza scopo di lucro fondata nel 1949 come Aspen Institute for Humanistic Studies. L'obiettivo dichiarato dell'istituto è:
la realizzazione di "una società libera, giusta ed equa" attraverso seminari, programmi politici, conferenze e iniziative di sviluppo della leadership.
Per capirci, i Presidenti del Consiglio e principali ministri italiani sono passati per l’Aspen Institute e ne sono soci. Anche Giorgia Meloni, per poter entrare nel salotto “buono” della politica internazionale è passata attraverso quella porta.
l'Aspen Institute annovera tra i finanziatori anche Soros e Gates, notoriamente “filantropi” che però troppo spesso si trovano in posizioni di conflitto d’interesse. Chissà cosa si raccontano all’Aspen Institute, per il nostro bene?
Ovviamente, a coltivare le hard skill della classe politica sono intervenute altre organizzazioni corporative come, ad esempio, Il WEF di Klaus Schwab (World Economic Forum) ma, non voglio perdermi in questi meandri.
Con questo breve passaggio, abbiamo chiarito quali sono e da dove provengono alcune competenze hard della nostra classe politica. Manca il tassello delle soft skill.
Come detto sopra, le soft skill, per qualunque ruolo, devono essere coerenti con i risultati che una persona produce e i risultati sono figli del fare di una persona. La cosa interessante dei risultati, buoni o cattivi che siano, è che sono visibili.
Quali risultati doveva produrre la nuova classe politica della seconda Repubblica?
Ce lo dice la nostra storia recente. Il declino economico, demografico e culturale che stiamo subendo è in gran parte frutto del fatto che non abbiamo la possibilità di portare avanti una nostra agenda dettata dai nostri interessi nazionali.
Siamo una colonia che sta introiettando modelli culturali dal centro dell'impero che non hanno nulla a che fare con la nostra storia e che ci stanno dissolvendo dall'interno.
Nel libro Sovranità o Barbarie, il ritorno della questione nazionale, Thomas Fazio e William Mitchell dimostrano come nella storia, lo Stato Nazione, sia stato l'unica cornice istituzionale e politica all'interno della quale le classi popolari hanno migliorato le proprie condizioni di vita, hanno creato uno stato sociale fondato sulle tutele e sulla giustizia redistributiva e hanno allargato gli spazi della democrazia.
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L'ideologia neoliberista degli ultimi anni ha cercato di distruggere il concetto di nazione e di Stato sovrano, per poter espandere le proprie logiche in ogni spazio e in ogni dimensione della vita comunitaria.
Per realizzare un piano così ambizioso, è stata preparate un’intera classe politica, senza distinzione di appartenenza. Abbiamo già riflettuto sul ruolo dell’Aspen Institute e di altre corporazioni. Le più importanti politiche promosse dai governi degli ultimi decenni sono state tramandate senza interruzione, anzi, semmai, con una sempre crescente pressione, per accelerare il processo di trasformazione sociale ed economica.
Qualcuno potrebbe pensare che questo sia un piano criminale, o che sia la peggiore forma di tradimento verso il popolo che si rappresenta. Sarà la storia deciderlo. Eppure, anche per questo genere di azioni servono soft skill particolari.
La prima è la totale assenza di empatia e di intelligenza emotiva. L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependone le emozioni e i bisogni. Le persone empatiche hanno il talento di intercettare con grande raffinazione queste emozioni. Una volta che questo dato viene intercettato, la persona che lo riceve può decidere se farsene carico e se ignorarlo.
A questo punto entra in campo l’intelligenza emotiva di cui ha tanto parlato Goleman. L'intelligenza emotiva è la capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni in modi positivi per alleviare lo stress, comunicare in modo efficace, entrare in empatia con gli altri, superare le sfide e disinnescare i conflitti.
La mancanza di empatia e di intelligenza emotiva invece, permette alla persona di essere completamente distaccata dalle emozioni e quindi, di ignorare i bisogni o le sofferenze degli altri. Non ho visto un membro del governo italiano versare una lacrima per quello che sta accadendo a Gaza.
Intendiamoci, le cose vanno sempre contestualizzate. Se dovessi subire un intervento chirurgico preferirei mettere la mia vita nelle mani di un chirurgo distaccata dal punto di vista emotivo.
Quando invece voto, spero sempre che chi andrà nei luoghi del potere a rappresentarci abbia a cuore i nostri bisogni e che senta empatia, per il popolo italiano.
Che emozione può provare un capo di governo o un ministro davanti a una folla che manifesta per protestare contro le politiche agricole europee? Nessuna emozione, anzi, con tutta probabilità queste persone trovano la cosa divertente e con un tocco di cinismo si lasciano andare in commenti da spogliatoio.
Che emozione potrebbe aver provato il nostro ex ministro Speranza quando ha deciso di mettere un’intera nazione agli arresti domiciliari mettendo inginocchio il sistema economico? Sadico cinismo e ilarità. Avrà pensato che siamo stati dei fessi ad accettare restrizioni senza alcuna base scientifica.
La maggior parte dei talenti o soft skill sono ricavabili da analisi oggettive utilizzando, appunto, analisi psicometriche. Anche noi di Fattoria dei talenti abbiamo uno strumento certificato che assolve a questo scopo.
Quindi, un ottimo candidato che viene selezionato per fare carriera politica deve frequentare i giusti ambienti come l’Aspen Institute e il WEF e avere, in una scala da 1 a 10, empatia 1 e intelligenza emotiva 1.
Quello che le analisi psicometriche non riescono ancora a misurare con efficacia è la stupidità delle persone. Un’altra fondamentale caratteristica richiesta alla classe politica attuale.
Solo degli stupidi possono autorizzare i paesi Nato a lanciare missili intelligenti a lungo raggio all’interno del territorio russo sapendo che è la Nazione al mondo più avanzata, per il possesso di armi nucleari.
Non è una mia invenzione, è ciò che ha votato il parlamento europeo il 19 settembre, cito l’organo ufficiale del Parlamento europeo: “Nella risoluzione, non vincolante, adottata giovedì con 425 voti a favore, 131 contrari e 63 astensioni, si afferma che senza l'abolizione delle attuali restrizioni all'uso dei sistemi d'arma occidentali, l'Ucraina non può esercitare pienamente il suo diritto all'autodifesa e rimane esposta ad attacchi contro la popolazione e le infrastrutture”.
Quindi, non la diplomazia tanto in uso ai tempi della prima Repubblica ma, le armi offensive, sono la soluzione per avere la pace.
Il tutto ignorando le spinte della popolazione che chiede pace e la fine di una pericolosissima escalation in Ucraina quanto in Medio Oriente.
Ovviamente anche i giornalisti devono possedere le stesse soft skill della classe politica. In questi giorni alcuni cittadini stanno finanziando una campagna affissioni per invocare la pace e cercare il dialogo. Il claim dell’affissione recita: la Russia NON è mio nemico.
E cosa fanno i più grandi e blasonati quotidiani italiani? Dicono che chi promuove la pace è filorusso. Ecco che la mancanza di empatia, di intelligenza emotiva e l’abbondanza di stupidità si manifestano in tutto il loro splendore.
Chiudo questa riflessione politicamente scorretta citando una sadica battuta di Henry kissinger, uomo di punta della politica estera USA per decenni, che chiarisce molto bene la natura del rapporto fra Stati Uniti ed Europa:
“Essere nemici degli USA può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale"
Credo di aver chiarito i termini della mia riflessione. Invito noi tutti, imprenditori e professionisti, a dare maggior voce alle nostre necessità di pace e prosperità. Siamo a un bivio pericoloso e decisivo. Buon lavoro a noi tutti.
Innovation Manager, CRM Expert, Sales Performance Manager, Gamification expert solutions, deep-digital advisor presso @Whappy gamification platform
3 mesiGrande Ugo D'Alberto, hai tutta la mia stima per provare comunque e sempre a spiegare garbatamente il tuo punto di vista in modo critico. Va detto che è semplicemente eroico rispetto al senso comune perché anche a me pare di vivere in "un incantesimo" dove la gente va avanti serena difronte ad un più che possibile sciagura totale. Sembra di vedere il film "DON'T LOOK UP", non sembra anche a te?