Rifiuti. Le nuove modalità di esercizio del deposito temporaneo
Foto: Paolo Pipere. Rifiuti. Le nuove modalità di esercizio del deposito temporanei

Rifiuti. Le nuove modalità di esercizio del deposito temporaneo

Le disposizioni introdotte dal D.Lgs. 116/2020 confermano modalità e tempi del deposito dei rifiuti nel luogo di produzione e introducono nuove possibilità di ritiro di alcune tipologie di rifiuti nei negozi.


Alla disciplina del deposito temporaneo dei rifiuti è ora dedicato un nuovo articolo del D.lgs. 152/2006. In precedenza, le modalità di esercizio del deposito temporaneo dei rifiuti prima dell’avvio agli impianti autorizzati di recupero e di smaltimento erano precisate nell’articolo del decreto legislativo dedicato alle definizioni. 

In seguito alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 116/2020 l’articolo 185-bis, comma 2, dispone che il deposito temporaneo prima della raccolta deve essere effettuato alle seguenti condizioni: 

“a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 

b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: 

- con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; 

- quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 

c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee, nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

d) nel rispetto delle norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose”. 

Il produttore del rifiuto può quindi, come in passato, scegliere se impegnarsi a far asportare e conferire i rifiuti agli impianti di trattamento ogni tre mesi o, invece, depositare i rifiuti nel luogo di produzione e avviarli al recupero o allo smaltimento almeno una volta all’anno avendo cura di non superare i seguenti limiti quantitativi espressi in volume:

-        30 metri cubi se i rifiuti posti in deposito temporaneo sono tutti classificati come non pericolosi;

-        20 metri cubi di rifiuti non pericolosi e 10 metri cubi di rifiuti pericolosi se in quel luogo i rifiuti prodotti sono di entrambe le tipologie.


I problemi aperti

Non si è colta l’occasione, purtroppo, per chiarire definitivamente se la scelta a favore di una o dell’altra strategia di gestione debba riguardare tutte le tipologie di rifiuti prodotti in un determinato luogo oppure se sia possibile utilizzare, per esempio, la strategia dell’asportazione almeno trimestrale per i rifiuti non pericolosi, prodotti generalmente in maggior quantità, e la strategia del deposito di un quantitativo non superiore ai 10 metri cubi con avvio al trattamento almeno annuale per i rifiuti pericolosi. Un’incertezza che permane da molti anni e che si sarebbe potuta superare.

Allo stesso modo non è stato specificato che cosa si intenda con il termine “raggruppati per categorie omogenee”. Nelle bozze della norma era stato previsto di specificare che i rifiuti avrebbero dovuto essere raggruppati per codice EER, ma nella versione definitiva la precisazione è stata eliminata.

La questione è della massima rilevanza, se si considera che la Corte costituzionale, con sentenza 75/2017, ha affermato il seguente principio:

“In base alla direttiva n. 2008/98/CE, dunque, esistono miscelazioni vietate (art. 18, paragrafo 1), ma autorizzabili in deroga (art. 18, paragrafo 2), e miscelazioni non vietate (non in deroga), ma comunque soggette ad autorizzazione in quanto rientranti tra le operazioni di trattamento dei rifiuti (art. 23). Nel suo atto di costituzione, la stessa Avvocatura generale dello Stato osserva che «sulla base della vigente normativa comunitaria […] la miscelazione costituisce attività di gestione dei rifiuti e deve essere disciplinata nell’ambito dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto»”.

Anche in fase di deposito temporaneo, pertanto, è indispensabile evitare ogni miscelazione dei rifiuti perché questa operazione potrebbe configurarsi come un’operazione di trattamento non autorizzata.

Deve essere, inoltre, ricordato che, per i rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo, il D.P.R. 120/2018 ha definito una diversa articolazione dei limiti:

«[…] b) le terre e rocce da scavo sono raccolte e avviate a operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative: 

1) con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; 

2) quando il quantitativo in deposito raggiunga complessivamente i 4000 metri cubi, di cui non oltre 800 metri cubi di rifiuti classificati come pericolosi. 

In ogni caso il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno […]»


Le novità

Il comma 1 del medesimo articolo dispone che:

“Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni: 

a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

b) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita; 

c) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti”.

I distributori possono quindi garantire il ritiro di rifiuti prodotti da terzi, quindi dei consumatori o degli utilizzatori professionali, presso il negozio senza alcuna necessità di preventiva autorizzazione, come del resto prevede da più di vent’anni il diciassettesimo considerando della Direttiva 2008/98/CE:

I sistemi di raccolta dei rifiuti non gestiti su base profes­sionale non dovrebbero essere soggetti a registrazione in quanto presentano rischi inferiori e contribuiscono alla raccolta differenziata dei rifiuti. Rappresentano esempi di tali sistemi la raccolta di rifiuti medicinali nelle farmacie, i sistemi di ritiro dei beni di consumo nei negozi e i sistemi di raccolta di rifiuti nelle collettività scolastiche”. 

Deve essere notato, però, che la possibilità di ritiro si applica solo ai rifiuti dei prodotti “soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario”. I prodotti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore che non prevedono già un obbligo di ritiro dei rifiuti da parte dei distributori (come nel caso degli accumulatori e delle pile portatili e dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono costituiti dagli imballaggi, dagli accumulatori al piombo e dagli accumulatori industriali, dagli oli minerali e sintetici, dai beni in polietilene, dagli oli vegetali e dagli pneumatici. 

Non è stato chiarito, inoltre, che cosa si intende per regimi di responsabilità estesa del produttore del prodotto “di tipo volontario”, se si considera che ogni regime di questo tipo deve essere specificamente disciplinato con decreto ministeriale e i sistemi che ne garantiscono l’attuazione devono rispondere agli stringenti requisiti dettati dall’articolo 178-ter (Requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore) del decreto legislativo 152/2006.

La norma prevede che per i rifiuti da costruzione e demolizione il deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti dei clienti possa essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti, non disciplinando però nel dettaglio tale nuova possibilità.

Del tutto oscuro, infine, il riferimento alla possibilità di effettuare il deposito preliminare alla raccolta presso le aree di pertinenza dei punti di vendita “per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge”. Infatti, l’unica disposizione che prevede la possibilità di ritirare rifiuti nelle aree di pertinenza dei punti vendita è il D.M. 121/2016, il regolamento che disciplina l’attività di ritiro gratuito (uno contro zero) da parte dei distributori di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccolissime dimensioni.


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Matteo Lovatti

| Cooperazione Sociale | Economia Circolare | Ecologia Integrale |

4 anni

Il deposito temporaneo presso i punti vendita mi sembra una interessante nuova opportunità. Mi resta il dubbio se possa essere utilizzato solo in virtù di una collaborazione/convenzione attiva con la pubblica amministrazione/igiene urbana oppure possa essere utilizzato a prescindere dal punto vendita che autonomamente si occupa poi dell'avvio al riciclo (si pensi al caso degli indumenti usati ad esempio).

Matteo Introzzi

Amministratore presso Xennial S.r.l. Società Benefit

4 anni

Credo che anche il passaggio sui rifiuti da C&D presenti delle criticità... "per i rifiuti da costruzione e demolizione, (...) il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti" Così scritto non si capisce se è riservato ai rifiuti prodotti da privati (avrebbe senso) oppure se prodotti in generale anche da imprese, e soprattutto con che quantità? Come ci arrivano al punto vendita (cat 2-bis? FIR? DDT? nulla?) Considerando poi che molti rifiuti c&d sono a specchio, chi attribuisce il corretto codice dell'EER? il punto vendita? il produttore del rifiuto? E a proposito del produttore del rifiuto, chi è? il punto vendita? Temo che si creerà un caos e una situazione in cui la gestione di questi rifiuti, già foriera di problemi intrinsechi, andrà a complicarsi con poi le classiche "misure riparative" del legislatore che andranno ad incrinare ancora di più il delicato equilibrio del sistema. Principio buono, ma che se ci spendevano un articolo ad hoc di approfondimento e regolamentazione (o magari un allegato specifico) forse sarebbe stato meglio

Marco Altin

Responsabile Operativo Pertot Ecologia Srl

4 anni

Buona sera, credo ci sia un errore per quanto riguarda il deposito temporaneo. Il quantitativo di 30 MC è per i rifiuti non pericolosi. Buone feste

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