Social Media Power | Non si vive di soli follower
Intervista a Matteo Pogliani , CEO di 40Degrees & Head of Digital di Openbox
Nell'appuntamento di oggi parliamo di #socialmedia e #influencermarketing nell'attività di brand. Abbiamo quindi pensato di coinvolgere Matteo Pogliani in un'intervista che potesse darci una panoramica dettagliata sulla portata del fenomeno, partendo dai vantaggi/svantaggi dei social media rispetto agli altri mezzi di comunicazione, passando attraverso i numeri dell'influencer marketing nel mercato attuale con un focus sui canali preferenziali, piattaforme e sull'importanza della misurazione, per poi arrivare all'IA applicata all'influencer marketing e alle implicazioni sul settore a seguito della vicenda Balocco Ferragni.
🎤 Lasciamo la parola a @Matteo Pogliani
🗣 Ci dai una panoramica sul ruolo dei social media nell'attività di brand?
I social, piaccia o meno, sono sempre più centrali nella vita delle persone e, di conseguenza, diventano cruciali anche per le attività di brand. Stando ai dati italia di Globalweindex ci accorgiamo infatti che i social hanno quasi “appaiato”, lato media, tv e radio. Un passaggio che ben dimostra la rilevanza di questi canali. Il 20,8% in Italia li utilizza addirittura da 1 a 2 ore al giorno.
Dati che ben motivano l’impegno dei brand nel lavorare primariamente su questi touchpoint, andando da attività organiche sino a quelle paid. Non è un caso che il 24,6% degli italiani dichiari di scoprire nuovi brand/prodotti attraverso le ads sui social così come che il 39% li utilizzi per trovare informazioni sugli stessi.
Se uniamo a questo che il 55% degli utenti, gli stessi tanto legati ai social, ha tra i propri principali interessi l’intrattenimento è facile capire quando i branded content possano rappresentare oggi una via primaria per connettersi ai consumatori con impatto. E infatti secondo una ricerca di Nielsen questi generano il 59% in più di brand recall rispetto agli altri annunci digitali e suscitano il 62% in più di risposte positive rispetto ai classici spot.
🗣 Quali vantaggi/svantaggi hanno secondo te i social media rispetto agli altri mezzi di comunicazione?
Il loro potenziale è anche la loro maggior criticità. Il valore aggiunto dei social sta infatti nella possibilità di creare una comunicazione “orizzontale”, in cui brand e utenti sono allo stesso livello, e in cui può avvenire, in ogni momento, un’interazione. Una comunicazione non più mono-direzionale in cui l’utente è passivo, ma dove esso può rispondere o, addirittura, essere il punto di partenza, magari commentando un post o creando un contenuto sul brand e prodotti.
Un potenziale enorme se ci pensiamo bene, capace di generare prima dialogo e dopo relazione dando centralità agli utenti e permettendo di creare messaggi con minor sovrastrutture commerciali, ma più affini alle persone, ai loro bisogni, interessi, gusti.
Ne deriva (o almeno dovrebbe) una comunicazione più profonda, su più livelli e, per questo, maggiormente funzionale.
🗣 Passiamo all’influencer marketing, oggi in continua ascesa. Hai qualche dato da condividere in proposito? Quando, a tuo parere, l’utilizzo degli influencer in comunicazione è davvero efficace per i brand?
Vi rispondo con un semplice numero: 238.700. Sono i contenuti nati dalla collaborazione tra influencer/creator e brand nel 2023 in Italia. Un numero enorme, segno di quanto le attività di IM siano centrali. Oltre 238mila contenuti capaci di generare impatto tanto da produrre più di 192milioni interazioni e oltre 6 miliardi di views.
Se non bastasse il seguire influencer e creator è una delle principali motivazioni di uso dei social media, confermando il loro ruolo, tutt’altro che banale. Un ruolo molto “concreto” tanto che il 13,7% degli italiani ha comprato un prodotto promosso da un influencer nell’ultimo mese. Un dato che sale al 20% se consideriamo la GenZ.
Come qualsiasi canale, strategia o strumento a fare la differenza è però l’utilizzo. Creator e influencer sono funzionali ai brand se e quando si lavora nel giusto modo, con una selezione fortemente orientata ai dati delle loro followerbase e, dal punto di vista del contenuto, valorizzando le qualità che li hanno posizionati agli occhi degli utenti: competenza, spontaneità, credibilità.
🗣 Ci sono settori nei quali l’utilizzo degli influencer si presta maggiormente e può risultare maggiormente efficace?
L'evoluzione della “specie” e quella delle piattaforme, sempre più orientate a premiare interessi e verticalità, ha reso l’impatto di influencer e creator estremamente trasversale a livello di settori. Persino il B2B o topic di nicchia sono oggi terreno fertile per una campagna di influencer marketing. Detto questo senza dubbio ci sono industry dove il loro ruolo è preminente: beauty, moda, food, tecnologia, gaming solo per citare i principali.
🗣 Tra le varie piattaforme disponibili al momento, quale secondo te può essere catalogata come canale preferenziale per l’Influencer Marketing?
Se stiamo al numero di contenuti e collabs realizzate Instagram è senza dubbio il canale preferenziale. Dei 238mila contenuti #åd del 2023 ben 217mila sono stati pubblicati qui. In Instagram trovano infatti spazio sia i progetti dei grandi brand che quelli di PMI e realtà più piccole che vedono nel canale uno spazio ideale per raggiungere gli utenti e comunicare.
Questo sia per la trasversalità a livello di audience che per la funzionalità dei formati a disposizione, reel e stories su tutti.
Sia chiaro, ciò non significa che non ci siano altre piattaforme interessanti: TikTok, Twitch, YouTube con il loro approccio creator centrico offrono grandi opportunità per far nascere sinergie tra brand e creator/influencer.
🗣 Quanto è importante la misurazione nei social media e in particolare nell’influencer marketing? Ci sono strumenti secondo te più efficaci?
Oggi la misurazione ha e deve avere per forza un ruolo predominante. Troppe le possibilità offerte per non sfruttarle, troppi gli investimenti necessari per non avvalersi di dati, quantitativi, ma anche qualitativi, per valutare i risultati ottenuti.
Oggi, infatti, diventa sempre più decisivo non tanto l’atto della reportistica, quanto i livelli e la profondità della stessa, cercando di aggiungere valutazioni qualitative, capaci cioè di fornirci elementi concreti e spendibili anche in future campagne.
Il passaggio da dato a insight, KPI “parlante” che, con la giusta contestualizzazione, possa restituirci una comprensione profonda.
Sono molti gli strumenti utilizzabili: dai tool di social media analytics a quelli di influencer marketing, passando per approcci più olistici come la social & web listening o la consumer intelligence. Detto questo dobbiamo sempre ricordarci che ogni campagna ha obiettivi diversi e come tale anche l’approccio di misurazione deve essere diverso, il più possibile custom.
L’importante è non accontentarsi mai del numero, ma andare oltre. Ad esempio oggi con strumenti dedicati possiamo conoscere la reach reale di una campagna di IM e non la cumulata o, ancora meglio comprendere le caratteristiche e i behaviour del pubblico raggiunto. Perché ok una campagna da 5 milioni di persone raggiunte, ma se queste non sono affini alle mie buyer personas avrò fatto poco per il brand purtroppo.
🗣 Cosa pensi degli Influencer creati con IA? Quali vantaggi rispetto a quelli in carne e ossa? Ritieni che questo sia il futuro del mezzo?
Gli influencer virtuali sono ormai una realtà e come tali vanno trattati. In altri paesi sono sdoganati e hanno un forte utilizzo da parte dei brand e apprezzamento lato utenti. Giusto per farvi un esempio Noonoouri, una celebre creator virtuale, quando fa un contenuto #ad con un brand fa performance migliori di quando lavora in organico. Un vero e proprio unicum che però dimostra chiaramente le potenzialità.
Il loro valore aggiunto, oltre che l’essere una novità e, in parte, un trend, sta nella loro trasparenza/veridicità palesata. Perché se è vero che tutto di loro è fake lo è altrettanto che quello che gli utenti vedono è verosimile (lavoro, amori, passatempi) e dichiaratamente fittizio. Non devono cioè fare lo sforzo di capire se quel profilo sia costruito o quanto ciò che vedono sia reale. Qui la premessa è subito chiara. Questo li fa sentire più sicuri e con minor rischio di essere raggirati come spesso, invece, accade con gli influencer in carne ed ossa.
Lato brand, invece, al di là delle loro performance, i plus sono la maggior facilità di coinvolgimento e, in caso d creazione di un proprio virtual influencer, la possibilità di costruirne uno su misura, rispettando dna di brand, ma soprattutto behaviour delle buyer personas così da creare un’altissima affinità. Ma non è tutto rose e fiori: il reale problema sta nella difficoltà di portare avanti la progettualità, dando una connotazione “realistica” e non solo commerciale al profilo. Accanto ai contenuti #ad ne serviranno molti altri organici, in cui si racconta la storia e il day by day del virtual influencer, perché sono proprio questi i contenuti che lo posizionano e fanno apprezzare dagli utenti. Un lavoro lungo e dispendioso che non tutti i brand possono permettersi.
🗣 A proposito della vicenda Balocco – Ferragni cosa ha rappresentato per il settore? Qual segnali forti ha dato?
L’impatto, viste le figure coinvolte, è stato fortissimo soprattutto a livello di buzz online e opinione pubblica. Giornali, tv e realtà editoriali hanno cavalcato in maniera ampia il tema, ma spesso non trattandolo con il giusto focus. Tutto questo ha sicuramente colpito il settore dell’IM, portando molti brand a riflettere sul ruolo di influencer e creator. La differenza reale però è sulle realtà che lo facevano in maniera seria e strategica, risultati alla mano, e chi per seguire il trend dei creator. Per le aziende in cui lo strumento è strategico e funzionale non cambierà molto, per le altre forse.
A modificarsi è senza dubbio la comprensione di non poter lasciare totalmente il controllo durante una collaborazione, visto che di mezzo c’è la reputation del brand e, soprattutto, la necessità di allargare i piani di crisi menagement anche a queste situazioni, spesso più complesse da gestire visto che i contenuti sono su un canale non di brand e che hanno forte visibilità.
Chiudo però con un punto importante: se il buzz sul #pandorogate è stato forte, non è così per percezione degli utenti e performance dei creator. Da un’analisi di ONIM abbiamo notato quanto le prestazioni dei contenuti dei creator, prestazioni che dipendono dagli utenti, non siano cambiate quasi per niente a conferma di una crisi più mediatica che reale.
🗣 Grazie alle nuove linee guida approvate da AgCom il codice di condotta prevederà sistemi di trasparenza e riconoscibilità degli influencer che dovranno essere chiaramente individuabili e contattabili. Cosa ne pensi? Quali le tutele per i brand che collaborano con gli influencer? Quali, invece, quelle per i consumatori? Quale impatto avrà sul settore?
Le nuove normative, ancora da definirsi al meglio tramite il tavolo tecnico di lavoro, puntano non solo a dare maggior trasparenza alle attività commerciali che vedono operare insieme brand e creator, ma ancor di più a regolamentare le attività tout court dei creator stessi, cercando di limitare eccessi e contenuti ritenuti pericolosi per l'impatto che potrebbero avere sugli utenti, soprattutto quelli più giovani. Lato brand, a mio avviso, cambierà poco dato che le attività #ad erano già normate e che si continuerà a seguire la Digital Chart dello IAP, potrebbe cambiare molto, invece, la comunicazione dei creator stessi e, quindi conseguenza, il loro impatto sugli utenti.
Andrà compreso, ed è questo uno dei punti più critici del tavolo tecnico, chi rientrerà nelle nuove norme.
🗣 L’Influencer Marketing Committee di Obe rappresenta un punto di riferimento italiano nel mercato dell’influencer marketing applicato al Branded Entertainment. Quali attività ha svolto fino a oggi e quali risultati sono stati raggiunti?
Eviterei la domanda perché siamo in stand-by con il committee
Head of Digital | Helping brands to tell stories, create conversations and engagement with digital media and influencers
8moGrazie mille per avermi coinvolto!