STEM tra necessità e utopia

STEM tra necessità e utopia

Lo spettro delle lauree #STEM si aggira nei dibattiti sul divario di genere, per dirla con un grande filosofo dell’800. Ma non sarà come in quel caso ideologia, o peggio utopia?

Guardiamo le cose da una prospettiva di mercato.

Cominciamo con l’offerta di lavoro: le aziende oggi sono molto focalizzate sulle nuove frontiere della #trasformazionedigitale, della Cyber security, dei Big Data & Analytics, e così via.

Sono nati nuovi mestieri che accrescono il valore delle attività tradizionali: potremmo dire che integrano o rafforzano, ma non vanno a sostituire la conoscenza del mercato, dell’azienda, dei clienti che a loro volta si montano sulle competenze irrinunciabili del Marketing, dell’HR, della Pianificazione Strategica, ecc.

Cosa ne sarebbe di Amazon se, oltre ad avere una fortissima piattaforma digitale, non mettesse tutta la cura possibile nel gestire l’organizzazione, i tempi, la logistica, la qualità delle merci, le risorse umane? 

Guardiamo ora la domanda di lavoro, dal punto di vista dei nuovi laureati.

Nel 2020 in Italia le nuove laureate donne sono state una netta maggioranza, il 58,7% di una popolazione di quasi 350 mila laureati. Esiste quindi un primo divario sulle lauree che vede in vantaggio le donne, anche in virtù di un tasso di abbandono inferiore e di punteggi medi più alti. In termini assoluti questo divario è il principale e si registra ormai da un decennio.

I laureati STEM sono complessivamente solo il 7% del totale verso una media europea del 12-13%, e sono in stragrande maggioranza uomini. Dunque, il divario delle #donne sulle STEM riguarda una popolazione nettamente inferiore, ed un suo riequilibrio verso la media europea dovrebbe per forza coinvolgere anche gli uomini.

A mio avviso questi dati non dimostrano affatto che la maggioranza delle ragazze soffra di condizionamenti culturali nella scelta dell’indirizzo di studio: sicuramente sono encomiabili le iniziative rivolte a far emergere la propensione delle ragazze verso studi scientifici se presente, ma i grandi numeri parlano di una tendenza sana sia da parte degli uomini che delle donne a scegliere una materia specialistica solo in presenza di una forte attitudine o passione, non per puro calcolo di accesso al mondo del lavoro.

La realtà dimostra che una buona facoltà umanistica unita alla all’inclinazione, alla passione e all’impegno possono esaltare il potenziale e sfornare eccellenti manager anche in settori tecnici, dove ciò che serve è conoscere bene i processi, i servizi, le logiche per potere gestire chi deve fare e per guidare la trasformazione tecnologica.  Quanti top manager oggi hanno lauree non scientifiche che li hanno educati al pensiero laterale, all’interdisciplinarietà, a districarsi nei rapporti con superiori, pari e collaboratori, che poi sono le caratteristiche necessarie per la scalata aziendale?

Il tema sembra essere un altro: come spesso avviene nelle discussioni sui grandi trend si tende a leggere una parte per il tutto, e nel nostro caso ci sono almeno tre motivazioni.

La prima è che i trend soprattutto quelli tecnologici hanno un potere trascinante anche se la loro incidenza è marginale rispetto alla realtà complessiva; diventano identitari perché sono ciò che apre al futuro.

La seconda è la tendenza delle persone a ridurre i problemi complessi identificando soluzioni semplici, meglio se facili da raccontare. Avere una strada tracciata è rassicurante, ma la nostra realtà consiglia ormai solo bussole che permettano di orientarsi nella complessità.  

La terza motivazione sta nella tendenza altrettanto umana a dividere il fronte: in questo caso quello delle donne, creando una divisione al loro interno fra gruppi di serie A - con laurea STEM - e gruppi di serie B, i primi più piccoli e più facili da fare arrivare alla meta.

Ma quello del superamento del gender gap è un trend a sua volta inarrestabile, e porterà benefici solo alle aziende che lo accompagnano sul serio, senza alibi o scappatoie.

MICHELA Billotti

Responsabile Local Brand Content in Fibercop

1 anno

Dire che ci siano poche donne manager in aziende ICT, perché poche donne scelgono di laurearsi in discipline scientifiche è una excusatio non petita. De facto nella complessità odierna del mondo lavorativo, sempre più risulta vincente avere un mix di competenze tecniche-umanistiche per sviluppare il pensiero laterale e applicare cosi nuovi modi di agire. 

Elena Braccini

Specialist Senior in TIM S.p.A/Events & Communication specialist in NoiD Telecom

1 anno

Interessante il post di Cristina Carollo perchè presenta un punto di vista diverso sulla scelta delle lauree STEM e fa riflettere. Il consigliare alle proprie figlie o alle studentesse di iscriversi a facoltà STEM per le migliori prospettive di carriera è corretto in quanto attualmente ci sono ottime opportunità di lavoro ma è importante seguire sempre la propria inclinazione perché di lavori ne esistono molti, tutti importanti all'interno di un'azienda e non richiedono necessariamente una preparazione tecnica.

La trasformazione in corso e le nuove tecnologie sempre più richiedono un mix di competenze umanistiche e stem, che sarà a mio avviso la vera chiave di successo

Francesca Funaro 💫

Head of Learning and Knowledge in TIM Academy | Social Media Manager di NoiD Telecom

1 anno

Davvero interessante Cristina Carollo. Sul tema #STEM si trovano davvero tanti dati interpretati in modo diverso e, ahimè, con finalità strumentali a volte. Ci toccherà coniare il termine #stemwashing?!?!

Marina Giardini

HR Development PM| Work and organizational psychologist| ICF coach| Mentor and mentors trainer| Assessor| SCP Italy

1 anno

Saranno vincenti le formazioni trasversali che comprendono, in un unico percorso, parti tecnologiche e parti umanistiche, sia per uomini che per donne. La Storia ha mostrato come le donne si siano già sperimentate su strade più "variegate " in termini di competenze, specialistiche e organizzative.

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