A Study in Strategic Innovation
1. Il progresso tecnologico e manageriale
Le idee brillanti non sempre hanno la forza di ipostatizzarsi, commercializzarsi, al fine di creare valore. Una creazione del valore che in alcuni settori non è equiparabile al semplice raggiungimento di un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti; fattori etici, e più che etici, umani, influenzano la vita di queste imprese, volte ad un processo innovativo che per ragion d’essere ha bisogno di velocità d’applicazione.
Il proprietario d’impresa avendo constatato le difficoltà economiche, concorrenziali, tecniche e produttive cui va incontro per una crescita fisiologica, è giunto al bisogno di collaborare con soggetti a lui simili in network più estesi, in grado di condividere conoscenza e fornire ai suoi partecipanti vantaggi che, individualmente, non avrebbero ottenuto.
Il paradigma strategia/struttura - Chandler 1973 - che postula una relazione lineare tra la strategia definita dall’imprenditore, o dalla coalizione di comando, e la relativa costruzione di una struttura adatta per la sua implementazione, viene giustamente accantonata a favore di cambiamenti che tengono conto del rapporto impresa-ambiente. La capacità di evolversi, modificarsi e differenziarsi avviene sotto la spinta di una pluralità di soggetti non più solo individuali ma collettivi. La strategia si misura, quindi, con la capacità di creare alternative che generano valore attraverso la combinazione di elementi di varietà e variabilità che consentono di dominare e sfruttare, piuttosto che subire, la complessità ambientale.
Le piccole start-up comunicano le idee, le grandi imprese le implementano: le collaborazioni crescono come vere e proprie strategie vincenti in vari campi dell’innovazione, non solo tecnologica, ma anche scientifica, che portano ad una crescita - ma anche ad una decrescita delle imprese che, per mancanza di risorse, non sopravvivono a standard elevati - del mondo imprenditoriale.
Fino alla metà degli anni ‘70, gli investimenti in innovazione e la produttività della Ricerca e Sviluppo, hanno permesso alle imprese di adottare un business model incentrato sulla scoperta di nuove molecole e lo sviluppo di nuovi farmaci in- house. Erano gli anni dei c.d. blockbuster, cioè prodotti farmaceutici ad elevato potenziale, nel senso che, avendo un ampio mercato di riferimento e potendo godere della protezione assicurata dai brevetti, rappresentavano un’importante fonte di profitto per le imprese.
Molteplici sono stati fino ad oggi i cambiamenti, ma soprattutto le innovazioni che hanno portato ad una visione diversa dell’impresa. Nel ventunesimo secolo le imprese farmaceutiche - nello specifico - spinte da una rapida espansione tecnologica e da sviluppi scientifici, hanno impiegato i loro sforzi per sviluppare adeguati strumenti di comprensione e risposta, ad ambienti in rapida evoluzione.
2. L’evoluzione del settore farmaceutico
Al termine del XX secolo, numerose furono le scoperte in ricerca e sviluppo delle imprese farmaceutiche. In particolare, vennero implementate nuove tecniche che hanno reso possibile la produzione di medicinali terapeutici per fenomeni legati non solo alla pressione sanguigna ma anche per i trattamenti di ulcere, di ipertensioni, di artrite.
I dirigenti farmaceutici non si preoccuparono solo di apportare innovazioni, cure, terapie nel mercato, il loro compito divenne improvvisamente più arduo. Bisognava cambiare qualcosa, e a dover cambiare questa volta era la struttura sottostante, il paradigma che guidava l’intero settore. I costi di ricerca e sviluppo potevano diventare insostenibili nel momento in cui l’invenzione non fosse diventata innovazione, nel momento in cui la commercializzazione non avesse prodotto effetti, dunque, uno degli obiettivi principali era condurre l'attività di R&D attraverso una più ampia gamma di categorie terapeutiche e trarre vantaggio dalle molteplici nuove opportunità disponibili nella scienza biomedica. Bisognava riposizionare le imprese sul mercato al fine di ottenere economie di scala che permettessero un efficientamento dei costi e dei benefici. Non bastavano più i soli scienziati che lavoravano con acidi nucleici, vi era l’esigenza di leader scientifici, con competenze diplomatiche e collegamenti con reti pertinenti, che avrebbero consentito la costruzione di team e programmi produttivi, necessari per sostenere la ricerca e lo sviluppo biotecnologico nel lungo termine.
La crescita aveva l’esigenza di essere sostenibile e gli ingenti costi che accompagnavano le ricerche potevano compromettere questo postulato. Per tali ragioni, la maggior parte delle moderne industrie scientifiche negli Stati Uniti, in Germania, in Gran Bretagna, avevano stretto legami significativi, partnership, con le università. Non a caso Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna, Paesi con prospettive di sviluppo da sempre superiori, sviluppo non solo derivante dalla forza economica ma proveniente da fattori di contesto, endogeni, che hanno sempre condizionato lo sviluppo delle imprese. Il diretto coinvolgimento con le Università, rafforzato anche attraverso forme contrattuali, permetteva uno sviluppo a valle dell’attività di R&D che scaturiva in innovazioni da poter poi essere utilizzate dalle imprese attraverso il rilascio dei brevetti.
Le collaborazioni con le Università, da fenomeno totalmente americano divenne un espediente globale. Ciò garantì, tuttavia, un vantaggio iniziale alle aziende farmaceutiche statunitensi, così come il sostegno del governo federale, anch'esso devoto alla causa attraverso aiuti e sussidi. Presto, però, i governi europei tentarono di colmare il gap esistente nel settore biotech, finanziando parte del capitale rischio e favorendo in tal modo la ricerca per potenziali innovatori. Esempio eclatante è la società Biogen, una start-up americana che, grazie a sussidi governativi e accordi di licenza con diverse importanti aziende farmaceutiche, si espanse rapidamente.
Per quanto riguarda i brevetti, essi ricoprono un ruolo fondamentale nel settore farmaceutico. I diritti di proprietà industriale vengono acquisiti proprio mediante la brevettazione. Attraverso la sua concessione le aziende ottengono un diritto esclusivo sul nuovo prodotto creando un monopolio volto a vietare ai terzi, ai competitors, di produrre o
vendere anch’essi il nuovo farmaco. La scoperta di nuovi farmaci se protetta opportunamente da brevetti, rappresenta la modalità pi e efficace per mantenere nel tempo un vantaggio competitivo in quanto al titolare co consentito vendere il prodotto in esclusiva e vietare a chiunque altro di fare altrettanto senza la sua autorizzazione. Rappresenta, quindi, una forma di protezione per le industrie farmaceutiche: incentiva gli investimenti nella scoperta di nuovi farmaci proprio perchl il monopolio che crea inibisce la concorrenza del generico, garantendo cosi il recupero delle pesanti spese abbinato all’ottenimento di un profitto. Se i brevetti non esistessero sul mercato, sarebbe presente un numero di farmaci inferiore a quello desiderabile perché nessuna azienda avrebbe motivo di investire senza essere ricompensata per i suoi sforzi.
Da una strategia alquanto ristretta e poco periferica, alcune aziende iniziarono, così, a ridisegnare i propri confini per acquisire capacità e conoscenze molto rapidamente. Iniziarono le attività di acquisizione. Gli elevati costi di transizione spiegano, in parte, le preferenze nate per una transizione incrementale, così come le relazioni tra le linee di prodotti disponibili e le capacità delle biotecnologie di migliorarli. Per alcuni, la biotecnologia è stata un'eccezionale opportunità tecnologica anche se per altri, una seria minaccia alla loro posizione nel mercato.
Esempi come quelli di Eli Lily (che ha ha usato la sua nuova forma di insulina per proteggere la quota di mercato negli Stati Uniti e entrare fortemente nei mercati europei) convinto dal successo di Genentech, o come quello di Merk&Co, o ancora quello di SmithKline (che è stato in grado di far uscire un vaccino ricombinante per l'epatite B nel 1986) non sono altro che nuovi approcci di strategie collaborative.
E adesso in che fase è l’industria farmaceutica mondiale? “Da una parte vive il passaggio indotto dalle biotecnologie e dai prodotti specialties che conducono alla medicina personalizzata. Dall’altra è condizionata dal fenomeno finanziario di merger & acquisition che porta alla concentrazione di big player e al cambiamento del business model”.
La medicina personalizzata2 è un modello medico che propone la personalizzazione della salute, con decisioni mediche, pratiche, e/o prodotti su misura per il paziente. In questo modello i test diagnostici sono essenziali per la selezione appropriata delle terapie, i termini usati per descrivere questi test includono: diagnostica accompagnata, teranostica e terapigenetica. L'uso di informazione genetica ha giocato un ruolo importante in certi aspetti della medicina personalizzata, e il termine è stato anche coniato nel contesto della genetica.
“Merger & Acquisition” significa, appunto, “fusioni e acquisizioni”: con tale espressione si intendono tutte quelle operazioni di finanza straordinaria che portano alla fusione di due o più società. Merger è la fusione vera e propria e con tale operazione le società partecipanti alla fusione cessano la loro esistenza giuridica per far confluire i loro patrimoni in una nuova società. L’Acquisition è una forma di fusione per incorporazione in cui una società (l’incorporante) mantiene la propria identità giuridica annettendo altre società che cessano di esistere; in questo caso quindi non nasce una nuova società.
Tra le operazioni che rientrano nell’attività di M&A troviamo:
- stock brekup (ossia le operazioni di ristrutturazione, come spin-off, carve-out ecc.)
- "Non un'azienda farmaceutica emergente o già affermata, è abbastanza grande o abbastanza intelligente da soddisfare tutte le sue esigenze di conoscenza da sola."
- Il fronte attraverso il quale il cambiamento stava avvenendo, nelle scienze biomediche, era talmente ampio che persino le più grandi ditte farmaceutiche non potevano occuparsi singolarmente di tutte le capacità di ricerca di cui avevano bisogno. I "bisogni di conoscenza" erano così pressanti da aver dato origine a una nuova sottodisciplina, la "bioinformatica", che combinava le informazioni genomiche con la tecnologia informatica, per rendere i dati ampiamente disponibili agli scienziati. Le aziende farmaceutiche che hanno avuto successo negli anni '90 avevano già previsto questo cambiamento e sono state le pioniere nella ricerca di fusioni, acquisizioni e alleanze strategiche. Inoltre, le collaborazioni con le piccole aziende biotech sono state un'estensione di questa strategia dell'innovazione, un'ulteriore affermazione che le loro opportunità scientifiche e tecnologiche si stavano espandendo più rapidamente di quanto avessero mai fatto nella storia del settore. In questo senso, la divisione del lavoro nell'innovazione che aveva cominciato a prendere forma negli anni '70, sembrava adesso avere un significato più chiaro e duraturo.
- crescita esterna (incorporazioni fusioni ecc)
Di primaria importanza, come abbiamo avuto modo di osservare, è la dimensione tecnologica che guidava il cambiamento dei settori verso nuovi orizzonti. Non a caso, in quegli anni, all’inizio del 1980, cominciarono a fiorire gli studi in cui la teoria evolutiva dell’impresa - Nelson e Winter - trovava una forte connessione con la dimensione tecnologica. Erano i dipartimenti di R&D i motori per una crescita sostenibile in grado di far fronte alle nuove esigenze sviluppatesi tra gli individui. Il progresso scientifico, tecnico, si contrappone a visioni deterministiche di tipo schumpeteriano assumendo una dimensione che potremmo definirla stocastica, probabilistica. Lo sforzo delle aziende farmaceutiche, in particolare, non avrebbe ad esempio garantito dei risultati, la ricerca non avrebbe garantito dei medicinali validi e delle cure da poter commercializzare, poichè, appunto, l’innovazione tecnologica è un processo stocastico la cui realizzazione è per sua natura incerta. Per l'elevata probabilità di non riuscita, brevetti prima ed alleanze strategiche dopo, assunsero ed assumono oggi giorno un significato rilevante per assicurare profitti e flessibilità alle aziende di questo settore.
Coautore: Emanuele Bernava
Documento analizzato:
Pharmaceutical Firms and the Transition to Biotechnology: A Study in Strategic Innovation. Louis Galambos, Jeffrey L. Sturchio