Siamo tutti un brand, ma siamo tutti persone
Questa cosa del personal branding rischia di sfuggirci di mano o, quanto meno, di essere fraintesa.
Il personal branding ci viene raccontato, negli ultimi anni, come quella serie di “attenzioni” che dobbiamo avere per la nostra (personale) presenza online. La tua foto profilo deve essere ben composta, ben illuminata, ben fatta. La tua bio deve raccontare qualcosa di spiritoso, ma non troppo, devi essere interessante, ma non troppo, umile a dismisura ma, anche qui, senza debordare nell'auto annichilimento.
E i post? Vogliamo parlare dei post?
Devi essere compìto, ma non troppo; politicaly correct, ma non troppo, arrogante, quando serve e, comunque, non troppo; valoriale, ma non stucchevole; motivazionale, ma non troppo; infine, amichevole, ma non troppo.
In un attimo siamo diventati tutti molto attenti alle regole, alle best practices, al “bon ton” della rete in modo tale da garantirci più possibile integrazione con gli standard comunicativi più diffusi o, quantomeno, quelli più usati dai nostri guru. Siamo diventati freddamente gentili, umilmente snob e come conseguenza, facilmente inarrivabili.
Qual è il giusto equilibrio? Esiste?
La risposta è, ovviamente, sì. Ma bisogna liberarsi di un po’ di bagagli, meglio ancora, come dice l’ottimo Gabriele Romagnoli, bisogna viaggiare leggeri, solo con il bagaglio a mano.
Se vuoi avere successo online il personal branding è un concetto che vuoi tenere presente, fosse anche solo perché fare le cose alla carlona non ha mai portato a buoni risultati. Ma quando si diventa troppo “branding” e ci si dimentica della parte “personal” stiamo perdendo vista i veri obiettivi della nostra presenza online.
Io credo che il segreto principe di ogni azione efficace risieda in un unico fattore: la semplicità.
Quando adotti modelli di comportamento complicati, approcci troppo elaborati, uno stile comunicativo troppo ricercato ti stai allontanando da chi sei veramente.
Io, per non sbagliare, mi sono dato un “protocollo” banalissimo ma che, negli anni, si è rivelato la bussola che mi ha aiutato a non perdermi, anche nelle situazioni più elaborate.
1. Vai dritto al sodo: chi è online non ha voglia di perdere troppo tempo, giusto o sbagliato che sia. Fattene una ragione.
2. Sii chiaro: se devi scrivere un thriller ci sta che tu sia un po’ criptico, ma se siamo online non voglio fare una caccia al tesoro. Via i tecnicismi inutili, i paroloni e il gergo specialistico. Fatti capire!
3. Sii autentico: non provare ad assomigliare a uno dei tuoi guru, chiunque esso sia. Fai trasparire la tua personalità, le emozioni che hai, il tuo senso critico, la tua esperienza personale. Tutto il resto è noia. Punto.
Il personal branding va bene se rimani “personal”, come si diceva poc'anzi. Ma, quando dico “personal” intendo che devi rimanere di chi sei, non la versione più ingessata di te stesso e non la versione intellettualoide che non ti assomiglia.
Puoi imparare a comunicare meglio? Certo.
Puoi imparare ad essere più efficace? Certo.
Puoi imparare ad essere più ingaggiante? Certo.
Ma, ricorda, che in un mondo in cui siamo tutti fornitori di qualcuno che può sceglierne migliaia capaci come noi, l’unico differenziale è la tua personalità.
A parità di competenze vince chi è più naturale, sciolto e autentico.
Tutti gli altri sono fotocopie di qualcun altro e, lasciami dire, spesso venute male.
Humane Technologist per reazione🔹 Senior Social Media Strategist per ripicca🔹 Community Manager per esasperazione🔹 33% Attivismo Digitale 33% Empatia 33% Etica 🔹 "Prima di essere Social, sii socievole"
4 anniOttimo Max leggo ma tu sai già come la penso 😉
PCC Business & Career Transition Coach | Career Sustainability evangelist | Leadership Developer | Career Positioning & Professional Brand |CV & LinkedIn Consultant
4 anniconcordo pienamente. Tempo fa una persona mi ha fatto notare che quanto avevo affermato in un post era vero, ci si ritrovava appieno, ma forse avevo usato un tono un po' rude per far passare il concetto. Felice che avesse notato quell'elemento "fastidioso" che avevo intenzionalmente usato, gli ho spiegato che non sono più tempi di minuetti, ma le cose vanno dette per come sono. Anche questo spacca l'audience e fa personal branding.
Docente di Filosofia e storia
4 anniC'è molto chiasso là fuori. Non si sfugge: una presenza su LinkedIn e una strategia digitale si costruiscono con pianificazione, metodo e perseveranza. A questi elementi bisogna aggiungere cuore e realismo. Devi capire te stesso e la tua rete di riferimento. E osare con un pizzico di follia, perché, talvolta, qualche sbavatura è meno importante dell'autenticità. Ho provato anch'io a creare un "effetto cocktail party" con il mio profilo e i miei contenuti. Ammetto che la tentazione dei numeri e della continua spinta espansiva è molto forte. Ma è bello, se l'effetto propulsore finisce, accorgersi che c'è un gruppo di persone che ti cercano, aspettano i tuoi post o le note vocali, accettano i tuoi consigli e te ne offrono in maniera quasi automatica. Se metti a fuoco contesto e risorse saprai ridefinire gli obiettivi e l'essenza stessa del successo. Grazie Max Furia per i tuoi spunti di riflessione.
Avvocato. Mi occupo di tutela e gestione dei patrimoni. Miro al benessere legale delle persone
4 anniMax Furia, sei un faro nella notte! Il mondo fisico così come quello virtuale è pieno di persone che fanno esattamente lo stesso mestiere o di società che offrono gli stessi identici servizi. E magari anche il risultato che consentono di raggiungere è uguale. La personalizzazione del lavoro diventa così un elemento fondamentale per rendere distinguibile il mio prodotto. Ma credo che la personalizzazione faccia di più: dà un valore aggiunto a ciò che faccio, gli imprime qualità - percepibili dal cliente - che i prodotti "in serie" e quindi anonimi non hanno.
Consulente e Facilitatrice HR per la comunicazione efficace e la relazione consapevole - Coltivo e promuovo il linguaggio chiaro, ampio e rispettoso - Coach - Autrice e speaker - Montanara
4 anniMax Furia sì, sono d'accordo. La sensazione che ci siano dei binari sui quali bisogna, per forza, correre altrimenti non puoi procedere, è forte; così come mi sta arrivando quell'effetto uniformità che rende difficile distinguere l'autenticità. Un mio piccolo contributo in aggiunta ai tuoi suggerimenti: social è social network ma è anche socialità e la socialità non può e non deve essere confinata dentro ai nostri pc o smartphone. Senza retorica alcuna ma per rompere gli schemi dobbiamo ogni tanto anche uscire dagli schermi.