Si riparte! E adesso?

Si riparte! E adesso?

Dal diario di bordo di un comunicatore in “smart working forzato”, alcune riflessioni, pensieri ed emozioni sugli elementi da mettere nello zaino per la prossima missione extra-veicolare in un mondo tutto da esplorare

Allora è ufficiale. La fase due dell’emergenza Coronavirus inizia davvero! Mentre sui giornali si leggono le indicazioni di quello che potremo fare dal 4 maggio, vale la pena fermarsi ancora un momento per un bilancio, per preparare lo zaino del comunicatore e riprendere il cammino là dove è stato interrotto il 21 febbraio. Cosa ci hanno insegnato questi mesi di remote working chiusi in casa, in compagnia del nostro pc e dei nostri familiari? Cosa vale la pena salvare per il prossimo futuro?

Davvero difficile rispondere a tali domande. Non sappiamo ancora dire con chiarezza se e quanto il mondo della comunicazione sarà effettivamente diverso rispetto al passato. I fattori che destano preoccupazione sono ancora tanti, soprattutto a livello occupazionale. Tuttavia, sulla superficie della scrivania che ci ha visto digitare e navigare nel WEB per moltissime ore al giorno, si sono depositati alcuni nuovi spunti sui quali vale la pena riflettere.

Iniziamo da una prima conferma, cosa da non trascurare in un mondo in cui l’unica cosa certa è proprio l’incertezza. Effettivamente, l’esperienza Coronavirus ci ha dimostrato il fatto che in un percorso di change sono soltanto due le leve in grado di reggere qualunque situazione di crisi: le persone e la tecnologia.

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In questi mesi abbiamo visto che le nostre colleghe e i nostri colleghi si sono dimostrate capaci di affrontare (molto bene) situazioni complesse e del tutto nuove e dunque non possono essere lasciate da sole da un'organizzazione aziendale. Senza la professionalità, e competenze, le passioni e anche le storie dei singoli, l’impresa non arriva da nessuna parte. Può sembrare banale o retorica questa considerazione ma effettivamente la pandemia ci ha ricordato che la tanto dichiarata "centralità della persona" non deve essere mai uno slogan, ma un impegno preciso, autentico e costante dell’organizzazione. Siamo di fronte ad un tema cruciale e strategico che, chi si occupa di comunicazione deve sostenere, rilanciare e mettere in campo con forza e coerenza, non avendo timore di utilizzare anche format nuovi, rapidi, trasparenti e multichannel.

Abbiamo poi il fronte il tema della tecnologia e in particolare quella digitale. Al di là delle definizioni teoriche o delle simpatie personali, è indubbio che in questo scenario il linguaggio social nella comunicazione interna o nelle strutture che si occupano di ingaggio, ha offerto piattaforme collaborative aperte e molto funzionali: tutti noi abbiamo utilizzato strumenti e canali che hanno reso più facile il nostro mestiere e il nostro ruolo.

Mentre fuori si chiudevano le strade e le relazioni diventavano impossibili, in molte imprese abbiamo visto aprirsi “piazze” di comunicazione digitale che hanno dimostrato “sul campo” di saper offrire opportunità per lavorare in team, per condividere momenti di lavoro e momenti di relax (gli aperitivi digitali ad esempio o i pranzi virtuali organizzati in molte aziende resteranno a lungo nei nostri ricordi), per studiare, per essere rassicurati, ecc. E grazie al linguaggio social, nessuno è rimasto da solo ed isolato nei rapporti con la propria organizzazione.

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Questo "via vai" virtuale ha generato (e sta ancora generando, per la verità) un vero cambiamento i cui confini sono ancora da comprendere e da mettere a fuoco. La corsa allo smart working e la sua trasformazione in remote working ha confermato che esistono davvero nuovi modi per lavorare, per conciliare ad esempio il tempo libero con quello lavorativo, per sperimentare anche una nuova leadership digitale: pensiamo ad esempio ai tanti team leader che, lasciando da parte l’ansia del controllo, hanno dovuto esercitare (in qualche occasione anche forzatamente!) la fiducia, la delega, la necessità di non dare mai nulla per scontato nelle relazioni con i collaboratori, facendo sentire chi lavora “semplicemente” una persona.

L’importante – ci ricorda sempre l’emergenza sanitaria di questi mesi – è che queste due leve giochino sempre in team. La tecnologia digitale senza l’essere umano non genera nulla di innovativo. Lavorare 10 o 12 ore al pc di casa, senza una adeguata postazione ergonomica, con il terrore di essere isolato o la paura che un semplice cambio di password possa definitamente escluderci dal mondo, non è più sostenibile.

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La tecnologia e il linguaggio dei social funzionano davvero – e lo abbiamo tutti toccato con mano, questa volta – solo se entrambi mettono le loro grandi potenziali di comunicazione al servizio delle persone, delle necessità psicologiche e professionali, dei possibili contatti che possono nascere nelle organizzazioni, della capacità di lavorare utilizzando parametri nuovi e generativi. Continuare a considerare la digitalizzazione e le persone come mondi che non si incontreranno mai, non solo è un errore di prospettiva manageriale ma soprattutto è un punto di vista miope destinato a rallentare, se non fermare in modo irreversibile, qualunque processo di cambiamento .

Oggi più che mai, chi non sarà in grado di mettere in discussione le dinamiche interne, di non utilizzare la digital come opportunità per essere più bravi a essere semplicemente noi stessi curando i nostri network interni e aprendo spazi reali alla creatività e all’innovazione, si espone a rischi molto seri di isolamento dal mercato. Per non parlare della necessità di prendersi cura delle nostre persone che, grazie alla tecnologia digitale, potrebbero trovare nuove strade, espressioni e opportunità per avere sempre al centro chi ha il compito di far "volare" i progetti di cambiamento.

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Ma c’è ancora dell’altro. Cosa sta accadendo nel "fantastico" mondo dello storytelling aziendale? Ne parleremo in un secondo articolo. A presto!

E nel frattempo un grande "in bocca al lupo" a tutti noi, al nostro Paese, alla nostra economia, alle nostre famiglie, ai nostri cari e al nostro lavoro! E ricordiamoci sempre che abbiamo tutti bisogno di futuro!

Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande (Charlie Brown).
Fabrizio Perna

Retail Sales Manager

4 anni

Crepi...ben detto..si può essere vicini e presenti anche a distanza, grazie alla tecnologia, che non può essere più un alibi. Ora ne abbiamo la dimostrazione vera. Buona ripresa a tutti

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