Recensione Fuori dalle bolle, di Michele Cucuzza, 2020, Armando Curcio Editore
Nell’era della condivisione, il peggior errore che si possa fare è credere immediatamente a tutto ciò che si trova in rete.
Inverno 2020, Italia. È appena arrivato un virus dall’Asia, attacca le vie respiratorie, dilaga a velocità allarmante ed è talmente simile all’influenza da essere diagnosticato in ritardo. Ogni schermo, ogni prima pagina, ogni mente è riempita da notizie su questa pandemia che sta sconvolgendo il mondo; che le notizie siano vere o meno, bisogna scoprirlo.
Febbraio dello stesso anno, Michele Cucuzza, giornalista che ha vissuto tra radio e televisione, pubblica il suo nuovo libro: Fuori dalle Bolle! Come sottrarsi alle supercazzole in rete, una guida alla convivenza tra uomo e macchina, all’era del Grande fratello bifronte.
La reciprocità con cui questa nuova democrazia permette uno scambio di informazioni è enorme, sembrerebbe proprio senza limiti, e M. Cucuzza è intenzionato a fornire una mappa per questo ginepraio.
La creazione della propria identità, che comprende una forte influenza esterna e la formazione di un pensiero sociale e politico personale, viene incoraggiata e guidata da un bombardamento mediatico senza precedenti nella storia dell’uomo. In ogni parte del mondo è diventato possibile accedere a ogni tipo di notizia, basta avere una connessione adeguata; questo è uno dei motivi principali per cui saper dividere e scegliere quali notizie siano realmente attendibili e quali invece fake newsè di importanza capitale.
L’autore ci illustra l’espansione che il mondo telematico ha avuto nella nostra società tramite le conseguenze che questo impatto ha avuto: tanto per cominciare, la quantità di tempo che passiamo a comunicare con milioni di altre persone piuttosto che a interagire con il prossimo, per banalizzare. L’importanza data all’aspetto di uno sconosciuto su uno schermo piuttosto che alle sue parole, pronunciate nel momento in cui mostra anche il proprio look. Anche solo la quantità di termini intraducibili dall'inglese (chi ha mai usato "calcolatore" per nominare il computer?) che sono stati condivisi in pochi anni, nonostante il gap generazionale e la resistenza di molti che erano già adulti quando Arpanet è diventato Internet.
Lo stile di Cucuzza è fluido e attraente, rende difficile abbandonare una pagina a metà e l'ironia dimostrata in questo malestrom di ricordi, citazioni e aneddoti è evidentemente indirizzata ai lettori più giovani. Il libro viene presentato come un invito a non fidarsi del web, dei risultati facili, ma a fidarsi delle proprie capacità; M. Cucuzza intende proprio affinare le suddette capacità dei futuri web users, naviganti in rete, influencer e in generale dei nativi digitali che non possono fare a meno di dipendere dagli attuali mezzi di comunicazione.
I confronti tra i vari media iniziano immediatamente: giornali, TV, social e anche il puro e semplice passaparola vengono analizzati come singoli e come insieme di mezzi tramite i quali le informazioni circolano e ci arrivano, mediate dalla penna che le scrive quanto dal mezzo che le diffonde.
«Il mezzo è il messaggio», scrive McLuhan, quasi 30 anni prima dell'avvento dei social media e dei «leoni da tastiera»; sempre attuale, la sua definizione risuona anche in un'epoca dove la libertà di espressione si unisce alla capacità di esprimersi globalmente, creando un'idra pericolosa per la quiete e il buonsenso.
M. Cucuzza dimostra come il problema dei suddetti«leoni da tastiera», chiamati anchehaters, venga risolto in tempi moderni: interruzione totale delle comunicazioni, blocco sui social e richiesta a studi legali specializzati in tale attività, una serie di precauzioni necessarie ma non indispensabili per salvaguardare la «pace in rete».Difendersi è possibile, fattibile e nemmeno troppo difficile. Basta sapere a cosa si va incontro, essere sempre preparati.
Ed è esattamente quello che vuole fare con questo volume: preparare i futuri (ma anche i presenti) uomini e donne di spettacolo, dove spettacolo viene inteso anche come una foto su Instagram e Facebook, un post su Twitter o un articolo sul giornale universitario.
Tutto fa brodo, basta imparare a rigirare la frittata e, soprattutto, saper scegliere gli ingredienti prima che vengano messi in padella. La scelta di trasmettere conoscenze attraverso aneddoti e citazioni può sembrare scontata, ma ha dato i suoi frutti, e non bisogna dimenticare che stiamo pur sempre parlando di un docente di Mediazione Linguistica in Editoria e Marketing, se non sa lui come plasmare menti e convincere al primo sguardo…
Nuovi mestieri nascono ogni giorno, prepariamoci a conoscerli e riconoscerci in essi.