SUMMUM IUS, SUMMA INIURIA ED EQUITA’ CEREBRINA
Nel diritto processuale l’Ordinamento giuridico chiede la certezza del diritto per
evitare che il Giudice si affidi ad una sua personale valutazione soggettiva, anche per
poter prevedere ragionevolmente quali sono le conseguenze dei comportamenti dei
soggetti giuridici sottoposti alla decisione da parte delle Corti.
Infatti l’art. 113 C.P.C. stabilisce che i Giudici nel decidere le controversie siano
obbligati a seguire le norme del diritto e non se ne possano discostare. Se non nel
caso del tutto eccezionale in cui la Legge attribuisca loro il potere di decidere
secondo equità, come avviene ad esempio in alcuni processi di fronte al Giudice di
Pace oppure quando ex art. 114 C.P.C. tutte le parti attribuiscano al Giudice tale
facoltà, per i diritti disponibili.
Anche in questo caso però il Giudice, quando può decidere secondo equità, non deve
valutare la vicenda processuale secondo le sue personali concezioni e ideologie (non
è infatti ammissibile la cd. equità cerebrina) bensì immaginare come avrebbe
ragionato il Legislatore se avesse potuto prevedere quel singolo particolare caso in
cui è più difficile applicare una norma di diritto.
Corte Cost. 6/7/2004 n. 206 ha comunque ricordato che anche il Giudice di Pace deve
sottostare ai principi informatori della materia chiamato a giudicare, in primis la
Costituzione e le norme comunitarie (Cass. S.U. 15/10/1999 n. 716).
Nella sentenza allegata si evince un esempio concreto, anche un po’ sbalorditivo, dei
principi citati: la motivazione trasuda infatti la sofferenza del Giudice Estensore
chiamato ad applicare la legge italiana sulle separazioni nonostante il suo conflitto di
coscienza al riguardo.