Dalle esperienze art rock di fine millennio alle ballate house, il synth pop di Mylène Farmer dipinge ritratti di sentimenti umani e illusioni artificiali con ritornelli glaciali impregnati di inganno, disincanto e rimpianti. Rivelatasi negli anni ‘80, la cantautrice franco-canadese ha lanciato i propri versi sopra i bassi carichi di un suono che corteggia chanson, new wave e dance. Pur nelle diverse ramificazioni elettroacustiche di uno stile spinto agli estremi opposti da collaborazioni con Moby e Sting, resta inconfondibile il richiamo onirico e perturbante della sua voce sussurrata.