11 aprile 1901...Adriano Olivetti

11 aprile 1901...Adriano Olivetti

Per ricordare Adriano Olivetti

Concreti e lungimiranti sognatori

Olivetti è la prima azienda in Italia ad introdurre il design e l’estetica come aspetti fondamentali del prodotto industriale: la macchina da scrivere “Lettera 22”, disegnata da Marcello Nizzoli nel 1950, viene definita da una giuria internazionale “il primo dei cento migliori prodotti degli ultimi cento anni” (Olivetti Lettera 22, è esposta al MOMA Museum of Modern Art di NY). Nel 1955 Adriano Olivetti portò in azienda Mario Tchou , poco più che trentenne, con il compito di formare un gruppo di lavoro dedicato allo sviluppo dell’elettronica. Adriano crede moltissimo in questa tecnologia ritenendola strategica per il futuro e nelle corde dell’azienda sempre attenta alla ricerca e all'innovazione. Il rinnovamento porta la Olivetti a raggiunge rapidamente una notevole fama internazionale. Tchou e Olivetti formavano una grande coppia di concreti e lungimiranti sognatori. Tchou raccolse i migliori giovani e promettenti cervelli dell’ingegneria elettronica:

“perché le cose nuove si fanno solo con i giovani. Solo i giovani ci si buttano dentro con entusiasmo, e collaborano in armonia senza personalismi e senza gli ostacoli derivanti da una mentalità consuetudinaria.” Allo stesso tempo, nonostante la sua giovane età, aveva una lucida consapevolezza del contesto, come emerge da questo suo scritto nel quale egli considera l’Italia: “allo stesso livello dei paesi più avanzati nel campo delle macchine calcolatrici elettroniche dal punto di vista qualitativo. Gli altri però ricevono aiuti enormi dallo Stato. Gli Stati Uniti stanziano somme ingenti per le ricerche elettroniche, specialmente a scopi militari. Anche la Gran Bretagna spende milioni di sterline. Lo sforzo di Olivetti è relativamente notevole, ma gli altri hanno un futuro più sicuro del nostro, essendo aiutati dallo Stato.”

Il gruppo guidato da Tchou, solo quattro anni dopo il suo avvio, produsse l’Elea 9000, primo elaboratore di medie dimensioni per applicazioni commerciali e tecnico-scientifiche. Sull’onda di questa esperienza, nel 1965, il primo desktop computer al mondo è progettato, realizzato e venduto nel mondo dalla Olivetti, battendo sul tempo General Electric e IBM: era il P101 (Programma 101); progettista l’ingegner Pier Giorgio Perotto, designer l’architetto Mario Bellini.


The very first "programmable calculator/computer" was marketed in the second half of the 1960s, starting with the Italian machinery Programma 101 Olivetti Programma 101 introduced at the New York World's Fair (1965). This printing programmable calculator was made from discrete transistors and an acoustic delay-line memory. The Programma 101 could do addition, subtraction, multiplication, and division, as well as calculate square roots. 40,000 were sold, including 10 to NASA for use on the Apollo space project. (Computer History Museum, California, USA)

Questi risultati, concreti, vivevano in un modello di socialità e di industrializzazione nel quale il rispetto, la partecipazione, la cultura, il rapporto armonico tra lavoro e famiglia, città e campagna, industria e comunità, costituivano i pilastri della cultura d’impresa. Negli anni in cui Olivetti realizza una straordinaria crescita internazionale si inaugura lo stabilimento di Pozzuoli, 23 aprile 1955:

“Tra pochi anni la nostra ambizione di fare di questa industria italiana un tipo di industria che si avvicini, nelle dimensioni e nel rendimento, ai grandi organismi d'Oltreoceano, sarà compiuta e ne vedremo permanentemente le conseguenze sul piano sociale, verso un più alto livello di salari ed un orario di lavoro più ridotto”. 

Adriano Olivetti ha sempre visto l’impresa come l’opportunità di una concreta partecipazione al miglioramento della vita di tutti. Ancora dallo stesso discorso di Pozzuoli:

“Il segreto del nostro futuro è fondato, dunque, sul dinamismo dell'organizzazione commerciale e del suo rendimento economico, sul sistema dei prezzi, sulla modernità dei macchinari e dei metodi, ma soprattutto sulla partecipazione operosa e consapevole di tutti ai fini dell'azienda.”

Una visione imprenditoriale che connette aspirazione e pragmatismo, forte nei fondamentali della competizione: modernità di impianti e processi; politica commerciale dinamica e vicina al mercato e, soprattutto, partecipazione e appartenenza.

Olivetti crede fermamente nella relazione tra incremento della produttività e motivazione del personale, motivazione alimentata dalla partecipazione di tutti, operai e impiegati, alla vita dell’impresa.

Seppure molto criticato dal mondo imprenditoriale italiano dell’epoca, quello di Olivetti, si rivela un modello di successo: in poco più di un decennio la produttività cresce del 500% e il volume delle vendite del 1300%.

Ma continuiamo con la lettura del discorso di Pozzuoli:

“Può l'industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell'indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? Possiamo rispondere: c'è un fine nella nostra azione di tutti i giorni, a Ivrea, come a Pozzuoli. E senza la prima consapevolezza di questo fine è vano sperare il successo dell'opera che abbiamo intrapresa. Perché una trama, una trama ideale al di là dei principi della organizzazione aziendale ha informato per molti anni, ispirata dal pensiero del suo fondatore, l'opera della nostra Società. Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, tentativo che non esito a dire ancor del tutto incompiuto, risponde a una semplice idea: creare un'impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo giacché i tempi avvertono con urgenza che nelle forme estreme in cui i due termini della questione sociale sono posti, l’uno contro l'altro, non riescono a risolvere i problemi dell'uomo e della società moderna. La fabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all'elevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare, avviando quella regione verso un tipo di comunità nuova ove non sia più differenza sostanziale di fini tra i protagonisti delle sue umane vicende, della storia che si fa giorno per giorno per garantire ai figli di quella terra un avvenire, una vita più degna di essere vissuta.”

Letto oggi, questo brano colpisce per la forza visionaria e, allo stesso tempo, per la concretezza. E, soprattutto, per l’attualità.

Trama ideale

Una trama ideale. È un’espressione bellissima per indicare quale sia la possibilità concreta dell’impresa per essere una comunità generativa capace di pensare globalmente e di avere un rapporto profondo ed intrinseco con il proprio territorio promuovendo, insieme al benessere che deriva dal lavoro e dalla sua dignità, il rispetto dell’ambiente e il valore inestimabile della cultura. È questa la trama che permette di competere sulle idee, di creare prodotti innovativi.

Olivetti è stata la prima realtà imprenditoriale dove la cross-culture e la multidisciplinarietà erano una pratica concreta e agita, vera.

(…)


Da: Rosanna Celestino “Immaginare il futuro, l’impresa come comunità generativa”, 2015 Ed. GuariniNext

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