Siamo oggetti o soggetti?

Siamo oggetti o soggetti?

Esiste, in ciascuno di noi, un diverso atteggiamento in termini di attivazione e di partecipazione a progetti, attività o iniziative, in relazione a quanto ci sentiamo essere oggetti passivi di un sistema di comando e controllo (spesso intriso di giudizi, divieti e punizioni) oppure a quanto ci sentiamo essere soggetti attivi in un sistema dinamico dove l’agire è accompagnato dalla comprensione dello scopo e del perché delle cose che facciamo. Questo vale nella vita così come nel lavoro.

Nella pratica quotidiana tutto ciò è spesso la conseguenza del modo in cui una persona, un collaboratore, un alunno o un discepolo, un figlio o una figlia viene formato, educato, stimolato o guidato verso un obiettivo: facendo leva sul senso di colpa oppure agendo su un coinvolgimento responsabile. Ovvero da quanto e come ti considero, nel bene o nel male, responsabile e causa di ciò che accade oppure attore di un qualcosa che può essere visto, qualunque ne sia l’esito, come fonte di crescita ed apprendimento. Apprendimento ottenuto anche magari passando attraverso l’esperienza di errori o di fallimenti. 

Subire colpevolmente o agire attivamente, difendersi o avanzare, ritirarsi o svilupparsi, lavorare per colmare una carenza - ciò che manca – oppure darsi da fare per crescere, per incidere e per realizzare quel qualcosa di più che prima non c’era. La stessa differenza di atteggiamento che passa tra il curare una malattia o il contribuire a generare salute e benessere.

Due modi in antitesi di essere ma anche due diversi stili di leadership e di cultura aziendale: il primo con i piedi ben piantati in un “mindset statico”, il secondo in cammino all’interno di un “mindset dinamico”.  La sfida quotidiana tra inerzia e movimento, stasi e sviluppo, tradizione ed innovazione.

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