Un Paese che rifiuta Amazon è un Paese che non sa dove sta andando


Nelle ultime settimane abbiamo visto una sorta di alzata di scudi contro l'avanzata galoppante di Amazon, colpevole, secondo molti, di ledere gli interessi economici delle piccole e medie imprese italiane in un periodo non proprio felice. In parallelo, si è alzato un coro unanime per favorire gli acquisti di prossimità soprattutto in vista delle prossime festività, sono nati gruppi social a sostegno dell'economica locale al pari di altrettante dichiarazioni politiche in questo senso.

Ma le piccole-medie imprese italiane hanno proprio bisogno di questa crociata contro Amazon e di queste azioni spot di promozione?

Certamente è onorevole voler difendere il commercio di prossimità, il mangiare toscano piuttosto che quello campano. Tuttavia, minacciare di non comprare su Amazon è come guardare il dito anziché la luna perché prima o poi saremo fuori dallo stato di emergenza e in quell'attimo come, dove, a chi e con quali strumenti venderanno le PMI italiane?


Ad oggi sono 14.000 le PMI presenti su Amazon.

Da giugno 2019 a maggio 20220 hanno registrato vendite per una media di oltre 75.000 euro ciascuna ed hanno venduto in media più di 100 prodotti al minuto.

Possiamo o vogliamo fermare questo?

La questione è totalmente di natura gestionale e, quindi, politica prima ancora che imprenditoriale, i cui rappresentanti certo non possono esimersi dal fare i conti con l'innovazione. Credo serva uno sforzo congiunto politica/imprese per provare ad essere quanto meno consapevoli del campo su cui stiamo giocando.

Alla #Politica vanno chieste due cose:

1) offrirci e offrire una visione, preparare il terreno e rendere agevole il percorso di #innovazione e di transizione digitale. Perché questa è l'unica strada, non ce ne sono altre. E' questo l'unico modo concreto per sostenere le #imprese nel medio-lungo periodo.

2) usare il #digitale come leva per crescita e permettere alla PMI di entrarci con le stesse regole delle grandi corporation. Allo stato attuale Amazon è un problema (ma non per i motivi sbraitati da alcuni): sta entrando nel settore farmaceutico; sta per lanciare #Halo (controlla voce, umore, informazioni sanitarie); ha #DroneCam, per la sorveglianza domestica; ha uno #smartspeaker; Amazon ha un'enorme quantità di dati; ha un livello di tassazione pari al 2% circa del fatturato.

Come la gestiamo questa storia? Con quali progetti sapendo che gran parte delle risorse provenienti dal programma di Recovery Fund devono andare in questa direzione?

Gli strumenti ci sono (Piano Nazionale Transizione 4.0) e ci saranno, usiamoli.

Allo stesso tempo, alle amiche #Aziende va chiesto di iniziarla a giocare questa partita, non si può più aprire la serranda e sperare che qualche amico passi a comprare.

Avere un sito, un'ecommerce, una presenza digitale non rappresenta più il futuro: è l'ABC del modo di essere impresa oggi. Certo, non si può competere con Amazon giocando sul prezzo o sulle capacità logistiche. Tuttavia abbiamo altro.

Il valore.

La conoscenza del cliente.

La possibilità di differenziarsi: #PiccolaFarmaciaLetteraria, oppure #Bookleader per citare due esempi in ambito culturale. Ma ce ne sono diversi altri che possono essere utili come spunto: a Roma, tre giovani startupper hanno unito i negozianti locali in un sito #Daje dove si può ordinare tutto quello che serve e loro si incaricano delle consegne; ad Arzignano un giovane #arrotino si è messo online e vende i suoi coltelli in tutto il mondo; la startup #QuiArrotino ha portato centinaia di arrotini in rete: invece che girare per le strade usano le edicole come punti di raccolta degli ordini che ricevono via Whatsapp.

Dunque, qualcosa si può e si deve fare. E' uno sforzo grande, è vero, trasformarsi vuol dire andare al di là della propria forma.

Ma la questione è che, a breve, non sarà più una scelta.

Oronzo D'Alò

OTTICO-ORTOTTISTA

4 anni

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