Sviluppi della digital health contro COVID-19

Sviluppi della digital health contro COVID-19

L'epidemia di COVID-19 è stata un catalizzatore per lo sviluppo della digital health: il lockdown e i pericoli derivanti dall'emergenza sanitaria sono stati paradossalmente i fattori che hanno costretto ad adottare ed implementare soluzioni in un lasso di tempo estremamente breve, laddove fino a qualche mese fa il processo di introduzione dell'innovazione tecnologica in sanità risultava essere molto più articolato e temporalmente lungo. La ricerca intitolata “Connected Care ed emergenza sanitaria: cosa abbiamo imparato e cosa fare adesso?” dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità ha cercato di descrivere questa evoluzione


Dopo anni di studi, convegni, sperimentazioni, implementazioni dedicati alla digital health ed aver acquisito la consapevolezza che per l’affermazione del digitale in sanità sarebbe stato necessario procedere con gradualità e costanza, in modo da vincere uno ad uno tutti gli ostacoli e le perplessità che si sono contrapposti a questo processo, è bastato un singolo evento inaspettato e assolutamente dirompente, come la pandemia di COVID-19, per rimettere completamente in discussione questo paradigma e imprimere un’accelerazione senza precedenti nella diffusione del digitale in sanità.

Proprio gli effetti del COVID-19 sulla sanità italiana e l’utilizzo di strumenti digitali da parte di quest’ultima in risposta all’emergenza sono stati gli argomenti principali del tradizionale convegno (quest’anno in versione online) organizzato dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, con la quale è stata presentata la ricerca intitolata “Connected Care ed emergenza sanitaria: cosa abbiamo imparato e cosa fare adesso?

Con il diffondersi della pandemia la sanità e le sue problematiche sono state, come mai fino ad ora, al centro del dibattito politico e costantemente sotto i riflettori dei media. Dall’analisi dei dati raccolti presso le aziende sanitarie, la principale preoccupazione delle loro direzioni sono state quelle di garantire una continuità operativa al lavoro dei propri dipendenti, sia attraverso lo smart working sia attraverso la promozione di collaborazione e comunicazione fra le varie strutture cliniche. Le soluzioni digitali sono stati gli strumenti che hanno permesso di perseguire questi e altri obiettivi, nonostante l’urgenza e la concitazione del momento in molti casi non hanno permesso di effettuare delle scelte ponderate.

L’attività del Medico di Medicina Generale è stata fra quelle sicuramente maggiormente impattate dalla diffusione del COVID-19: la natura stessa della figura professionale del MMG, il punto contatto della sanità italiana più prossimo al paziente, è anche la caratteristica che rischia di renderlo uno dei principali agenti di diffusione del contagio di COVID-19. Proprio partendo da queste considerazioni, non deve sorprendere che ben il 51% degli MMG abbia svolto la propria attività da remoto durante la pandemia da coronavirus. Nel complesso l’esperienza è stata giudicata positiva sia per l’aspetto relativo alla condivisione delle informazioni (63%) sia per la capacità di risposta a richieste urgenti (63%). La maggior difficoltà segnalata, invece, è stata la conciliazione fra lavoro e vita privata (il 38% ha valutato negativamente questo aspetto). Inoltre, il 40% degli MMG è dell’opinione che questa esperienza sarà utile anche a emergenza finita.

Per rendere effettiva questa ultima previsione occorrerà però potenziare la dotazione di strumenti in grado di rendere migliore la comunicazione con i pazienti e il lavoro da remoto. Il consulto telefonico è stata l’attività da remoto che i quasi tutti i medici intervistati hanno segnalato come quella maggiormente impattata dal lockdown, e il fatto che gli MMG ritengano utile che in futuro si investa in soluzioni VPN, applicazioni per la condivisione e archiviazione dei documenti, in strumenti per le call-conference e nella virtualizzazione del desktop, sono tutti indizi di come l’aspetto della comunicazione da remoto fra medico e paziente sia considerata dai medici di medicina generale di assoluta importanza per il futuro della loro professione.

Infatti, i servizi di telemedicina, che per funzionare al meglio hanno bisogno di questo salto tecnologico, iniziano ad essere apprezzati dalla classe medica, tanto che il 75% dei medici ritiene che essa abbia svolto un ruolo cruciale durante l’emergenza e il 50% di essi ritiene che possa aumentare l’efficienza dei processi e l’efficacia delle cure. I servizi di telemedicina indicati come quelli più graditi dalla classe medica sono (rispettivamente):

  • il Tele-consulto con uno specialista (88% degli Mmg, 64% dei specialisti);
  • il Tele-consulto con un MMG (76% Mmg, 52% specialisti);
  • il Tele-monitoraggio (74% Mmg, 47% specialisti);
  • la Tele-Assistenza (72% Mmg, 32% specialisti);
  • la Tele-Cooperazione (60% Mmg, 47% specialisti).

Ma anche un terzo del campione di cittadini intervistati si dichiara pronto a sperimentare una Tele-Visita con il proprio medico generale (il 29% con uno specialista).

Ma allora, cosa ne ha impedito la diffusione fino ad oggi? Il 43% dei medici è dell’opinione che tale carenza sia dovuta alla mancanza di una normativa specifica, ed è proprio durante l’emergenza che tale mancanza è stata in parte sanata da appositi provvedimenti adottati da Regioni e Ministero della Salute.

Ma ciò che nell’opinione dei medici specialisti può giocare un ruolo importante nella fase emergenziale è l’intelligenza artificiale: il 60% di costoro è di questa opinione, e per il 59% di essi tali soluzioni: opinioni che potrebbero essere state indotte dal fatto che, proprio durante l’emergenza, i sistemi di IA sono stati utilizzati per identificare in modo rapido i casi di polmoniti interstiziale da COVID-19, poi valutati e refertati dai radiologi. Tuttavia, l’utilizzo di tali tecnologie è molto basso: solo il 9% degli specialisti le usava prima del Coronavirus e appena il 6% lavora in una struttura che le ha introdotte o potenziate durante l’emergenza.

Cosa fare quindi per diffonderne l’utilizzo? Le soluzioni proposte dalla ricerca dell'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità prevedono l’aumento della disponibilità dei dati strutturati e non strutturati in digitale attraverso un approccio strategico e sistemico, aumentare conoscenze e competenze adeguate in azienda (che dovrà dal canto suo provvedere all’introduzione della figura professionale dello Data Scientist), e infine chiarendo che l’Intelligenza Artificiale deve essere intesa come strumento a supporto delle decisioni del medico.

Questo ultimo aspetto può essere considerato la chiave di lettura che deve caratterizzare il ruolo della digital health nel sistema sanitario: la sanità digitale è un formidabile acceleratore di conoscenza, produttività, trattamento e assistenza in un quadro normativo ed organizzativo ben strutturato: occorre quindi ripensare l’organizzazione e la governance del Sistema Sanitario Italiano per superarne la frammentazione, potenziare la medicina territoriale e domiciliare, e adottare norme e regolamenti in grado di promuovere l’impiego della telemedicina. Tutto ciò dovrà poi essere accompagnato dall’accelerazione nell’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico e dalla promozione dell’utilizzo dei dati in sanità.

 

Dino Biselli

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