Sonorismo. Il fascino travolgente delle masse sonore.
L’esplorazione del nuovo mondo sonoro è stato il punto di partenza della ricerca del compositore polacco Krzysztof Penderecki sopratutto nei primi “Anni ’60”. Della sua avventura timbrica, del sua lingua ed organizzazione formale - mutata diversamente nel tempo e sino alla sua scomparsa nel 2021 - troviamo formidabili esempi in opere come "Anaklasis", "Threni alle vittime di Hiroshima", "Dies Irae", "De natura sonoris"...
Il suo trattare i timbri con priorità strutturale (sonorismo strutturale) era fortemente anticonvenzionale e direttamente rispondente alle sollecitazioni della materia sonora. Tramite l’abile scrittura degli strumenti ad arco, sopratutto, il metodo di Penderecki consisteva nell’elaborare fasce sonore - bande difrequenza - di suoni contigui, strati e spessori ristretti fino ai microintervalli, tali da risultare quasi “trascrizioni” o “traslitterazioni”, in campo strumentale, del suono elettronico, inclinante notoriamente al continuum (qui si ricordano "Psalmus 1961", per nastro magnetico e "Kanon" (1962) per orchestra d'archi e nastro magnetico).
Da violinista qual era, tutti i modi d’attacco degli archi, che in "Threni", ad esempio, coinvolgono cinquantadue strumenti con parti indipendenti, sono esibiti con un fiuto effettistico di coloritura drammatica, eccezionale: glissati, pizzicati, suoni al ponticello, armonici, fruscii col legno, ecc.
Diversamente da Ligeti, al quale viene spesso associato non proprio a ragione come anche ad altre figure della “Scuola polacca” o della “Generazione 33”, Penderecki del periodo sonoristico non nutre particolare interesse per un pensiero armonico-verticale comunemente inteso e minuziosamente analitico. I suoi grumi sonori - le sue macchie di suono-colore - tendono allo spessore, al sonoro materico, soltanto in apparenza, quasi indifferenziati.
Ancora diversamente da Ligeti, nel sonorismo di Penderecki vi è sempre, sopratutto, la proiezione del “gesto”, della soggettività e anziché un trascorrere del suono nel tempo- spazio (ad esempio da uno stato di materia A ad uno stato B) troviamo la registrazione di un’azione che si esplica attraverso le proprietà del suono - l’intelligenza che è nel suono - nelle sue varie declinazioni. E di quel suono si avverte, al suo mettersi in-forma, la novità. L’aria di un altro "pianeta".
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Al fine di una precisa analisi del fattore timbro nella musica sonoristica, va compiuta un’altra osservazione fondamentale sulle tendenze di fondo del compositore polacco. La ricchezza dei materiali e dei modi d’attacco del suono ruotano attorno ad esigenze che sono la risultante di una concezione gestuale, di un pensiero musicale dinamico. Il timbro, un parametro molto complesso, era percepito come una funzione del tocco, del gesto strumentale e dell'orchestrazione.
Per tale motivo, quando il compositore polacco intende smorzare le sue dense stringhe di suoni contigui, bande di frequenza concepite come sintesi sonore additive, lascia riemergere figurazioni di “tradizione”, motivi donati all’ascolto, dissociando all’interno dell’opera fasi di materia o natura sonora, da altre caratterizzate da ripensamenti, da idee regolatrici quasi istituzionalizzate.
Un “gioco” a nascondere, molto ironico a volte, della memoria musicale: dall’avvenire all’avvenuto, dal sonoro moderno contemporaneo al musicale rinascimentale. E’ la tensione del lavoro della memoria. E’ il ripensamento, ad esempio, del musicale rinascimentale a partire dalla Passio secundum Lucam.
Una musica - una “organizzazione maneggevole” - anche timbricamente molto varia, poggia sia sulla ricerca acustica - la fisica esatta del suono - che, sopratutto, sulle «varie qualità»3 del suono - logiche probabilistiche o sfumate ma attendibili - e sulla capacità di ascolto, di percezione. Sulla competenza sonologica. E ciò, nell’ambito di un comporre interpretato come creazione di un evento sonoro. La composizione di un paesaggio acustico. Un dramma per l’”ascolto”.