Simulare la realtà per comunicare: la Realtà Virtuale come strumento efficace per i brand
Immersione, multisensorialità, presenza: la realtà virtuale offre ai brand la possibilità di utilizzare nuove funzionalità e forme di comunicazione evolute per avvicinarsi sempre più al proprio pubblico.
Simulare o ricreare la realtà mediante la tecnologia sta diventando uno dei business più promettenti; dopo aver deluso la fiducia degli utenti a metà degli anni 2000, la realtà virtuale da qualche anno è tornata nel mirino di aziende e investitori.
La rinascita della realtà virtuale è avvenuta grazie all’arrivo sul mercato di nuovi e più potenti visori VR, all’affinamento delle esperienze utente e all’uscita di nuovi processori sempre più evoluti che rendono le simulazioni e le interazioni dell’utente con il mondo virtuale sempre più simili alla vita vera. Il mercato della realtà virtuale è in forte crescita e va guardato con attenzione; secondo Statista.com nel 2020 raggiungerà un valore pari a 40,4 miliardi di dollari.
Realtà virtuale: valore di mercato 2016-2020. Fonte: Statista.com.
La disponibilità di funzionalità sempre più avanzate introdotte dalla virtual reality rende l’interazione virtuale sempre più simile a quella reale, permette di sperimentare nuove forme di fruizione di contenuti e consente la simulazione di attività non riproducibili in condizioni reali. La realtà virtuale consente dunque di vivere in modo realistico una serie di esperienze che fino a qualche anno fa erano tecnologicamente irrealizzabili o risultavano scarsamente coinvolgenti perché poco verosimili; il progresso registrato dalle tecnologie oggi rende ora possibili nuovi tipi di conversazioni tra i brand e i clienti.
Esperienze e storyscapes: i casi Window Wonderland, Mars Experience bus e Unicef 360°
La realtà virtuale ha cambiato il modo di comunicare così profondamente che chi se ne avvale per produrre contenuti non parla più di interattività, ma fa riferimento a esperienze, immersione, presenza e storyscapes, ovvero storie intimamente connesse a emozioni e paesaggi in cui viverle.
Il livello di presenza diventa quindi l’indicatore del grado di immersività visiva e sensoriale in cui l’utente può vivere il messaggio e la storia che gli si vuole raccontare: un nuovo approccio spiegato qui da Edward Saatchi, producer di Oculus Story Studio.
Immergersi nelle storie proposte dai brand può anche significare diventare protagonisti della narrazione; uno dei casi di maggiore successo nel campo della realtà virtuale è “Window Wonderland”; realizzata nel 2016 negli Stati Uniti grazie a Google, aveva l’obiettivo di offrire agli utenti un viaggio multisensoriale attraverso le vetrine dei più grandi negozi di New York City.
Il progetto Window Wonderland.
Il team di Google Art, Copy & Code, ideatore dell’iniziativa, ha il compito di capire, studiare e creare nuove forme con cui la tecnologia può avvicinare i brand ai propri clienti in un contesto ogni giorno più digital. Per realizzare Window Wonderland, Google ha effettuato le riprese in alta definizione dei 18 negozi e grandi magazzini più importanti della metropoli americana, trasformandoli in un filmato fruibile da qualsiasi computer o smartphone che diventa un’esperienza multimediale se visto con un visore VR.
I visori personali VR in commercio non sono però l’unico modo per entrare a contatto con la realtà virtuale; la creazione di un ambiente immersivo in cui l’individuo è circondato da schermi che riproducono fedelmente un ambiente fittizio è alla base del Mars Experience Bus, emozionante esperimento condotto da Lockheed Martin nel 2016 che ha avuto per protagonisti gli studenti di una scuola media di Washington.
Lo scuolabus su cui sono saliti i ragazzi è stato trasformato in un visore gigantesco aumentando di molto l’effetto immersione: i finestrini sono diventati schermi capaci di restituire un’esperienza spaziale tra le colline di Marte in corrispondenza di ciascun movimento effettuato sulla crosta terrestre dal bus.
Il viaggio su Marte condotto dalla scolaresca di Washington.
L’immersività offerta dalla realtà virtuale aumenta considerevolmente la forza dei messaggi che vengono comunicati. L’iniziativa di comunicazione Unicef 360° condotta dall’Agenzia dell’Onu per i diritti dell’infanzia ne è senz’altro un esempio: scaricando un’applicazione e utilizzando un semplice visore di cartone, Unicef ha dato modo a migliaia di persone di aggirarsi virtualmente tra le comunità del mondo che oggi beneficiano delle azioni che conduce e verificare la loro efficacia.
L’iniziativa Unicef 360°.
Le piattaforme principali: le sfide tra grandi player e realtà promettenti
La corsa verso le tecnologie virtuali vede grandi player impegnati a investire risorse e a trovare nuove soluzioni sempre più avanzate da mettere a disposizione di utenti e brand: Facebook Spaces e Google Daydream sono tra le più promettenti, ma anche AltSpace VR e VTime possono ancora riservare sorprese.
Facebook Spaces permette agli utenti di creare il proprio avatar virtuale e di organizzare videochat fino a 4 utenti che diventano completamente virtuali se tutti gli invitati utilizzano il visore Oculus Rift. Facebook Spaces mostra un potenziale immenso per i brand: la dimensione virtuale in cui si opera può far vivere esperienze di prodotto impensabili fino a oggi che includono i video 360, videochat, selfie virtuali e molte altre funzionalità.
Facebook Spaces.
Google ha risposto con Daydream, a sua volta una piattaforma di realtà virtuale a cui sono stati associati i visori Daydream View. La fruizione di contenuti in modalità VR è ormai ampia anche se ancora principalmente presidiata quasi esclusivamente dai grandi editori: ne sono esempio i canali televisivi di realtà virtuali del New York Times e del Wall Street Journal. I primi brand intanto iniziano ad arrivare: chi ha saputo sfruttare a pieno le potenzialità dei video 360 è senz’altro Realestate VR azienda immobiliare australiana, ma anche un colosso come Netflix ha lanciato la app Netflix VR con cui intende probabilmente portare la fruizione delle proprie produzioni a un nuovo livello.
Altspace VR è un altro player che tra mille difficoltà cerca di ritagliarsi il proprio spazio nel contesto virtuale e che sembrava capace di sfidare i grandi colossi impegnati nel mondo della VR: questa azienda americana consente agli utenti di creare il proprio avatar e di aggirarsi in mondi virtuali, offrendo ai frequentatori la possibilità di stare insieme virtualmente in modi più “naturali”. Il destino di questo player è però in forse; potrebbe essere nelle mani del fondatore di Oculus Palmer Luckey che un paio di mesi fa con un tweet si è domandato se fosse il caso di salvare l’azienda. In concorrenza con Altspace VR c’è vTime, anche se quest’ultima probabilmente ha un’aspettativa di vita più lunga: si tratta di un’altra piattaforma il cui obiettivo è mettere a disposizione luoghi virtuali dove gli utenti possono interagire.
L’esperienza digitale sarà sempre più simile a quella umana
Le tecnologie si sono evolute e sono disponibili, la corsa alla conquista degli utenti da parte dei grandi player è in corso, i device a disposizione ogni giorno più performanti. Cosa ci dobbiamo attendere dal futuro? Un consolidamento delle esperienze d’uso, visori più potenti e contesti più coinvolgenti e multisensoriali. Un contesto che spingerà i brand a comunicare utilizzando tutte queste nuove tecnologie per stare al passo con i tempi e per fornire agli utenti risposte sempre più corrette a domande sempre più complesse. Né è da escludere la visione di Mark Zuckerberg: in un’intervista rilasciata a Bloomberg ha dichiarato di vedere nella realtà virtuale il potenziale per divenire la prossima piattaforma di computing, che lentamente permetterà di “avvicinarsi a piccoli passi a catturare e trasformare digitalmente l’esperienza naturale umana”.