In tutti i luoghi

In tutti i luoghi

Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni Che più ne scrivi più sei bravo e fai danè Fatti pagare, fatti valere Più abbassi il capo e più ti dicono di sì E se hai le mani sporche che importa Tienile chiuse, nessuno lo saprà.

Proviamo con una metafora. Prendiamo una di quelle borse di tela originariamente concepite per farci evitare la busta in plastica al supermercato e ora distribuite ad ogni convegno e ad ogni festival, pronte per diventare rifiuti di lusso. Se infiliamo in una borsa di tela cinque pallette da tennis ci stanno comodamente, no? Mettiamocene altre cinque: un po’ più strette, ma ci stanno ancora.

Ora infiliamone altre cinque, e poi ancora, fino a che le pallette non stanno così strette da bloccarsi a vicenda, imprigionate nella stoffa tesa, incastrate. Nella borsa adesso non ci sta più nulla e, anzi, se decidiamo di tirare fuori qualche palletta rischiamo di creare una reazione a catena e di farle uscire tutte insieme, in un’eruzione di pallette rotolanti.

Perciò le lasciamo lì, per mesi. Ce ne dimentichiamo.

Ho accumulato pallette - fuor di metafora, pensieri - in una borsa di tela per mesi e ogni volta che mi sono detta “scrivi sta cazzo di newsletter” ho rimandato o sono rimasta a fissare la pagina bianca perché le parole, le parole che sono SEMPRE uscite da sole senza che io le cercassi, non volevano uscire. Non vogliono uscire neanche adesso, sono lì tutte schiacciate perché nessuna vuole fare la prima mossa. Nessuna vuole essere LA parola che, uscendo dalla borsa, trascinerà fuori con sé tutte le altre.

Ieri sera è arrivato il terzo o quarto “ma non scrivi più la newsletter?” e quindi adesso strappo la tela della borsa con il coltello e chi si è visto si è visto. Fuori tutte.

Anche la vignetta del New Yorker è senza parole

Stupire e stupido hanno la stessa etimologia

Ho scoperto di avere usato per anni la parola blasé nel modo sbagliato.

Credevo che una persona blasé fosse all’antica, che un vestito blasé fosse sorpassato, e invece con ritardo spaventoso vengo a sapere che una persona blasé è indifferente, impassibile perché tediata (e, di conseguenza, che un vestito non può essere blasé).

Mi era successo anche con il termine stazzonato, usato dal signor Elkann per definire il suo stesso vestito di lino mentre era in viaggio sul Frecciarossa (credevo significasse rigido e invece significa spiegazzato, siamo a due parole che misconosco e uso male, forse è davvero arrivato il momento di abbassare le mie tariffe), ma con blasé l’errore è più grave perché blasé è proprio la parola che mi definisce in questo momento e nemmeno lo sapevo.

Secondo il sociologo George Simmel, che parlava dell’individuo blasé nel contesto dell’urbanizzazione, l’incapacità di reagire a nuovi stimoli con l'energia che competerebbe loro è il tratto essenziale del blasé.

La mia blaseaggine (?) mi si è palesata davanti quando sono tornata dall’India, dove sono stata cinque giorni per lavoro e da cui non ho ricavato neanche mezza riflessione, figuriamoci una newsletter. Corro il rischio di sembrare una mitomane, ma giuro che diverse persone mi hanno chiesto come mai non avessi scritto una newsletter sull’India e giuro anche che non ho saputo cosa rispondere, ho balbettato come quando a scuola mi chiedevano le date delle guerre puniche.

Ho balbettato perché non potevo certo rispondere “ma io non ho niente da dire sull’India”. E pensare che era pure un argomento facile: spezie, odore di sterco e profumo di rose, eh la povertà però sono felici, la spiritualità, le contraddizioni. Toh, fatta la newsletter. A onor del vero, sentivo già prima di partire una sensazione di indifferenza crescente verso ciò che mi circondava, e per non fare la figura di quella che non piazza una bella newsletter riflessiva su New Delhi mi sono preparata leggendo in aereo - non dormo in aereo, ho paura di morire e intelligentemente preferisco aspettare la morte da sveglia - L’odore dell’India di Pier Paolo Pasolini e Notturno indiano di Antonio Tabucchi (ovviamente, visto che abbiamo appurato che ho perso ogni capacità di scrivere, queste righe valgono come sezione “Le letture del mese”).

Il problema di quando si legge qualcosa di scritto da qualcuno MOLTO più bravo di te, è che poi tu non scrivi più niente. Non puoi leggere Notturno indiano e voler scrivere qualcosa su New Delhi, sarebbe come comprare lo stesso abito di Kate Moss e indossarlo senza vergogna in pubblico, sperando che a qualcuno non venga in mente di fare paragoni.

E poi, complesso di inferiorità a parte, l’ultima volta che sono stata in India ho pisciato in un sacchetto di plastica accovacciata in un letto a castello all’interno di un autobus a lunga percorrenza privo di bagni (prima di pisciare, ho riempito il sacchetto di assorbenti così da creare una barriera contenitiva, ma il sacchetto mi si è comunque rovesciato addosso nel letto al primo smottamento di terreno: seguitemi per altri furbi consigli di viaggio) mentre questa volta stavo in un hotel con l’acqua che scendeva dalle pareti, i fiori freschi nei vasi e settanta cristiani (induisti) pagati per lustrare ogni centimetro di lusso: ma India, che c'abbiamo ancora da dirci io e te se nemmeno ti riconosco, se nemmeno mi riconosci?

Speravo di tornare dall’India con un Tiziano Terzani interiore, e invece sono tornata con altre pallette in questa borsa tesa. Sono andata in India sperando di sentire parlare i morti, in quel posto dove la vita è così testarda e brulicante e schifosa e infetta, ma non ho sentito niente e non sento niente neanche adesso.

Viaggiando si incontrano soprattutto i vivi. A volte anche dei moribondi. E anche dei veri morti, dipende dai luoghi. Oggi in certi paesi, ad esempio, se ne può trovare una quantità ragguardevole. Ma anche i nostri morti, o i morti che abbiamo conosciuto quando erano vivi. Può capitare. Può capitare, per esempio, che in una modesta pensione di Lisbona, in una domenica d’agosto, quando la città è deserta, uno riceva la visita del proprio padre morto da tempo. Perché a casa non veniva? Una forma di timidezza che hanno i defunti? Difficoltà a tornare in un luogo a lui troppo noto? Può capitare che in una anonima camera di un hotel di Singapore, lassù all’ultimo piano di un grattacielo, arrivi all’improvviso la voce dello zio di Lucca. Che potenza di voce, se arriva da Lucca, ed è ben strano, a pochi chilometri di distanza non era mai arrivata, uno sta dormendo in un hotel di Singapore e lo sveglia la voce dello zio di Lucca. Possibile che lo zio di Lucca avesse bisogno che il nipote si trovasse a Singapore per dirgli una cosa all’orecchio? Da cosa dipenderà? Prefazione a Notturno indiano
Io nel Kerala, in India, nel 2013 dopo aver lavato i pantaloni

I miei 7 consigli per risparmiare

L’inflazione è alta, i prezzi continuano a crescere. Rifugiarsi nel ricordo di un cono gelato a millecinquecento lire non serve: ecco, dunque, i miei 7 consigli per risparmiare i vostri soldi e accantonarli perché qualcun altro che non siete voi se li possa godere in futuro.

  1. Bere più alcol. Sembra controintuitivo, ma l’alcol è molto calorico e non avrai bisogno di comprare del costosissimo cibo al supermercato
  2. Non aprire Vinted. Non farlo mai. Per nessuna ragione.
  3. Leggere un libro. Percepirsi intelligenti aumenta le endorfine e rende perciò inutili le sessioni di shopping online.
  4. Fare una bella passeggiata nella natura. Come dite, piove? (vedere consiglio 5)
  5. Non spendere soldi per il lavaggio dell’automobile. Tanto piove.
  6. Prendere come animale domestico un procione. Fa risparmiare sulla Tari (e va molto forte sui social, opportunità di monetizzazione).
  7. Guadagnare di più. Su questo tema non posso essere molto utile, mi dispiace.

Immagini di cui puoi sentire il suono

Il vino del mese

Lo Champagne generalmente non aiuta a risparmiare, ma è sempre il preludio migliore a una bella serata. Dopotutto, è lo Champagne che si beve per brindare a un incontro “con te, che già eri di un altro”, mica il Lambrusco.

Quello di Huré Frères forse non è il migliore Champagne, forse non è nemmeno il più originale, ma è rassicurante come un mazzo di margherite, come il pane che compri sempre uguale, come la vista dei limoni sul mare.

Sa sia di margherite, sia di pane, sia di limoni. Più una nota elegante di profumo francese da signora.

Porto sicuro.


Non fate come me. Tirate fuori le pallette.

Alla prossima.


Gioia Audrey Camillo

Consulente di management | COO | Esperta di qualità

7 mesi

Meno male che sei tornata 🤩

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