TRASPORTO PUBBLICO, COME SI SPOSTANO GLI ITALIANI
Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Famosa frase pronunciata da Tancredi nel libro del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, frase molto attuale perché nel mondo dei trasporti, in particolare nel trasporto pubblico locale, nonostante il mondo sia cambiato e stia cambiando, in Italia non si ha nessuna intenzione di abbandonare l’auto privata.
In questi ultimi anni, dopo la pandemia, l’auto privata ha confermato il favore del cittadino per gli spostamenti anche nelle città e nei tragitti brevi.
Nell’ambito di uno studio da parte dell’Ipsos insieme Clean Cities Campaign, una campagna europea che mira al miglioramento della qualità dell’aria promuovendo una mobilità sostenibile attraverso un maggiore utilizzo del mezzo pubblico, è stato evidenziato che, seppur abbiamo ricominciato a spostarci, anche 3 o 4 volte al giorno, il mezzo preferito e più utilizzato è l’auto. Nel contempo, c’è anche da sottolineare che sono cambiati alcuni stili di vita e, rispetto a prima, oggi ci muoviamo molto anche a piedi, utilizziamo molto di più la bicicletta anche quella con la pedalata assistita e soprattutto il monopattino, favoriti principalmente dalle nuove politiche urbane con la creazione di nuovi percorsi ciclopedonali e di bar attrezzati con tavolini all’aperto per accogliere i clienti a ristorarsi. Si registra anche un forte aumento del mercato delle moto e dei motocicli. Infatti nel 2021 registriamo circa 7,15 milioni di unità, con un incremento del +2,1% rispetto al 2020, il numero di moto per ogni 100 abitanti è salito dall’11,7% del 2020 all’attuale 12,1%.
Da segnalare inoltre che il parco auto circolante in Italia è molto “anziano”. Circa il 62% ha più di 10 anni rispetto ad altri paesi europei, come per esempio in Francia, dove le auto circolanti che hanno più di 10 anni, si attestano intorno al 40%. Aspetto questo che ha riflessi immediati anche sull’ambiente e sull’aria che respiriamo, ma che non invoglia comunque all’utilizzo delle auto elettriche che non decollano e non trovano il favore degli Italiani. In primis i maggiori costi iniziali che certo non favoriscono l’acquisto di un’auto elettrica; se poi consideriamo altri aspetti quali la durata della batteria, la velocità di ricarica, la presenza esigua di punti attrezzati per la ricarica e la sicurezza del veicolo stesso, possiamo capire il motivo per cui il mercato ristagna bloccando di fatto gli acquisti.
L’uso di autobus, tram, metropolitane e treni regionali è sceso al 50-60% rispetto al 2019, penalizzato dalle nuove regole del lavoro introdotte durante il lockdown, come il lavoro da casa, lo smart working e altro.
Inoltre teniamo presente che esite ancora una certa paura collettiva dell’affollamento nei luoghi chiusi; basta che uno abbia un colpo di tosse e/o abbassamento di voce per creare allarme e attenzione, nonostante che gli studi sui mezzi pubblici non abbiano evidenziato nessun aumento statistico di contagio rispetto allo stesso tempo trascorso fuori casa.
Non andiamo più tutti i giorni in ufficio, soprattutto nelle grandi città del nord: se prima 3 lavoratori su 4 si recavano quasi tutti i giorni sul posto di lavoro, oggi resta a casa il 69% e domani probabilmente il dato crescerà. Insomma il trasporto pubblico locale, salvo qualche eccezione in alcune grandi città, ancora non si è ristabilizzato dalla pandemia del 2020; nel 2022 la percentuale di chi ha utilizzato i mezzi di trasporto collettivi si attesta al 7,1%, contro l’11,2% del 2019. Un dato comunque troppo basso anche solo per sperare di invertire la rotta. Insomma c’è molto da fare.
Secondo il CNEL le imprese che operano nel settore del TPL a livello nazionale sono circa 900, con circa 115.000 addetti e un giro d’affari di circa 13 miliardi. Nonostante ciò le imprese faticano a uscire dalla crisi: già dalle valutazioni fatte nel 2022, l’impatto dei costi energetici sui bilanci aziendali era molto alto e per il 2023 l’incremento dei costi operativi stimato andrà ad attestarsi al +12,9% a fronte di un incremento del valore della produzione al +7%. C’è da dire che le aziende sono troppe e la maggioranza medio piccole, per cui bisognerebbe adottare un sistema di aggregazione e fusione, accompagnato da forti incentivi e sovvenzioni almeno nella fase iniziale, creando aziende più grandi e competitive, riducendo i costi generali e nello stesso tempo più efficienti e pronte a cogliere la sfida dei prossimi anni.
Allora da dove ripartire per rilanciare il trasporto pubblico? Intanto per prima cosa bisognerebbe creare un clima positivo e soprattutto mandare un messaggio di efficienza e puntualità negli spostamenti accompagnato da un grande piano finanziario di investimenti, sia in mezzi nuovi e meno inquinanti, sia in infrastrutture estendendo la rete più capillarmente e anche nelle zone più periferiche. Insomma per intenderci investire utilizzando in maniera efficiente i fondi del PNRR, coprendo il più possibile il territorio con servizi efficaci e comodi, con biglietti a prezzi contenuti in modo da poter invogliare più persone possibili ad utilizzare il mezzo pubblico.
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E’ dirimente mettere in campo delle politiche che vengano incontro al cittadino come per esempio:
· semplificare acquisto dei biglietti utilizzando anche i mezzi informatici;
· incentivare gli abbonamenti con qualsiasi formula;
· favorire l’intermobilità attraverso parcheggi scambiatori, pensiline ospitali con pannelli che indicano l’arrivo del mezzo pubblico, marciapiedi ospitali e comodi etc.
· costruire corsie preferenziali con cordoli alti in modo che le auto non possano invadere la corsia.
· praticare una politica che non invogli ad utilizzare l’auto privata diminuendo tutti i vari incentivi esistenti (sovvenzioni pubbliche) e soprattutto essere più rigidi con i parcheggi fatti fuori sede oppure con chi lascia l’auto in doppia fila etc.
· aumentare il gradimento dei clienti attraverso servizi puntuali ma soprattutto sicuri con maggiori controlli e con un servizio informazioni in tempo reale.
Tutto un ragionamento per cercare di rimettere al centro la mobilità collettiva, sia che ci riferiamo al Treno, Tram, Autobus, Metropolitane, etc., ma che va accompagnato anche da una politica attenta al personale, impegnato in prima linea, andando a migliorare le condizioni di vita e salute sul lavoro, senza trascurare i salari, ancora troppo bassi rispetto all’inflazione e al costo della vita di tutti i giorni.
Creare dei percorsi formativi, anche sostenuti dalle aziende, per incanalare/invogliare i giovani ad intraprendere, per esempio, il lavoro di autista di autobus, con prospettive certe di assunzione a tempo indeterminato e prospettive di carriera. C’è molto da fare ma la mobilità dovrà essere sempre più al centro delle politiche generali di qualsiasi Governo. Non esiste altra strada che quella del trasporto collettivo se vogliamo migliorare la vivibilità, la qualità dell’aria che respiriamo, delle nostre città e del nostro Paese.
Stefano Boni