Una Digital Health col "fisico-digitale". Forse scontato, o forse no.
Appassionato di Digitale (quello utile) in Sanità, quella delle persone e delle professioni sanitarie, da tempo (chi mi conosce lo sa) ho ragionato, costruito e applicato il Digitale in Sanità a supporto del ridisegno dei modelli organizzativi e dei percorsi (di prevenzione, di cronicità, di post-acuzie) in ambito Pubblico per lo più.
A dispetto di un mercato della “Sanità Digitale e Telemedicina” ancora sotto-sviluppato, nonostante le promesse e premesse (che da almeno 10 anni si susseguono tra atti di indirizzo, linee guida, protocolli, LEA, PNRR e speriamo ora ci sia tutto), ho avuto il piacere di guidare progetti innovativi in Sanità dal punto di vista della loro valenza scientifica, clinica, assistenziale, economica. In tutti i casi, il segreto del successo risiedeva nel metodo (coinvolgimento attivo delle professioni sanitarie e - quando possibile - dei pazienti nel processo di sviluppo, approccio scientifico, tecnologie accessibili, ecc..) e nell’esperienza complessiva ed integrata dei servizi digitali e non digitali (assistenza a distanza, assistenza domiciliare, logistica domiciliare, servizi interattivi) integrati nei percorsi digitali…..un “fisico-digitale”, in Sanità.
Il Digitale “ovunque” è oramai ineludibile, non si parla di altro, quasi non si lavora e non si investe in altro. Ma il fisico (inteso come beni e servizi fisici di prossimità alla persona, in presenza, domiciliari, ecc..) non va emarginato, sotto-sviluppato, sottomesso, sottovalutato, sotto-finanziato, specie in Sanità. Tutt’altro. Soprattutto se vogliamo innovare in modo davvero efficace i modelli, i percorsi, i servizi assistenziali e di supporto alle cure, non bisogna farsi troppo ingolosire dal Pure Digital. Modelli o servizi di “prossimità” richiedono un approccio duplice, ibrido si direbbe oggi, più concretamente il giusto mix di fisico-digitale che insieme possono davvero ridisegnare le opportunità di assistenza e cura e l’esperienza di salute del cittadino/paziente. L’esperienza COVID non deve illuderci.
Non lo dico tanto per dire ma perché sempre più spesso sento parlare di progetti per il cittadino/paziente “farciti” di digitale e di AI (spesso impropriamente detta) oltre misura e…il "fisico"? Poco, lontano, complesso, difficile o scontato, magari costoso, o forse meno di moda. Qualcuno avrebbe anche pensato di fare a meno dei medici in carne ed ossa. Siamo soggetti “fisici”, con una crescente età anagrafica media e con il crescere di questa crescono anche le oggettive difficoltà di acquisizione di nuove competenze tecnologiche e di agilità nell’utilizzo di quelle già in precedenza acquisite.
Torniamo alla Sanità Digitale, Telemedicina o comunque vogliamo chiamarla: tanta tecnologia (infrastrutture, dispositivi, app, AI, DTx, ecc…) diffondibile e scalabile e scarsi servizi fisici:
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Come disegnare e rendere diffusi, accessibili ed usabili i servizi digitali, ovunque, se non anche attraverso una progettazione dei servizi fisici attenta ai bisogni - quelli di tutti i giorni - di tutte le persone, in un Paese sempre più con soggetti soli ed anziani e con importanti ed inaccettabili iniquità di Salute?
Serve interrogarsi sul disegno complessivo di reti di nuovi servizi al cittadino affinché tutto il valore possa arrivare davvero a tutti, senza lasciare nessuno indietro. Innovare in Sanità passa nell’innovazione fisico-digitale nella sua complessa, evolutiva ed articolata convivenza, a significare che oggi e domani l’uno darà ragione all’altra ed insieme una nuova esperienza di Salute per tutti.
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