Rokavec Alexsander
Aleksander Rokavec
Investor Universal Business Management Consulting Hardware & Software
Pranzare con l'imprenditore ed ex Premier Silvio Berlusconi ad Arcore è oggi finalmente possibile.
Nessun paese al mondo potrebbe sopportare un fenomeno migratorio come quello che ha investito l'Italia. Di fronte a questi numeri l'unica soluzione è che l'Europa attui un "Piano Marshall" per i paesi in difficoltà, è l'unico modo per fronteggiare un problema epocale.
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Ho parlato di questo ma anche di Europa, Russia e delle prossime elezioni in Francia con gli amici di Vice.
P.S. Dal minuto 1,50 le mie risposte sono in italiano.
Considerato un genio della comunicazione e della politica italiana rimane un pilastro della vita sociale e imprenditoriale del nostro paese.
Conosciuto anche come il Cavaliere, Silvio Berlusconi è stato presidente del consiglio della Repubblica Italiana numerose volte, a partire dal 1994, leader indiscusso di Forza Italia, nonchè ideatore della più grande rete televisiva commerciale italiana, Mediaset.
Aggiudicandoti quest'asta, avrai l'opportunità di pranzare con l'ex premier nella sua residenza di Arcore.
Oggi al Salone del Mobile.Milano ho incontrato tante italiane e tanti italiani con la straordinaria capacità di interpretare in modo innovativo il presente e reinventare il domani. Ne sono uscito, anche visti i numeri dei visitatori, in costante crescita, più ottimista per il #futuro.
Rokavec aleksander ugrabljen leta 2005 na bahamih slovenia
razlogi KOMUNIST YUGOSLOVAN SLOVENIA BELA POLT KRISTJAN (versko neopradeljen) islamski delavec ce je v resnici bil je izrekel tako se znebimo konkurence
Da o dogotkih sploh ne govorimo ki se odvijajo
Tra gli stand ho respirato il talento di un'Italia lavoratrice, sognatrice e visionaria che nonostante l'oppressione burocratica e fiscale riesce a trasformare delle materie grezze in vere e proprie meraviglie del #MadeInItaly, apprezzate a livello globale.
Di questa Italia tutti noi dobbiamo essere davvero orgogliosi!
La presentazione del volume dei Discorsi alla Camera dei deputati di Donato Bruno è l’occasione per ricordare un amico, un gentiluomo, una persona la cui saggezza, serietà, preparazione giuridica e parlamentare, sono state fondamentali in tanti momenti della storia politica di Forza Italia. Donato sapeva unire una innata simpatia ad una intransigenza valoriale e ad un grande spessore umano che lo hanno fatto apprezzare e rispettare da tutti, colleghi di partito e avversari politici.
Per queste sue virtù e qualità, Donato non manca solo alla Sua famiglia e ai Suoi amici, ma a tutti gli azzurri e a me in particolare. Nel Suo ricordo continueremo la nostra comune battaglia di democrazia e di libertà, come lo faceva lui, con l’orgoglio di rappresentare i milioni di Italiani che condividono i nostri valori liberali, cristiani e riformatori.
Caro Presidente,
desidero esprimere il mio dolore e la mia personale vicinanza alla città di San Pietroburgo, alla Federazione Russa e a tutto il suo Popolo così duramente colpito.
Sono certo che il terrorismo e la cieca violenza non piegheranno mai la forza della Russia e il Tuo impegno per la stabilità e la sicurezza nelle aree più delicate del pianeta.
Oggi più che mai, la difesa della libertà, della sicurezza internazionale, debbono vedere uno sforzo comune che superi sterili polemiche nella difesa dei valori della nostra civiltà.
Intervista a Il Mattino del 2 aprile 2017
di Pietro Perone
La sua presenza al vertice del Ppe di Malta è stata colta come un forte segnale per marcare le distanze dalla destra cosiddetta sovranista, quella di Meloni e Salvini per intenderci. Conferma?
«Assolutamente no. Il Partito Popolare Europeo è la grande famiglia cattolico-liberale della democrazia e della libertà in Europa. Noi ne facciamo orgogliosamente parte da vent'anni e lo rappresentiamo in Italia. L'incontro di Malta è stato l'occasione per ragionare insieme su temi di respiro europeo, non sulle questioni della politica italiana. È noto d'altronde che Forza Italia rappresenta una realtà diversa da Lega Nord e Fratelli d'Italia non soltanto per collocazione internazionale, ma per valori e ispirazione culturale. Noi siamo un grande partito nazionale, fatto di liberali, cattolici, riformatori, siamo una forza politica di centro alternativa alla sinistra. La destra nelle sue varie declinazioni è un'altra cosa. È noto anche tuttavia che con queste forze politiche noi siamo legati da vent'anni da un'alleanza che ha per molto tempo rappresentato, e credo tornerà a rappresentare, la maggioranza degli italiani e che i valori che i nostri alleati esprimono sono una componente essenziale di una coalizione di centrodestra. D'altronde con loro già oggi governiamo con risultati eccellenti, con pragmatismo e concretezza, tre grandi regioni del Nord e tante città grandi e piccole».
Il quadro di riferimento resta dunque la famiglia dei popolari europei che però mal si concilia con una Lega a trazione leghista.
«Non sono d'accordo. È evidente che per vincere il centrodestra deve essere necessariamente inclusivo. Le posizioni di Salvini si rivolgono a una fetta di elettorato ben precisa e definita. Noi vogliamo invece parlare ai tanti italiani che vogliono soluzioni, che vogliono proposte realizzabili affidate a persone credibili, possibilmente non politici di professione. Molti di questi italiani, soprattutto al Sud, non votano più, non ci credono più. Con loro gli slogan non sono efficaci. Da loro dipende la vittoria alle prossime elezioni. E poi vincere le elezioni non basta, occorre governare per cinque anni facendo cose buone per l'Italia. Noi abbiamo le idee giuste per farlo, a questo fine la Lega è un alleato necessario. Con loro e con Fratelli d'Italia abbiamo concordato un programma già al 95%. Abbiamo riassunto simbolicamente il nostro progetto in un Albero della Libertà, un albero che ha le radici nei nostri valori, nei valori cristiani dell'occidente, nella democrazia e soprattutto nella libertà. Noi proponiamo meno tasse: nessuna imposta sulla prima casa, nessuna sulla successione e sulla prima automobile. Meno Stato, no all'oppressione fiscale, all'oppressione burocratica, all'oppressione giudiziaria; meno Europa con una seconda moneta nazionale, no al bail in per le banche, no alle politiche di austerità che ci hanno affossato e sono un frutto miope delle burocrazie europee. Proponiamo una pensione minima di mille euro per tredici mensilità, una pensione per le nostre mamme che dopo una vita di lavoro e di sacrifici hanno diritto a una vecchiaia serena e dignitosa. Vorrei si parlasse più di questo e meno dei rapporti fra i partiti».
È stato capace in passato di tenere insieme Bossi e Fini ma all'epoca lo scenario era diverso: non c'erano Trump e la Brexit; nessuno avrebbe mai immaginato che in Francia potesse essere in corsa per la vittoria Marine Le Pen e Beppe Grillo negli anni del Pdl calcava solo i palcoscenici. Adesso, invece, o si sta con le forze europeiste oppure si sta contro. Lei da che parte sta?
«Credo che uno dei peggiori errori che si possano fare sia quello di parlare con sufficienza del cosiddetto populismo. La parola populismo fa diretto riferimento al popolo, che in democrazia è l'unico sovrano legittimo. La sufficienza snobistica con la quale la sinistra liquida il populismo, cioè le legittime preoccupazioni di molti cittadini, come se fossero un atteggiamento rozzo e retrogrado, è una tipica dimostrazione di miopia. Al tempo stesso, almeno in Europa, questi movimenti non soltanto non vincono mai, ma finiscono con il favorire la vittoria della sinistra, come potrebbe accadere con Macron in Francia. Credo che dobbiamo rompere questo schema, sapendo interpretare le ragioni del cosiddetto populismo e tradurle in un progetto serio di governo credibile sul piano internazionale. Solo così si esce dalla crisi che non solo in Italia ma in tutta Europa sta mettendo in seria difficoltà gli stati e i governi. Le classi dirigenti europee sono a una svolta: o sapranno interpretare le nuove domande che vengono dal popolo, o saranno inesorabilmente messe da parte, magari da forze veramente pericolose come quelle arruolate in Italia da Beppe Grillo».
Nel caso vincesse Grillo sa bene che si imporrebbe sul tavolo della politica il tema di una grande alleanza anti-populisti: pronto a collaborare con Renzi qualora servisse così come ha fatto in Francia l'ex premier, il socialista Valls che fin da ora ha dichiarato che non voterà per il candidato del suo partito, Hamon, bensì per Macron nel tentativo di fermare Le Pen?
«Io sono convinto che le prossime elezioni le vinceremo noi, non Grillo. Già oggi tutti i sondaggi dicono che il centrodestra unito è di gran lunga la prima forza del Paese. E gli elettori italiani sono più saggi di quanto si pensi: non vorranno certo affidare l'Italia a chi non si è dimostrato neppure in grado di governare alcuna città. D'altronde immaginare una sorta di innaturale alleanza fra destra e sinistra per combattere Grillo sarebbe il modo migliore per fargli avere nuovi consensi. Anche per evitare il pericolo M5s, di fronte all'implosione e al fallimento del Pd, l'unica soluzione è un centrodestra forte, credibile, vincente, liberale».
La signora Merkel rappresenta un'idea di Europa fortemente contestata, anche a destra. Le sue posizioni per esempio in materia di immigrazione hanno suscitato molte critiche. Tuttavia in Germania la sfida elettorale tra Cdu e Pse è nel segno di un comune europeismo. In Italia, invece, l'avversario è il M5s, partito antieuropeo per eccellenza. Insomma, come è andato il suo incontro con la Cancelliera dopo il gelo degli anni scorsi?
«Gli incontri con la signora Merkel e con gli altri leader europei sono stati molto positivi. Non abbiamo certo affrontato i temi della politica interna dei nostri paesi, abbiamo ragionato sul futuro dell'Europa e sui grandi temi della politica internazionale. Contrariamente a quanto, anche in modo volgare, si è voluto far credere, con Angela Merkel ho sempre avuto un rapporto cordiale. La Cancelliera difende ovviamente gli interessi nazionali della Germania. Talvolta lo fa in modo rigido e conflittuale con le ragioni degli altri stati d'Europa, soprattutto di quelli dell'area mediterranea. Non bisogna accusare lei per questo. Da mettere sotto accusa è invece l'incapacità di molte classi dirigenti europee, compresa quella italiana, di far valere con altrettanta fermezza e capacità negoziale le proprie legittime ragioni. Il Ppe d'altronde non è una caserma, è una libera associazione di movimenti politici che hanno la stessa ispirazione di fondo, ma declinano le politiche nazionali in modi diversi. Basti pensare alle posizioni del primo ministro ungherese Orban, che fa parte del partito popolare, in materia di immigrazione. Ogni situazione nazionale è diversa: devo però ribadire che la sfida in Italia non è solo quella di battere i grillini. Il Movimento Cinque Stelle è un pericolo, certamente, ma dobbiamo anche mettere fine al cattivo governo del Partito democratico che non ha risolto nessuno dei problemi del nostro Paese. La nostra sfida è quella di vincere per realizzare in Italia, finalmente, una vera rivoluzione liberale».
L'ipotesi che si possa andare a votare con una legge elettorale scritta dal Parlamento e non emendata dai giudici della Consulta si allontana giorno dopo giorno: le sta bene l'Italicum versione Corte costituzionale per la Camera e il Consultellum al Senato?
«No. Sia per il metodo, perché non mi piace che le leggi elettorali le scrivano i giudici, sia soprattutto per il merito. Votando con questo metodo il rischio di ingovernabilità è obiettivamente molto alto».
Non sembra che però Forza Italia stia facendo barricate per ottenere una legge elettorale autenticamente proporzionale come lei ha più volte chiesto: sembra che gli interessi suoi e di Renzi coincidono, meglio allora tornare alle urne con i sistemi in vigore?
«Forza Italia ha già depositato in Parlamento la sua proposta di legge elettorale. Purtroppo il Pd attualmente dispone della maggioranza in entrambe le Camere e quindi sta a loro fare una proposta accettabile sulla quale siamo pronti a confrontarci e a collaborare. Siamo alternativi ai democratici sui contenuti dell'azione di governo, ma sulle regole è giusto lavorare insieme se vi sono le condizioni. Certo, se viene riproposto il Mattarellum, come hanno fatto nei giorni scorsi i rappresentanti del Pd in Commissione alla Camera, il dialogo viene meno, visto che abbiamo già diffusamente spiegato perché quel metodo sia del tutto inaccettabile. In un sistema tripolare non soltanto renderebbe casuale il risultato elettorale, ma rischierebbe di provocare clamorose distorsioni nella rappresentanza, facendo nascere maggioranze parlamentari che non esistono fra i cittadini, e aumentando così ancora di più il distacco fra eletti ed elettori».
Destinato, come sembra, a vincere le primarie, Renzi sarà quasi sicuramente il candidato premier del Pd. Quello del centrodestra si chiamerà Silvio Berlusconi?
«Spero che i giudici di Strasburgo avranno la sensibilità di capire che il mio ricorso è una grande questione democratica che deve essere definita prima delle elezioni. In ogni caso, candidabile o no, mi impegnerò a tempo pieno nella campagna elettorale di Forza Italia, una campagna decisiva per il futuro del Paese».
Ma lei che idea si è fatto sul pronunciamento della Corte di Strasburgo: quanto dovrà ancora attendere?
«Non sta a me dirlo, sta alla sensibilità di quei giudici».
Teme che il ricorso possa essere discusso dopo le elezioni politiche impedendole di partecipare alle elezioni politiche?
«La mia non è solo una questione personale, è un tema che riguarda il funzionamento della democrazia in un grande Paese europeo. Una decisione che arrivasse non in tempo utile per le elezioni sarebbe ovviamente una beffa per gli italiani, per milioni di elettori che non potrebbero votare il leader al quale, in vent'anni, hanno dato oltre 200 milioni di voti. Credo che chiunque abbia una sensibilità democratica, anche se non appartiene al centrodestra, dovrebbe rendersi conto del problema».
Il Senato ha detto no alla decadenza di Minzolini. Che cosa ha provato dopo quella votazione? Rabbia per essere stato vittima del trattamento opposto?
«No, soddisfazione, perché finalmente si è tornati a pensare in termini di Stato di diritto. La votazione su Minzolini d'altronde ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, l'assurdità della legge Severino e la necessità di ripensarla a fondo. Ricordo anche che non è assolutamente possibile una applicazione retroattiva delle leggi, come invece è accaduto nei miei confronti. Lo vietano i principi del diritto, la Costituzione italiana all'articolo 25 e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo all'articolo 7».
Circola voce di una staffetta: prima lei e poi Salvini a Palazzo Chigi in caso di vittoria: soluzione fantasiosa ma possibile?
«Le staffette non funzionano neppure nel calcio. Chi non è giovanissimo ricorderà quella fra Mazzola e Rivera ai mondiali del Messico. Fu il più grave errore del bravo commissario tecnico azzurro di allora, Ferruccio Valcareggi. Credo sia un'idea assolutamente fantasiosa».
Ha notizie di Stefano Parisi?
«Mi dicono stia continuando a lavorare al suo progetto Energie per l'Italia. Ha ritenuto di procedere su una strada diversa da quella di cui avevamo parlato, creando un suo movimento politico. Rispetto le sue scelte, pur non vedendo l'utilità di un'ulteriore frammentazione del centrodestra e gli auguro le migliori fortune. Se riuscirà a portare in politica dei settori della società civile, dei moderati che avevano deciso di non votare e non si limiterà a raccogliere pezzi del vecchio ceto politico in cerca di riposizionamento, avrà fatto una cosa utile per il centrodestra e per l'Italia. Non è un obiettivo facile».
Tajani è uno della prima ora e adesso guida il Parlamento di Strasburgo: non potrebbe essere lui il candidato qualora lei non possa essere della partita?
«Non credo che oggi il primo problema del centrodestra sia il nome del candidato. Mi scusi, ma fermo restando ovviamente la mia grande stima e il mio profondo affetto per Antonio Tajani e l'orgoglio che uno dei fondatori con me di Forza Italia ricopra oggi la massima carica elettiva dell'Unione europea, non partecipo al gioco del toto-candidature. Appassiona molto i professionisti della politica, non me e non gli italiani».
C'è chi sostiene che le piaccia molto un ministro del governo Gentiloni, Carlo Calenda: potrebbe essere un compagno di viaggio e semmai il volto nuovo che da tempo cerca qualora lei non possa candidarsi?
«Il ministro Calenda fa parte di un governo politico rispetto al quale siamo convintamente all'opposizione. Rispetto il suo stile e la sua competenza, come quelle del presidente Gentiloni e di altri ministri, ma il discorso finisce qui. Gli italiani vogliono chiarezza sui programmi e le cose da fare, non manovre di Palazzo, quel teatrino della politica che io ho sempre aspramente criticato».
Alfano ha chiuso l'Ncd per dare vita ad Alternativa Popolare: le strade restano distanti o stanno per incrociarsi di nuovo visto che le elezioni si avvicinano?
«Per vincere ovviamente dobbiamo allargare il più possibile la nostra coalizione. Ma io penso di farlo rivolgendomi alla società civile, alle categorie, alle professioni, a cui immagino di riservare più della metà delle candidature di Forza Italia. Allargare il centro destra significa conquistare la fiducia degli italiani, non frammenti del ceto politico che, eletti con noi, per cinque anni hanno consentito alla sinistra di governare il Paese».
Per correre e provare a vincere di nuovo ha bisogno di un partito simile a quello del passato. Invece Forza Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, appare spesso assente sulle grandi questioni e in deficit di classe dirigente. Come pensa di ridarle vitalità? Basterà qualche casting per scovare volti nuovi e telegenici tenendo conto però che la partita, rispetto al passato dei fasti televisivi, si gioca soprattutto sul web, mondo in cui serve spregiudicatezza ma occorrono anche contenuti?
«Vorrei prima di tutto che fosse chiara una cosa: noi non facciamo casting e non cerchiamo volti telegenici. Noi stiamo facendo un grande e serio lavoro, in collaborazione con le categorie, per individuare cittadini che abbiano l'esperienza, la competenza, il buonsenso, l'equilibrio, la passione civile necessarie per contribuire a cambiare il nostro Paese e la sua classe politica. A loro riserveremo, lo ripeto, più della metà dei nostri seggi in parlamento. È una cosa non solo diversa ma opposta rispetto a un casting, mi pare. Fatta questa premessa, devo però fare una considerazione sui dirigenti di Forza Italia in Campania e nel Mezzogiorno. In condizioni spesso difficili, non gestendo il potere in quasi nessuna realtà, hanno saputo dimostrare una presenza, un attivismo e un impegno che fa loro onore. Per questo dico che vogliamo rinnovare, non rottamare. Se oggi Forza Italia secondo tutti i sondaggi è in ripresa al Sud il merito è anche loro».
Un Mezzogiorno sempre più ai margini dell'Europa, grande questione italiana anche durante i suoi governi.
«Il Pd, e non Forza Italia, è stato in questi anni del tutto assente sulle grandi questioni del Mezzogiorno. Per il governo Renzi la questione meridionale è scomparsa dai radar, mentre il Partito democratico si dilaniava sul territorio in scandali e giochi di potere che hanno visto il loro apogeo proprio con le cosiddette primarie a Napoli. Mi sembra profondamente ingiusto dimenticare che sono stati i nostri governi a investire al Sud più di tutti gli altri nella storia della Repubblica, ad arrestare un numero record di ricercati per delitti di mafia e camorra, a bloccare gli sbarchi di immigrati clandestini, a realizzare grandi infrastrutture: se oggi in treno si va da Napoli a Roma in un'ora e da Napoli a Milano in quattro ore, lo si deve a me e al mio governo, così come abbiamo risolto l'emergenza rifiuti a Napoli e in Campania, emergenza che poi si è puntualmente ripresentata poiché la autorità locali, di sinistra, hanno disatteso le nostre indicazioni e le nostre raccomandazioni per il futuro. Noi siamo pronti a tornare a lavorare per il Sud e per l'Italia con l'entusiasmo, la competenza, la serietà che abbiamo messo in campo quando abbiamo governato. Ed io, voglio ricordarlo ancora una volta, mi sento un napoletano nato a Milano. Valgono come prove di questo anche le sette mie canzoni che sono state ricomprese nell'Archivio Storico della canzone napoletana. O no?
Noi siamo pronti a tornare a lavorare per il Sud e per l'Italia con l'entusiasmo, la competenza, la serietà che abbiamo messo in campo quando abbiamo governato.
Ecco il messaggio che ho inviato oggi a Deborah Bergamini, Mara Carfagna, Elena Centemero e Stefania Prestigiacomo, impegnate in Toscana con la manifestazione “L’Italia Prima, idee per il nostro Paese”:
Cara Deborah, cara Mara, cara Elena, cara Stefania, un affettuosissimo saluto a tutte voi e ai tanti amici presenti agli eventi di questa vostra giornata toscana che vede Forza Italia impegnata sul territorio per far conoscere ai cittadini le nostre proposte concrete da applicare appena ritorneremo al Governo del Paese, con un’attenzione particolare – e assolutamente meritata! – alle donne. Lo sapete e lo racconterete oggi: alla nostra Italia noi proponiamo l’immagine dell’Albero della Libertà, un albero che ha le radici nei nostri valori cristiani, nell’occidente, nella democrazia e soprattutto nella libertà. Noi proponiamo meno tasse (nessuna tassa sulla prima casa, sulla successione e sulla prima automobile), meno Stato (no all’oppressione fiscale, alla burocrazia e meno oppressione giudiziaria), meno Europa con una seconda moneta nazionale, no bail in per le banche, no alle politiche di austerità che ci hanno affossato e sono frutto miope delle burocrazie europee. Con queste idee concrete e condivise con gli alleati sono certo che potremo riportare al voto i tanti elettori moderati che – delusi dalla politica – in questi anni hanno abbandonato le urne.
E poi, nel nostro programma una parte importante è dedicata proprio alle donne, perché le donne sono il motore dell’Italia, a cominciare dalle nostre mamme, a cui vogliamo dare una pensione adeguata per consentire loro di vivere una vecchiaia dignitosa e serena. E non solo a loro. Vogliamo infatti garantire a tutti una pensione minima di 1000 euro non tassabili per 13 mensilità. Potete stare certi che non è un “pesce d’aprile”: noi lo possiamo promettere con certezza e in maniera assolutamente credibile perché lo abbiamo già fatto quando eravamo al Governo aumentando le pensioni minime ad 1 milione di lire. Prima le donne, avete titolato la vostra manifestazione. Ecco, diciamolo ad alta voce, perché noi lo pensiamo davvero. Siamo stati noi a fare la legge contro lo stalking per proteggere le donne; è grazie all’impegno di Forza Italia che da quest’anno ci saranno le risorse per sostenere gli orfani delle donne vittime di femminicidio; è stato il nostro Governo ad introdurre per legge l’obbligo di almeno il 30% di donne nei Consigli di Amministrazione delle aziende quotate in borsa e delle aziende pubbliche; siamo stati noi i primi a credere nell’importanza di candidare tante donne in Parlamento ed affidare loro ruoli di primissimo piano nei nostri Governi. Care Amiche e cari Amici, possiamo andare fieri dei traguardi che abbiamo raggiunto e di quelli che ci siamo posti dinanzi affinché il prezioso ruolo delle donne in Toscana come in Italia, nella società come in politica, nel lavoro come nelle Istituzioni, sia sempre più riconosciuto e valorizzato. L’11 giugno ci saranno le elezioni amministrative: migliaia di elettrici ed elettori toscani, tra cui quelli di Lucca, saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi sindaci. E’ un momento fondamentale che, sono certo, anche sulla scia delle recenti e straordinarie vittorie che abbiamo conseguito ad Arezzo, a Grosseto, a Pietrasanta e a Montevarchi, ci consentirà di portare il nostro buongoverno in sempre più amministrazioni locali, anche grazie al lavoro che viene fatto ogni giorno sul territorio dal nostro Coordinatore Regionale Stefano Mugnai e dai suoi collaboratori. Anche Lucca, con il nostro candidato sindaco, Remo Santini, merita di cambiare pagina, di guardare al futuro, di non lasciarsi imbrigliare dai litigi interni alla sinistra. E vincere in Toscana ha sempre un gusto particolare perché questa terra è stata da sempre considerata rossa. Ma noi vogliamo vederla sempre più azzurra e più libera. Così come l’Italia tutta.
Buon lavoro a tutte voi e un abbraccio affettuoso a tutte voi.
Aleksander Rokavec
Investor Universal Business Management Consulting Hardware & Software
Ieri pomeriggio ho visitato il Samsung District e devo dire che, in mezzo a tutti questi #innovatori capaci di immaginare il #cambiamento e di anticiparlo, mi sono proprio sentito a casa!
Ci tengo a ringraziarli tutti per la calorosa accoglienza.
Ho ribadito, tra l’altro, che solo eliminando l’oppressione burocratica, l’oppressione fiscale e l’oppressione giudiziaria si potrà incentivare e sostenere chi vuole fare #impresa e chi vuole investire nel nostro Paese....
Sono stati tutti d'accordo!
Intervista al quotidiano La Verità del 25 marzo 2017
di Giorgio Gandola
Presidente, qual è lo stato di salute del paese dopo i quasi tre anni di governo Renzi e di centrosinistra?
«Decisamente negativo. E questo nonostante la straordinaria capacità dei nostri connazionali di cavarsela da soli, senza - o addirittura nonostante - lo Stato e la politica. Renzi aveva promesso di cambiare questa situazione e non c'è riuscito. Ha deluso chi aveva creduto nel cambiamento che aveva promesso, e questo spiega il crollo dei consensi. Sarebbe però ingiusto dare tutte le colpe a Renzi: in realtà bisogna risalire più indietro. E' dal 2011 - quando l'ultimo governo scelto dagli italiani, che era il nostro, venne abbattuto da un colpo di Stato, incruento nelle forme ma gravissimo nella sostanza - che si susseguono governi senza legittimazione popolare voluti e appoggiati dalla sinistra».
L'Italia era in grande difficoltà, lo scenario era preoccupante.
«Noi avevamo lasciato il paese, pur nel mezzo della più grave crisi economica mondiale del dopoguerra, in condizioni relativamente buone. Il tasso di disoccupazione era di due punti più basso della media europea, mentre da allora è rimasto nettamente superiore a quello dell'eurozona. La disoccupazione giovanile, che alla caduta del nostro governo era al 28% (un dato comunque troppo alto), oggi sfiora il 40%. Gli sbarchi di immigrati clandestini erano stati praticamente azzerati, mentre oggi sono ripresi con numeri davvero preoccupanti. La sicurezza dei cittadini, conseguentemente, è sempre più in pericolo. Potrei continuare. Ma basta una considerazione: il fatto che gli italiani non vadano più a votare, che si abbia una percentuale di astensionismo che si avvicina al 50%, significa che i cittadini sono talmente delusi, depressi, rassegnati, da non credere più in nessuna soluzione. Allo stesso tempo non credono più neppure nell'utilità del voto, visto che ormai da sei anni l'Italia è in mano a governanti che nessuno ha scelto; sono quasi trecento i parlamentari passati da una parte all'altra tradendo chi li aveva eletti».
Qual è la sua ricetta per rendere più competitivo il centrodestra in cerca di identità?
«Il centrodestra è già competitivo, se è vero, come dicono tutti i sondaggi, che unito è la prima area politica del paese. Questo d'altra parte è assolutamente logico, vista la crisi del Pd e l'improponibilità del Movimento Cinque Stelle come forza di governo. Però a noi non basta un centrodestra competitivo, vogliamo un centrodestra vincente. Questo significa un centrodestra che sappia parlare agli italiani delusi, a quelli che oggi sono lontani dalla politica, che non vanno a votare. Sono persone concrete, pragmatiche, alle quali non possiamo proporre soltanto slogan o frasi ad effetto. Dobbiamo presentare loro un progetto concreto e realizzabile, indicando i modi, i tempi, i costi e i componenti del governo col quale pensiamo di realizzarlo. Solo così avremo credibilità e attenzione. Per fare questo non bastano i politici di professione: abbiamo bisogno di persone che nella loro vita professionale, nell'impegno sociale, nell'attività culturale, nel mondo dell'impresa e del lavoro abbiano dimostrato con i fatti quello che sono in grado di fare. Stiamo lavorando con protagonisti della cosiddetta società civile che non hanno mai fatto politica e che sono apprezzati e stimati per il successo che hanno saputo conquistarsi. A loro vogliamo riservare almeno la metà degli eletti di Forza Italia alle prossime elezioni politiche, accogliendo i suggerimenti e le indicazioni che abbiamo chiesto, e che continuano ad arrivarci dalle categorie e dalle associazioni professionali».
Se Salvini insiste su sé stesso e lei resta incandidabile che fa, rompe la coalizione o si adatta?
«Sinceramente oggi il tema di chi guida la coalizione è l'ultimo in ordine di importanza. Osservo solo una cosa: il leader di una coalizione deve essere capace di fare sintesi delle esigenze di tutti, e soprattutto essere attrattivo verso gli incerti e gli astensionisti. Le posizioni che vengono definite con disprezzo dalla sinistra populiste, nel centrodestra che immagino hanno piena cittadinanza, anzi sono assolutamente rilevanti. Solo lo snobismo intellettuale dei salotti della sinistra può liquidarle con sufficienza. In realtà rappresentano il sentire del popolo, che in democrazia è fondamentale. Tuttavia queste posizioni da sole non bastano per vincere. Anzi, dove sono isolate perdono regolarmente, spesso aprendo la porta proprio al governo delle sinistre. Un centrodestra vincente deve avere chiaro il suo profilo moderato e riformatore, i suoi principi liberali, le sue radici cristiane. Dev'essere un centrodestra credibile agli occhi dell'Europa e del mondo, degli investitori internazionali e delle autorità sovranazionali».
Lei pensa che la Lega di Salvini possa essere sua alleata con le stesse garanzie della Lega di Bossi?
«Umberto Bossi, da solo, ha fondato un partito importante, lo ha fatto vivere sostenendo idee che in quel momento sembravano stravaganti, ha avuto la lucidità e l'intelligenza di porre la questione settentrionale, ha consentito al centrodestra di governare facendo valere le idee federaliste. Con lui ho un rapporto di stima, di amicizia, di affetto. Ma anche con Matteo Salvini ho un ottimo rapporto. E' battagliero e tenace, può svolgere un ruolo non secondario nella politica italiana».
Sulla scorta dell'esperienza rifarebbe il patto del Nazareno con Renzi o con un altro leader del Pd, per esempio Gentiloni?
«Naturalmente no. Il patto del Nazareno era un'opportunità, che non potevamo non cogliere, per cambiare - finalmente insieme - le regole obsolete della politica italiana. Avevamo il dovere di provarci. Non è stato possibile, per la miopia e l'egoismo del Pd, che ha ritenuto di usare la riforma istituzionale e la legge elettorale per perseguire i propri interessi di parte e tentare di consolidare il potere. Oggi non ci sono le condizioni per ripetere nulla di simile a quell'accordo, che comunque non aveva un carattere politico, ma soltanto istituzionale. Non preludeva cioè a una collaborazione di governo, ma solo ad una comune elaborazione delle regole. A ragionare sulle regole naturalmente siamo sempre disponibili, a patto di evitare forzature, come quella tentata nei giorni scorsa dal Pd alla Camera di riproporre il Mattarellum, un sistema elettorale che abbiamo già definito inaccettabile.
Quanto al rapporto con Gentiloni, ho già detto e ripeto che ne apprezzo il garbo e lo stile politico, anche nei rapporti con le opposizioni. Questo tuttavia non ha nulla a che vedere con il giudizio sull'attività di governo, che è sempre stato e rimane negativo. Come sempre noi facciamo opposizione nell'interesse degli italiani, non per un preconcetto. Quindi rimaniamo disponibili a votare le norme che giudichiamo utili all'Italia e agli italiani, ma non a sostenere un governo che è lontano dalle nostre idee e dai nostri programmi».
Cosa pensa dei guai giudiziari della famiglia Renzi e di Denis Verdini? È normale che la democrazia parlamentare non riesca a evitare i palazzi di Giustizia?
«Non è affatto normale. La demolizione di esponenti politici attraverso un circuito mediatico-giudiziario non mi piace neppure quando riguarda avversari o coloro che ci hanno lasciato. Credo che la presunzione di innocenza valga per tutti e non solo formalmente. Credo anche che la responsabilità sia personale, non familiare. I miei avversari, Renzi compreso, non hanno esitato ad usare l'arma giudiziaria contro di noi. Io non farò mai la stessa cosa contro di loro. Voglio sconfiggerli, ma con la scheda elettorale, non con gli avvisi di garanzia».
Presidente, recentemente ha lanciato l'idea della doppia moneta per uscire dallo strangolamento dell'euro. Ci vuole spiegare il meccanismo e perché dovrebbe essere vincente?
«Non è certo il primo esempio di doppia circolazione monetaria. Chi ha una certa età ricorderà la Am Lire, in uso in Italia dal 1943 al 1953. I più giovani hanno familiarità con i bitcoin, una moneta virtuale che affianca quelle reali in moltissime transazioni monetarie internazionali. Un processo europeo concordato, nel quale l'Euro mantenesse il ruolo di valuta di riferimento negli scambi internazionali, ma le monete nazionali riprendessero a circolare in modo da restituire agli stati una parziale sovranità monetaria, potrebbe essere la strada per conciliare due esigenze apparentemente contrapposte e dare all'Euro la funzione che avrebbe dovuto avere fin dal principio. Stiamo approfondendo le tecnicalità di questa proposta con un gruppo di economisti molto autorevoli tra cui dei premi Nobel per l'economia».
L'Europa dei burocrati rischia di morire di inedia. Qual è la sua posizione rispetto a Bruxelles?
«L'Europa dei burocrati non è quella che ha sognato la mia generazione. Non è l'Europa alla quale pensavano Gaetano Martino, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak, quando proprio sessant'anni fa firmavano i trattati di Roma; non è l'Europa che avevano sognato Alcide De Garperi, Robert Schuman, Jaen Monnet, fin dai primi anni Cinquanta. Certo, dopo le guerre fratricide del secolo scorso, un traguardo importante è stato raggiunto: quello della pace. Ma quell'Europa doveva essere un grande spazio di libertà, fondato su valori comuni, sulle comuni radici giudaico-cristiane e greco-romane, sui principi liberali condivisi, sul metodo democratico messo in comune. Doveva essere un'Europa dei popoli, nella quale le identità nazionali trovassero una sintesi senza annullarsi nella comune identità europea; quindi un'Europa in grado, proprio in nome di quel valori, di svolgere un ruolo di primo piano negli scenari mondiali, naturalmente in stretta alleanza con gli Stati Uniti. Un'Europa capace di un'unica politica estera e di difesa, faro di pace e di libertà per tutti i Paesi del mondo, basata sulla sovranità popolare, leggera nella costruzione burocratica. Un'Europa delle opportunità, non dei vincoli. In questa idea di Europa io credo ancora».
Ora sembra soffocata dall'Europa dei numeri e dei burocrati. Come recuperarla?
«Per realizzare l'Europa degli europei bisogna ripensare radicalmente la costruzione europea così come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi. Chi immagina che oggi un paese come l'Italia possa fare a meno dell'Europa commette un errore clamoroso. Ma un errore altrettanto clamoroso è quello di chi crede che l'Europa possa essere quella dei burocrati di Bruxelles, al servizio di politiche che penalizzano e soffocano la crescita in molti Stati europei. Quell'Europa non soltanto è sbagliata, è rifiutata dalla gente. Questo significa che senza un cambio di passo è destinata a fallire, a disgregarsi in tempi brevi».
Lei ha proposto recentemente il reddito minimo per i ceti più poveri. È un'idea che si sposa con quella di Grillo. Pensa che sia questa la strada per arginare i populismi?
«La nostra proposta non ha nulla a che vedere, se non in apparenza, con quella di Grillo. In comune c'è solo la constatazione che la povertà ha raggiunto in Italia livelli del tutto inaccettabili e incompatibili con un paese civile. I numeri sono impressionanti: nel nostro paese ci sono 15 milioni di poveri, fra i quali 4,6 milioni di persone che vivono in condizione di povertà assoluta. Questo significa che hanno problemi ad assicurarsi il cibo o un tetto sulla testa, e che vivono di sussidi pubblici o della carità privata. Non possiamo assistere a questo senza fare nulla. Il nostro progetto parte dagli studi del massimo economista della scuola di Chicago, il premio Nobel Milton Friedman, simbolo dell'economia liberista, che propose già alcuni decenni fa l'imposta negativa sul reddito».
Per favore ce la spieghi.
«Noi lo chiamiamo "sussidio di integrazione": al di sotto di una certa soglia, non soltanto non si pagano tasse, ma è lo Stato che versa al cittadino una cifra, variabile a seconda dei singoli casi, necessaria ad integrare il reddito fino a livelli decorosi. Naturalmente questo va inserito nel quadro di una riforma complessiva del sistema fiscale con la flat tax e del welfare, oggi costosissimo e insostenibile ma anche, come dimostrano proprio questi dati, del tutto inefficiente a risolvere i problemi sociali più drammatici».
Due snodi chiave saranno le elezioni in Francia e Germania. Qual è il suo pensiero rispetto alla politica di Marine Le Pen e alla leadership di Angela Merkel messa in dubbio dal «kapò» Schulz?
«La signora Le Pen rappresenta sentimenti, umori, paure, ragioni molto diffuse nella società francese come, in forme diverse, in tutte le società occidentali. Demonizzarla non ha senso, merita attenzione e rispetto. Detto questo, è chiaro che la sua cultura, i suoi progetti, il suo linguaggio e la sua prospettiva politica non sono le nostre. Noi apparteniamo alla grande famiglia cattolico-liberale che si ritrova nel Partito Popolare Europeo, e che si basa su valori completamente diversi. Quanto alle elezioni in Germania, naturalmente mi auguro che i partiti fratelli nel Ppe abbiano il migliore successo, ma vale anche in questo caso la regola che mi sono imposto in altre occasioni analoghe: non prendere posizione per un candidato o per l'altro in caso di elezioni in paesi democratici amici del nostro. Chi ha ritenuto opportuno interferire, come Renzi a favore della signora Clinton, si è esposto ed ha esposto il nostro paese ad una pessima figura. La Francia e la Germania rimarranno in ogni caso partner fondamentali per l'Italia, chiunque vinca le elezioni, e naturalmente rispetteremo le libere scelte del popolo francese e tedesco».
Che idea s'è fatto dell'America di Donald Trump? Giudici, burocrati, intellettuali e media gli si mettono sistematicamente di traverso. A lei capitò con 20 anni di anticipo.
«Non credo nelle facili, suggestive ma imprecise analogie fra il percorso politico del presidente Trump e il mio. Non credo neppure che, al di là di alcuni atti dimostrativi, la nuova amministrazione americana abbia ancora potuto rendere percepibili le linee strategiche della sua politica estera. Si tratta di processi estremamente complessi, che richiedono tempo. Posso dire invece che mi lascia molto perplesso la crescente inclinazione dell'ordine giudiziario, in tutte le società occidentali, ad interferire in processi squisitamente politici, sostituendosi agli eletti dal popolo, nell'imporre o al contrario nel cancellare scelte di governo. Così pure non è positiva la tendenza della magistratura a condizionare le campagne elettorali, come sta accadendo in Francia in queste settimane. Mi sembra si tratti di fenomeni di degenerazione della separazione dei poteri e di indebolimento della democrazia sui quali bisognerà seriamente riflettere a livello planetario».
Oggi uno dei manager più popolari ed efficaci d'Italia è Urbano Cairo, che con la leadership nell'editoria e la proprietà di una squadra di calcio sta ripercorrendo le sue tracce. Aveva cominciato con lei, l'imprinting è quello. Lo vedrebbe bene anche in politica?
«Urbano ha lavorato con me per molti anni. Direi che è cresciuto con me e con il mio gruppo. L'ho sempre apprezzato e il suo successo di imprenditore e di uomo di sport mi rende orgoglioso. Lo stimo davvero. Credo però che sia abbastanza saggio, come la gran parte degli imprenditori italiani, da non voler subire le stesse angherie giudiziarie e mediatiche che ho subito io, e con me la mia famiglia e le mie aziende, da quando sono sceso in politica. Non sono affatto pentito di averlo fatto, ma credo che ben pochi imprenditori siano propensi a ripetere la mia esperienza».
Nel 2001 l'Italia le aveva dato una carta di credito illimitata per fare la famosa rivoluzione liberale. Una vita dopo, ci può dire perché non riuscì? E quale sarà la sua eredità politica?
«Dell'eredità parleremo quando verrà il momento dei bilanci. Per ora preferisco guardare al futuro. Voglio ripeterle invece quello che mi capita spesso di dire, scherzando ma non troppo: c'è una sola colpa in questi 23 anni di politica della quale mi rammarico davvero, e cioè non essere riuscito a convincere gli italiani a darmi il 51% dei voti da solo. Così sono stato costretto a mediare ogni scelta con alleati ai quali non soltanto la rivoluzione liberale non interessava, ma che anzi erano molto determinati a contrastarla. Quando provai a mettere sul tavolo del Consiglio dei ministri la riforma della Giustizia, diverse mani si levarono subito per dirmi che - se non avessi ritirato immediatamente il provvedimento - il governo sarebbe caduto il giorno stesso. Mi spiegarono che c'era da parte loro - dei leaders di alcuni partiti della maggioranza - un impegno d'onore a valutare ogni norma con noti esponenti della magistratura bloccando tutte quelle a questi sgradite. Che rivoluzione liberale si poteva fare con questi compagni di strada? Detto questo, abbiamo certamente commesso degli errori anche noi, magari anche quello di cedere per senso di responsabilità, ad alcuni di questi ricatti. Va anche considerato che l'Italia è un paese difficilissimo da trasformare: gli interessi di potere stanno non solo nella politica, ma nella burocrazia, nella pubblica amministrazione, nel sindacato, nel mondo imprenditoriale. Spesso le resistenze al cambiamento sono a 360 gradi, se gli interessi che si vanno a toccare sono diffusi e consolidati».
Una domanda all'imprenditore: cosa significa la scalata di Vivendi a Mediaset nel panorama economico italiano?
«Significa il tentativo di privare l'Italia, non solo la famiglia Berlusconi, di una delle sue eccellenze imprenditoriali, ma anche culturali e artistiche. Altri paesi come la Francia fanno quadrato a sostegno delle proprie imprese. Noi in passato non lo abbiamo mai fatto -anche se oggi mi pare che ci sia dalle istituzioni una maggiore attenzione - e il nostro mercato è stato facile preda di scorrerie speculative. Quella di Vivendi è un tipico esempio: non è basata sulle regole del mercato, ma sulla loro sistematica violazione. Per questo abbiamo deciso di resistere con tutti gli strumenti finanziari e legali disponibili».
Passiamo al suo grande amore sportivo. Il closing del Milan sta diventando un tormentone. Cosa dice ai tifosi?
«Posso dire solo questo: io ci sono, la famiglia Berlusconi c'è, procederemo con la vendita solo qualora ci siano tutte le garanzie, sia di tipo finanziario che in termini di impegno per il rilancio del club. La parte cinese si è trovata condizionata da alcune impreviste e imprevedibili difficoltà, ma ci ha garantito con caparre significative. Noi siamo pronti a rispettare i nostri impegni e continuiamo a pensare che gli acquirenti rispetteranno i loro. Se così non fosse, continueremo noi e lavoreremo per fare un nuovo Milan giovane e italiano».
Tre domande allo sportivo: qual è il miglior tecnico in circolazione?
«Difficile rispondere, e forse sono parziale. Ma credo che il mio amico Carletto Ancelotti ancora oggi non abbia uguali: lo dimostra la sua capacità di adeguarsi a squadre, ambienti, campionati diversissimi fra loro e sempre con risultati straordinari».
Come pensa di blindare un fenomeno come Donnarumma?
«Donnarumma è un patrimonio del Milan. E' uno splendido prodotto del nostro vivaio e sente forte nel cuore l'attaccamento alla maglia e ai colori rossoneri. Per noi è davvero incedibile».
Lo strapotere della Juventus è come quello del suo Milan, ma non trasmette la stessa simpatia. Perché?
«Forse la Juventus ha avuto ed ha ancora un Silvio Berlusconi in meno».
Il #centrodestra è già competitivo, se è vero, come dicono tutti i sondaggi, che unito è la prima area politica del paese.
Questo d'altra parte è assolutamente logico, vista la crisi del #Pd e l'improponibilità del Movimento Cinque Stelle come forza di governo. Però a noi non basta un centrodestra competitivo, vogliamo un centrodestra vincente. Questo significa un centrodestra che sappia parlare agli italiani delusi, a quelli che oggi sono lontani dalla politica, che non vann...o a votare. Sono persone concrete, pragmatiche, alle quali non possiamo proporre soltanto slogan o frasi ad effetto. Dobbiamo presentare loro un #progetto concreto e realizzabile, indicando i modi, i tempi, i costi e i componenti del #governo col quale pensiamo di realizzarlo.
Solo così avremo #credibilità e attenzione. Per fare questo non bastano i politici di professione: abbiamo bisogno di persone che nella loro vita professionale, nell'impegno sociale, nell'attività culturale, nel mondo dell'impresa e del lavoro abbiano dimostrato con i fatti quello che sono in grado di fare. Stiamo lavorando con protagonisti della cosiddetta società civile che non hanno mai fatto politica e che sono apprezzati e stimati per il successo che hanno saputo conquistarsi. A loro vogliamo riservare almeno la metà degli eletti di Forza Italia alle prossime elezioni politiche, accogliendo i suggerimenti e le indicazioni che abbiamo chiesto, e che continuano ad arrivarci dalle #categorie e dalle associazioni #professionali.
L'ho detto oggi a La Verità.
Oggi non ci sono le condizioni per ripetere nulla di simile al cosiddetto "Patto del Nazareno", che comunque non aveva un carattere politico, ma soltanto istituzionale. Non preludeva cioè a una collaborazione di governo, ma solo ad una comune elaborazione delle #regole. A ragionare sulle regole naturalmente siamo sempre disponibili, a patto di evitare forzature, come quella tentata nei giorni scorsi dal #Pd alla Camera di riproporre il #Mattarellum, un sistema elettorale che ...abbiamo già definito inaccettabile.
Quanto al rapporto con #Gentiloni, ho già detto e ripeto che ne apprezzo il garbo e lo stile politico, anche nei rapporti con le opposizioni. Questo tuttavia non ha nulla a che vedere con il giudizio sull'attività di #governo, che è sempre stato e rimane negativo. Come sempre noi facciamo #opposizione nell'interesse degli italiani, non per un preconcetto.
Quindi rimaniamo disponibili a votare le norme che giudichiamo utili all'Italia e agli italiani, ma non a sostenere un governo che è lontano dalle nostre idee e dai nostri programmi.
L'ho detto a La Verità.
L'#Europa dei burocrati non è quella che ha sognato la mia generazione. Non è l'Europa alla quale pensavano Gaetano Martino, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak, quando proprio sessant'anni fa firmavano i trattati di Roma; non è l'Europa che avevano sognato Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Jaen Monnet, fin dai primi anni Cinquanta.
Certo, dopo le guerre fratricide del secolo scorso, un traguardo importante è stato raggiunto: quello della #pace. Ma quell'Europa doveva essere u...n grande spazio di #libertà, fondato su valori comuni, sulle comuni radici giudaico-cristiane e greco-romane, sui principi liberali condivisi, sul metodo democratico messo in comune. Doveva essere un'Europa dei #popoli, nella quale le identità nazionali trovassero una sintesi senza annullarsi nella comune identità europea; quindi un'Europa in grado, proprio in nome di quei valori, di svolgere un ruolo di primo piano negli scenari mondiali, naturalmente in stretta alleanza con gli Stati Uniti. Un'Europa capace di un'unica politica estera e di difesa, faro di pace e di libertà per tutti i Paesi del mondo, basata sulla sovranità popolare, leggera nella costruzione burocratica. Un'Europa delle #opportunità, non dei vincoli. In questa idea di Europa io credo ancora.
Ma per realizzare l'Europa degli europei bisogna ripensare radicalmente la costruzione europea così come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi. Chi immagina che oggi un paese come l'Italia possa fare a meno dell'Europa commette un errore clamoroso. Ma un errore altrettanto clamoroso è quello di chi crede che l'Europa possa essere quella dei #burocrati di Bruxelles, al servizio di politiche che penalizzano e soffocano la #crescita in molti Stati europei. Quell'Europa non soltanto è sbagliata, è rifiutata dalla gente. Questo significa che senza un cambio di passo è destinata a fallire, a disgregarsi in tempi brevi.
L'ho detto a La Verità, in un'intervista oggi in edicola.
Rokavec Alexsander universal business management consulting investor global investment hardware & software
Sto in campo per senso di responsabilità verso il mio paese, che continuo ad amare, sto in campo per rispetto agli italiani che mi hanno dato negli anni 200 milioni di voti, sto in campo anche per voi, che avete combattuto con me in tutti questi anni le nostre battaglie di libertà. Contate su di me, io ci sarò!
Il nostro programma si basa sui nostri valori fondanti cristiani. Le nostre radici sono giudaico cristiane. Gli #ebrei sono - come diceva il Papa - nostri fratelli.
Israele è parte dell'#Europa e dell'Occidente come noi. Più volte in UE ho messo il veto a risoluzioni contro Israele.
L'Europa, però, per avere un senso deve avere una difesa comune. E deve far cessare le assurde sanzioni contro la Russia.
Rinnovare il nostro Movimento non significa metterci solo giovani. Il futuro è nell'esperienza, nella capacità, nel senso del dovere. Noi candideremo almeno per 1/3 imprenditori, docenti, professionisti, manager che abbiano dimostrato quello che sanno fare.
Inoltre daremo grande spazio ai rappresentanti delle categorie professionali. Faremo un "contratto" pubblico con loro sui progetti di legge da presentare ed approvare, e sui nomi che loro stessi ci indicheranno per essere rappresentati in Parlamento.
Gli #immigrati sono costretti a delinquere per sopravvivere. Chi ruba negli appartamenti svuota per prima cosa il frigorifero. Questo significa che sono disperati e affamati
E' quindi ovvio che bisogna fermare questa tragedia alla fonte, non facendoli partire, come aveva fatto il nostro governo.
In Italia c'è un numero enorme di scippi e di furti in appartamento. Chi subisce un'effrazione ha il diritto di difendersi come può. Per questo occorre passare dalla legittima difesa al #diritto di #difesa.
Nel nostro programma prevediamo nessuna tassa sulla prima #casa, che per noi è sacra, nessuna tassa sulla #successione, che è ricchezza gìa tassata quando è stato prodotta, nessuna tassa sulla prima #auto, che è uno strumento di lavoro, #FlatTax uguale per tutti al 22-24%. Meno non è credibile.
E ancora abolizione dell'#IRAP che l'azienda paga anche quando perde.
Le imposte non sono un diritto dello stato, sono il pagamento di servizi. Per questo se lo stato ci chiede 1/3 d...i quello che guadagniamo lo sentiamo giusto e lo paghiamo volentieri, se invece ci chiede oltre il 60% ci sembra una rapina. Questo non vuol dire ovviamente che le #tasse non vanno pagate, significa che vanno ridotte.
E poi vogliamo garantire una #pensione minima a 1000 euro per tutti. La pensione alle mamme per dare loro una vecchiaia dignitosa e serena. Vogliamo introdurre un sussidio di compensazione per le #famiglie in condizione di povertà assoluta e relativa, una convenzione con i #cinema per l'ingresso gratuito agli #anziani, viaggi gratuiti per gli anziani in #treno in certi giorni della settimana, #cure odontoiatriche gratis per gli anziani, molti dei quali non possono permettersi il dentista, e aiuti agli anziani che possiedono un animale domestico.
Perché anche gli #animali hanno diritti, non solo gli uomini. Sono esseri senzienti. Chi uccide un animale deve andare in galera. Gli animali devono poter entrare in tutti i luoghi pubblici e aperti al pubblico. Dobbiamo aiutare e finanziare i #canili e i #gattili.
Invito tutti i militanti di Forza italia ad adottare un cane o un gatto in un canile o in un gattile.
Dobbiamo anche aiutare chi ha un animale e poche risorse per mantenerlo. Se vuoi un amico vero scegli un animale. Io, che amo avere tanti amici, ho 21 cani, se conto quelli adottati da me e da mia figlia Marina.
In Italia non c'è più il bipolarismo che Forza Italia aveva fatto nascere nel 1994. Abbiamo un sistema tripolare in cui si vince con il 30-32%. Per questo non si può utilizzare un sistema elettorale maggioritario.
Il Movimento Cinque Stelle può fare qualsiasi figuraccia. Eppure continua ad aumentare i propri voti. Perchè? Perchè con gli ultimi governi il numero dei poveri è aumentato a dismisura: 15 milioni di italiani sono in condizione di povertà e 4.600.000 vivono di assis...tenza e carità.
La stessa tecnologia, che evolve, e la crisi delle start-up, che non riescono ad accedere al credito, portano a diminuire i posti di lavoro. E coloro che perdono il proprio lavoro ritengono responsabile della loro situazione la classe dirigente del paese nella sua globalità.
Il reddito di cittadinanza, com'è calcolato dai 5 Stelle, non è sostenibile. I grillini lo finanzierebbero portando l'imposta di successione al 50%...
Ma questo non significa che allora lo Stato può voltare la testa dall'altra parte. Noi abbiamo la soluzione: partendo dall'imposta negativa sul reddito di Milton Friedman proponiamo di integrare i redditi insufficienti. Questo, tagliando le spese, si può fare.
Stamani con i #Seniores di Forza Italia lavoriamo al nostro programma.
Per quanto mi riguarda, confido nella Corte di Strasburgo. Ma se anche, per assurdo, non potessi candidarmi alle prossime elezioni, sarò comunque in campo per fare la campagna elettorale. D'altronde neppure Renzi e Grillo sono in Parlamento.
I sondaggi dicono che sul referendum costituzionale ho spostato il 5% a favore del No. Farò la stessa cosa in campagna elettorale, proprio come accadde nel 2013. Avevo lasciato Forza Italia nelle mani di Alfano e il nostro Movimento era calato all'11.7%. Sono tornato a fare campagna elettorale e dopo 21 giorni abbiamo chiuso al 21.7%.
Proprio in questi giorni, cento anni fa, è cominciata una rivoluzione tragica, sanguinosa, cupa, la Rivoluzione Russa, che si è risolta nell’orrore del comunismo, in povertà, fame, sangue, terrore.
La nostra sarà proprio il contrario. Una rivoluzione pacifica, gentile, fatta di progresso e di benessere. Una primavera azzurra, una primavera che ci porterà verso una grande estate di libertà.
Voglio presentare alle elezioni una Forza Italia rinnovata a fondo:
un terzo dei candidati lo sceglieremo fra gli amministratori locali e i ragazzi di Forza Italia Giovani;
un terzo fra le categorie professionali, cui chiediamo di indicarci nomi di loro associati disposti ad impegnarsi, persone che non hanno mai fatto politica, a cui rivolgerò un appello pubblico nei prossimi giorni;
un terzo riservato a chi ha ben lavorato fra i parlamentari uscenti, cioè quasi tutti.
Stiamo creando un laboratorio del pensiero liberale, staccato da Forza Italia, a cui ci rivolgeremo per verificare il nostro programma e per avere idee e suggerimenti.
Come nel 1994, quando c'erano Antonio Martino, Gianni Baget Bozzo, Antonio Marzano, Lucio Coletti e Piero Melograni.
Sul fronte sanità vogliamo stabilire tempi massimi per gli esami clinici, rendere gli interventi odontoiatrici gratis per gli anziani e offrire sostegno per l'acquisto di farmaci non mutuabili.
Nel nostro programma c'è spazio anche per i nostri amici a quattro zampe. Vogliamo poterli portare con noi in tutti i luoghi, pubblici o privati.
E pene detentive per chi compie maltrattamenti e per chi addestra i cani per i combattimenti.
Mi addolora la situazione dei canili e dei gattili. Ho visitato il canile di Olbia e non ho resistito: mi sono portato a casa altri 5 cani, che ho diviso con mia figlia Marina. Ora, fra lei e me, sommati, ne abbiamo 21.
FATE COME LUI! HA SALVATO CINQUE AGNELLINI DALLA STRAGE PER IL PRANZO DI PASQUA!