Shopping time. O quasi...
Foto di Tuur Tisseghem da Pexels

Shopping time. O quasi...

Se gestisci stores e team aziendali, se conosci le dinamiche del retail "fisico", le dinamiche commerciali, gestionali, interpersonali che attendono alle viscere di uno store format, allora il pomeriggio che decidi di dedicare allo shopping personale non è mai una passeggiata troppo disponibile a farsi rapire dalle luci delle vetrine. Stai pur sempre "zigzagando" tra uno store e l’altro. Nel bel mezzo del tuo universo professionale. Non ci riesci a distaccarti dalla tua più quotidiana dimensione. Dalla tua forma mentis ormai ben radicatasi nel tempo.

Di quegli store comprendi agilmente quella si chiama l’“aria che tira”.

Gli sguardi, il linguaggio e la postura dei venditori, l’impostazione di visual merchandising. Ogni angolo dello store sembra volertene rivelare quanto di più "intimo". L’andamento commerciale, gli umori e le dinamiche interpersonali che lo animano. Se bene o se mal gestito.

Dinnanzi ad una vetrina pensi sempre a tutto lo sforzo strategico, fisico, creativo che comporta confezionarla. Ne pesi il linguaggio comunicativo, poni attenzione al font scelto per i cartellini dei prezzi, alla postura di quel manichino, a come il prodotto è esposto e di cui pensi se sia pienamente valorizzato o meno. Scannerizzerai quindi ogni angolo di quel “palcoscenico” come fossi un robottino aspirapolvere che ne scruta l’eventuale accumulo da far fuori!

Si tratta di un moto istintivo. Non vi è nulla di forzato. Se ami il tuo lavoro è persino probabile che quella passeggiata dai sapori così “professionali” ti piaccia così com’è, in barba al tempo spensierato.

Quando poi di uno store varchi la soglia, allora il manager che sei si impossessa totalmente di te.

Accade così che del “benvenuto” e del “buongiorno” col quale il venditore ti accoglie cercando un primo sano approccio, poni più che altro attenzione al tono della voce. Al sorriso che lo accompagna. Se pieno, se sincero, se affaticato, se dovuto, se costruito. Il più delle volte, pur quando desiderassi chiedere di un prodotto in particolare, ti smarchi subito con educazione da quell’approccio. Non puoi andare subito a dama. hai troppo altro da…annusare, osservare, respirare. Troppo altro di cui “devi” (istintivamente) occuparti. Il clima ambientale, per esempio. Se sano, se armonico, se c’e’ collaborazione tra le singole risorse. Quanto si sentano realizzate. Son cose che ben comprendi. Le osservi una ad una. Quei loro sguardi, le espressioni dei loro volti, ti rivelano il mondo.

Ai due colleghi che si stanno raccontando cose di vita privata vorresti rilevare quale distacco, quale cattivo sapore provochi nel cliente quel loro bisbigliare. Poi c'e' quella giovane venditrice alle prese con una distinta signora col cane al guinzaglio. Ha un modo di fare estremamente gentile. Aggraziato. Le sta consigliando un abbinamento. Sta facendo sano cross selling con tecnica acerba, ma modi efficaci. Si vede che è alle prime armi. Pensi abbia un contratto a tempo determinato, forse un'apprendista, e che si farebbe in quattro per venir confermata. Avresti voglia di chiedere chi sia lo store manager per dirgli di quanto pensi quella ragazza sia un elemento eccellente, con grande voglia di fare. Che diventerà una colonna dello store se ben formata, stimolata, responsabilizzata.

Del negozio in cui entri più tardi ti colpisce la cattiva comunicazione di quel venditore che nel giro di un istante si è maldestramente improvvisato podologo ed ortopedico per forzare la vendita di una scarpa ad un cliente alle prese con una dolorosa metatarsalgia. E’ insistente, un po’ scostante. Il volto mostra insofferenza. Magari ha poca pazienza caratteriale. Forse non è tarato per quel lavoro, ma sai che è colpa sua soltanto in parte. Non dev’esser troppo ben formato e pensi che probabilmente in quell’azienda i kpi invece che far da perno per stimolare la risorsa, vengano usati come scure.

Al prodotto in sé riponi maggiore, massimale attenzione quando entri nello store di un’azienda concorrente a quella per cui magari lavori. Lo tocchi, ne leggi le etichette, pesi gli abbinamenti proposti in vetrina e internamente, poni attenzione agli allestimenti, a come il prodotto è riposto negli scaffali. Quando parlassimo di abbigliamento provi anche qualche articolo per verificarne la calzata. Il fitting. Inevitabile che tu finisca per farne valutazioni comparative di mercato e di gusto. Ti viene pure voglia di metter le mani su quel manichino. Quella giacca che indossa è un po’ troppo ampia sui fianchi. Andrebbe meglio avvitata con qualche spilla più strategicamente fissata. Sei dentro una bolla, ma è la tua bolla. Ti ci trovi benone. In fondo è’ quel che accade ad un qualunque professionista appassionato. Penso chessò, ad uno sceneggiatore quando va al cinema. Difficile si lasci pienamente trasportare dalla trama di un film. Sarà sempre fatalmente concentrato anche sulla qualità dei dialoghi. Su quanto siano efficaci o banali. Credibili o piuttosto forzati.

Se lo ami, il tuo lavoro non sarà mai soltanto sinonimo di quotidiano impegno fisico, intellettivo, creativo, analitico. Siamo ciò che mangiamo, dice una saggio detto, e con qualche assonanza aggiungerei che ci nutriamo di ciò per cui ci appassioniamo.

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