Sindrome di Down diagnosi e terapia in un convegno le nuove ricerche
Fonte: la Repubblica del 10 ottobre.
NAPOLI. Malattie note da sempre, ma orfane di terapia. Rare o rarissime, le definiscono. E tra queste la sindrome di Down, che è sì rara, ma non eccezionale: un caso ogni 700 nati vivi. «La sindrome è nota dal 1862. Nel '58 se ne è scoperta la causa, una trisomia del cromosoma 21. Vuol dire che ci sono tre copie di un cromosoma al posto di due», premette Lucio Nitsch, l'ordinario di Biologia alla Federico II che è anche il responsabile scientifico del convegno "Sindrome di Down. Dalla Diagnosi alla terapia" (venerdì 20, dalle 8,30 nell'aula 6 del Nuovo Policlinico), «È stata la prima malattia cromosomica scoperta, un paio di anni dopo aver m esso a punto un metodo per esaminare i cromosomi, l'analisi del cariotipo, che consente di prevedere se il figlio che una mamma porta nella pancia è affetto da questa sindrome. Le donne lo sanno bene che è questo la minaccia genetica principale per un figlio, soprattutto se concepito in età un po' avanzata».
Ma il metodo utilizzato ancora oggi, non è esente da rischi perché si tratta di pungere la pancia per prelevare un po' di cellule del feto. E allora? Una scoperta recente potrebbe rivoluzionare la storia della sindrome. Si parte dal fatto che nel sangue di una donna incinta si possono trovare cellule del feto e anche del Dna. «Proprio analizzando questo Dna siamo in grado di determinare, con un semplice prelievo di sangue materno», aggiunge il docente, «il rischio che il nascituro abbia la sindrome di Down. La chiamano Nipt ( non invasive prenatal testing), cioè non pericoloso per il feto. Ma, attenzione, non è un test diagnostico, ma predittivo: dice solo se c'è rischio. Se non c'è, va bene. Ma se c'è, allora si deve fare comunque l'analisi del cariotipo per confermare la diagnosi».
Ma quale è il traguardo raggiunto dalla ricerca cui ha contribuito il team di Nitsch? Senza entrare nel merito, basta rifarsi al percorso logico seguito dai ricercatori: «Tra le proteine la cui concentrazione era alterata nella sindrome di Down, ce ne sono alcune che controllano la funzione dei mitocondri, gli organelli che nelle cellule regolano le "centrali energetiche" delle cellule. Possibile correggere questo difetto? Forse sì».
E qui, si entra nella fase conclusiva della scoperta: «Sì, perché abbiamo individuato una proteina in particolare che svolge un ruolo centrale in tutto il processo, e questa proteina è il bersaglio di più farmaci, tra cui uno, noto da molto tempo, che si utilizza per curare il diabete. Il farmaco è molto efficace per "curare" i mitocondri di cellule con trisomia del cromosoma 21. Un farmaco con effetti simili, che "ripara" i mitocondri, migliora i sintomi della malattia in un topo che è considerato un modello di sindrome di Down». Ma nell'uomo è possibile vedere se funzionano? E Nitsch: «Proprio di questi argomenti si parlerà al congresso».
di Giuseppe Del Bello