Srebrenica 20 anni dopo

Srebrenica 20 anni dopo

Qualche giorno fa, il 12 agosto, ricorreva l'anniversario dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, uno degli episodi più efferati della Seconda Guerra mondiale nel nostro paese. In realtà, non un atto di guerra, ma di terrorismo puro e semplice, così come è stato giudicato dai tribunali. Me ne sono ricordato in un post sul mio profilo di Facebook, condividendolo con gli amici.
Questo perché sono fermamente convinto che ci siano episodi che devono essere, sempre, nella nostra memoria. Aiutano a non perdere di vista la bussola.
E se questa bussola si finisce per perderla, il rischio è che non si impari mai nulla. Per questo in chiusura di quel post sottolineavo come - per me - Sant'Anna ricorda tanto Srebrenica. 

Dopo qualche giorno mi sono imbattuto in questo articolo di Internazionale dedicato a Srebrenica.
La foto di questo post è di Dado Ruvic per Reuters/Contrasto e inquadra la fabbrica di Potočari nella quale si svolse parte del massacro.

Lì, l'associazione che mi era venuta in mente si è ulteriormente ampliata. Anche Srebrenica non si può considerare un atto di guerra, ma di terrore, puro e semplice. E' forse una semplificazione, ma non ho qui pretese storiografiche, si tratta di un'osservazione umana: donne, anziani e bambini separati dai maschi in età adulta (cioè in grado di poter combattere, considerati - nel caso di Srebrenica - minacce per il popolo serbo-bosniaco, e quindi obiettivi da eliminare), esecuzioni di massa, crudeltà. Questo, è terrore, dal punto di vista umano.

Anche Srebrenica è poi un esempio di come massacri del genere non possano accadere senza qualcosa o qualcuno che li faciliti. Senza quello che Propp chiamava "aiutante magico" nella sua Morfologia della Fiaba.

Nel caso di Sant'Anna si trattava dei fascisti che collaboravano con le SS e che hanno guidato i reparti su per le montagne per arrivare al paese, nel caso di Srebrenica si è trattato della realpolitik del blocco occidentale che ha considerato le enclave come la cittadina serba perse e soprattutto sacrificabili sull'altare di accordi di pace che avrebbero dovuto portare a modificare la situazione nella regione verso una maggiore stabilità. Ovviamente, una stabilità espressione di interessi politici su un'area chiave dei Balcani, ma questa è l'aggiunta - ovvia - che rischia di suonare complottista. E non è l'intenzione di questo post.

La vera intenzione è quella di farvi leggere l'articolo di Internazionale. Lo trovate in questo numero di luglio. Ne vale davvero la pena, perché ci sono ammissioni importanti da parte di chi in quel momento era protagonista delle trattative politiche e della presenza militare nella zona. 

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