Ti va di "rallentare" insieme?
Mi sono sempre chiesta cos'è che spinga un utente a scrivere sui social. Da studiosa di comunicazione direi: desiderio di fare parte di un gruppo, gratificazione, accettazione. In realtà, la prima teoria che mi viene in mente pensando a ciò è quella della spirale del silenzio formulata da Elisabeth Noelle-Neumann, che ha accompagnato i miei studi di sociologia delle comunicazioni di massa e non mi ha più abbandonato. Una teoria, per certi versi, semplice e poco centrata con il panorama della comunicazione attuale, che tuttavia mi rimbomba sempre in testa come un "ago ipodermico".
Passando oltre le teorie, nella pratica quotidiana, chi si occupa di creare contenuti si ritrova a constatare un fatto: gli utenti sono pigri. É difficile che avviino una discussione o condividano un post. A meno che (e sì ricado sempre lì) quest'ultimo non abbia un valore distintivo. La ricerca del valore unico, è ormai ciò che contraddistingue i brand e spinge l'acquirente a giustificare la cifra che ha speso per un determinato prodotto. Il valore è ciò che fa sì che un contenuto si faccia strada e non rimanga sterile, ma fertile di altrettanti discorsi condivisi. Tale questione non è tipica delle sole marche, ma si può benissimo applicare a ciascun utente che decida di pubblicare liberamente un contenuto, sperando di essere accolto da una community, che ricordo sui social non è sempre sinonimo di comunità.
Purtroppo, oggi la maggior parte dei commenti per cui si decide volontariamente di investire tempo ed energia, hanno come oggetto insulti, disaccordi, voglia di esprimere a tutti i costi la propria opinione, anche quando quest'ultima si trasforma in un pesante giudizio che lede la libertà di espressione altrui.
Insomma, nell'era del "tutti commentano tutto" ritengo che sia un vero privilegio riuscire a ricevere dei messaggi di apprezzamento ad un mio scritto, come quello che ho ricevuto di recente (e dopo consenso del mittente ho inserito in foto) da parte di qualcuno che conosco, ma non così nel profondo da arrivare a colpirmi il cuore. Come ha fatto? Semplicemente mi ha letto tra le righe, ha compreso il contenuto e percepito valore.
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Non si tratta di un semplice commento sotto un post, bensì di un messaggio lungo (si deve sottolineare) inviato in privato. Quella persona ha scelto di fermarsi e dedicare parte del suo tempo e delle sue emozioni per me. La cosa che, però, mi ha colpito di più non è solo che mi abbia letto con attenzione, quanto che abbia trovato il valore dietro il mio scritto senza bisogno di aggiungere alcuna spiegazione.
Metto sempre l'anima quando scrivo e do un peso ad ogni singola parola, e non do per scontato quando qualcuno si rende conto di ogni dettaglio, della cura dello sforzo dietro le espressioni selezionate. Delle emozioni che ho provato quando le ho scelte, dosate e, poi, inserite in una frase. Dare per scontato che qualcuno possa davvero leggerti dentro sarebbe da pazzi per chi nella vita ha deciso di "comunicare". Semplicemente perché la società in cui viviamo oggi (e ci viviamo da troppo tempo) non lo permette. Non permette di avere tempo per comprendere fino in fondo. Un contenuto si impone su un altro con una velocità estrema, che non lascia non solo tempo, e neanche spazio per andare oltre. Le teorie della comunicazione di massa, in tal senso, le abbiamo di gran lunga superate, però, se è difficile stabilire l'effetto che ha un contenuto su un individuo, dato che non ha neanche il tempo di metabolizzarlo, la domanda di partenza, a questo punto, dovrebbe essere (ragionando in maniera pessimistica): “che senso ha, allora, pubblicarlo?".
Ed ecco che - io che invece ho sempre cercato di andare oltre a modo mio - rallento, creo altri spazi e motivazioni per farlo. E non mi aspetto che qualcun altro mi segua o capisca le mie ragioni. Quando, però, accade, lì ritrovo un senso, una gratitudine che appaga ogni singolo tentativo di fare la differenza. Una ragione che ci rende meno soli e ci fa dimenticare (almeno per un po') che dobbiamo correre a tutti costi, che non stiamo raggiungendo nulla, che ci aspettano cose grandi. Cose che, però, correndo rischiamo di sfuggire. Rallentare, lo so bene, non è facile, ma poi quando capita di farlo insieme, è spettacolare. Una vista "da giù" che sarà il terreno fertile in cui costruire passo dopo passo (non corsa dopo corsa) un bellissimo panorama sopra la vetta. E per quanto mi costi tanto confessarlo persino a me stessa, per quello no, non c'è fretta.
Quindi, grazie, grazie davvero se sei arrivat* fino a qui. Se mi hai capito fino a qui.