Quella volta che usò lo scanner.
Erano gli anni in cui seguivamo l’ufficio stampa di SIGG Switzerland Bottles AG , ed erano tempi di grande sorprese e contagiosi entusiasmi: le borracce dell’azienda svizzera erano (e forse lo sono ancora) una vera icona, sia nella forma (esposte anche al MoMa di NYC) che nel materiale (alluminio con rivestimento interno di una sostanza naturale la cui formula è conosciuta solo dal CdA dell’azienda, un po’ come la leggenda della Coca Cola). E poi con quella forza della natura di Catherine Regan-Sappia cavalcavamo il tema della sostenibilità e della protezione del nostro pianeta: l’acqua dei nostri rubinetti spesso è potabile e sicura, tranquillamente bevibile a tutto vantaggio della riduzione dell’acqua imbottigliata e, ovviamente, della produzione di plastica.
Erano tempi belli, dicevamo, perché ogni mese presentavamo la stessa borraccia disegnata con temi diversi. Arrivano i mondiali di calcio? E vai con 16 borracce con diverse bandiere e un pallone di calcio sullo sfondo. C’è la giornata mondiale dell’acqua? Et voilà un paio di proposte a tema H20. Lo yoga sta imperversando e tutti gli yogi hanno una SIGG? Non ci facevamo mancare la borraccia con il saluto al sole. Back to school? Spunta una collezione di miniborracce (ma la silhouette non cambia) per i più piccoli. Insomma, non stavamo mai con le mani in mano, e il mondo della stampa ci riempiva di grandi soddisfazioni.
Ma il bello doveva ancora venire. Sul finire del 2009 arriva una mail dalla Svizzera: «Ehi team LDL, abbiamo firmato con una stilista per la personalizzazione di tre borracce: lei è Vivienne Westwood!». Lei è da tempo una attivista e il suo impegno per attività ecosostenibili ben si sposa con la causa di SIGG. In quanto a me, da giovane amavo i Sex Pistols e sapevo del loro legame con la stilista, ma questo non mi aiuta. Il giorno dopo una seconda mail ancor più devastante, se possibile: «Saremo presenti alla sua sfilata a Milano: ogni posto a sedere avrà una sua borraccia. Ovviamente riempita di acqua, pronta all’uso da bere».
Con Manuela Masera ci guardiamo negli occhi: io nel panico (la moda non è proprio il mio forte), lei con gli occhi lucidi di chi torna a casa in licenza dopo anni trascorsi in trincea a combattere (… lei cresciuta professionalmente in Corso Como, giusto per dire). «Ma ci sarà?» dico ingenuamente io, «ma certo Carlo, è la stilista, vuoi che non ci sia??? Domdocà» risponde Alice Figaroli , l’altra colonna portante dell’agenzia. In fondo al nostro ufficio ricordo lo sguardo emozionato di Mirella Schiavi e la nuvoletta con dentro scritto “Dai che ne combiniamo un’altra delle nostre…”.
La notte prima dell’evento non dormo, ma questa non è novità. Arriviamo al Museo della Permanente in via Turati a Milano e iniziamo i lavori. Prendiamo le mille borracce (1.000!!!) che il Friesian ha preventivamente lavato, sciacquato, asciugato, etichettato, e le riempiamo d’acqua filtrata. Mentre nei camerini e in sala trucco succede un apparente finimondo, noi posizioniamo le bottiglie in modo millimetrico nei posti a sedere del pubblico invitato. I tempi sono strettissimi. Nella settimana precedente la sfilata, l’ufficio marketing della stilista ha mandato un documento “Time table” con scritto chi fa cosa, minuto per minuto. Tutto deve filare liscio. Prima di aprire le porte, guardo la sala vuota e le bottiglie SIGG firmate Vivienne Westwood: le etichette rosse tutte girate nel verso giusto, la cartella stampa lì a fianco, le luci che tagliano il nero dell’ambiente, è una geometria ortogonale in 3D. «Ok, tutto a posto» dice Manuela, e se lo dice lei si può iniziare.
Io però voglio togliermi una soddisfazione: infilarmi nella sala dove un plotone di giovani modelli vengono truccati, pettinati, vestiti. Non potrei ma lo faccio. Sposto le tende nere e davanti a me il caos perfetto: gente che corre, gente che pettina altra gente che si trucca, gente che legge fogli e con l’indice indica altra gente che fa un cenno con la testa, gente davanti a specchi e altra gente con pettini e spazzole in mano, gente che sposta carrelli con abiti che verranno venduti a gente disposta a pagarli e indossarli.
Credo di avere la bocca aperta, con lo stupore di un bimbo la prima volta al cinema la domenica pomeriggio a vedere Avatar. La chiudo prima che si riempia di lacca dei capelli. Dai, ancora dieci secondi e scappo… ma ad un tratto spunta lei, la riconosco per i capelli rossi, e per un attimo, un infinitesimo attimo mi guarda e mi fa una scansione dalla testa a piedi: sono vestito con un banalissimo abito scuro e una normale camicia bianca, ma ai piedi ho delle specie di sneakers Salewa di colore chiaro studiate per fare i “cammini”, una via di mezzo tra scarpe da trekking e mocassini da prima comunione. A casa avevo pensato che trattandosi di un evento fashion dovevo essere un po’ originale anch’io. Credo, ma è solo una mia sensazione, che al termine dello scanner “lei” abbia mosso l’angolo della bocca come a dire “e questo qui da dove spunta?”. Per me è stato un ghigno divertito, ma è solo una convinzione che mi sono fatto in questi anni. Peccato, la mia carriera da stilista è morta ancor prima di nascere. E allora penso sia opportuno togliersi di mezzo e andar fuori a prendermi cura delle nostre mille borracce piene d’acqua. Arrivano gli invitati, il parterre si riempie di persone e di un manipolo di personaggi improbabili, vestiti per essere originali. Un sacco di orientali. Molti prendono la borraccia e bevono. La sfilata inizia di lì a poco: cinque, forse dieci minuti, non di più, tutto terribilmente rapido. È come stare sul ring con Tyson: ogni vestito è un gancio, un montante, un cazzotto che ti devasta. Ma che spettacolo. Molti modelli sfilano con la borraccia in tasca, quella che dice Stop Climate Change. Alla fine esce lei, con un mazzo di fiori avvolti in un foglio di giornale, pochi secondi e lascia la passerella. Al termine sento un grande applauso venire dai camerini. Finito. Il team LDL COMeta torna a casa, e in macchina avverto ancora i raggi X incepparsi su di me.
Arrivederci signora Westwood, stilista e attivista, e anche un po’ scannerista.
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Photographer/ Director of Photography
1 annoIndovina di chi erano queste foto😎😎
editorial director | Alvento - italian cycling magazine | Skialper magazine | Race ski magazine
1 annoBellissimo, Carlo.
Titolare e socio fondatore di agenzia PR specializzata nello sport outdoor, località turistiche e aziende green.
2 anniwow che ricordi, io ce l'ho ancora...
Content & Community Manager
2 anniMa quanto è stato divertente, surreale e un po' magico?! Il modo migliore per ricordarla. Grazie Carlo BRENA 🤩