3 motivi per leggere #PHYGITAL di Nicolò Andreula
Questa recensione nasce da un webinar a cui ho assistito un paio di mesi fa, nello specifico il secondo incontro del ciclo “L’età ibrida. Dialoghi per le imprese alla vigilia di nuova era”, a cura di Paolo Iabichino.
In quella occasione Nicolò Andreula ha presentato il suo volume intitolato “#PHYGITAL Il nuovo marketing, tra fisico e digitale”, pubblicato per la collana Tracce di Hoepli. Ricordo di aver acquistato la mia copia subito al termine del webinar, sicura di fare un buon investimento per la mia biblioteca di settore. Dopo aver letto e digerito la proposta dell’autore, condivido qui di seguito tre ottimi motivi per leggere questo agile manuale e tenerlo sulle nostre scrivanie come utile vademecum, soprattutto per chi come me si occupa di strategie di brand.
1. Definire in modo preciso che cosa oggi è #phygital
Come ci racconta l’autore, una delle prime attestazioni del termine phygital risale al 2010, ma ci sono voluti dieci anni perché il concetto maturasse fino a diventare un vero e proprio trend. Oggi di fatto è una delle parole del momento e nel mio piccolo mi sono trovata spesso a rintracciarla nei brief di gara, magari senza alcuna reale connessione con il contesto. Ogni volta che questo succede, mi torna in mente lo storico spot di un noto cioccolatino pralinato con l’elegante dama in giallo che recitava “Ambrogio ho un leggero languorino, la mia non è proprio fame è più voglia di qualcosa di buono”: quanti clienti usano la parola phygital proprio come quel leggero languorino, ma non fame, di fare qualcosa di innovativo? L’autore arriva in soccorso con una spiegazione finalmente chiara del concetto, mostrandoci l’evoluzione che ha portato dalla multicanalità all’omnicanalità fino alla dimensione phygital. A volte fare chiarezza è la vera rivoluzione: con questo manuale anche il proprietario di una piccola attività commerciale non avvezzo ai termini del marketing potrà rendersi conto dei benefici dell’ibridazione tra mondo online e fisico.
2. Un approccio equilibrato che torna a esaltare la dimensione fisica
Ho trovato interessante l’approccio dell’autore un po’ controcorrente rispetto all’assalto alla diligenza delle esperienze offline. Sicuramente i progressivi lockdown hanno accelerato – e finalmente direi – la trasformazione digitale, ma a volte sembra quasi che la sola paura del contagio si sia mangiata il mondo delle interazioni reali, bollate come qualcosa tra il pericoloso, l’inutile e l’agé.
L’autore invece ci porta costantemente a riflettere sull’integrazione delle due dimensioni – off e online – ricordandoci tutti i motivi per cui non possiamo più prescindere da nessuna delle due dimensioni e invitando a chiederci ogni volta quale sia il mezzo o la strategia più efficaci per un determinato scopo, senza partire prevenuti sul fatto che per forza il digital sia la panacea di tutti i mali.
Anzi, l’intero capitolo 5 del volume viene dedicato all’importanza dell’esperienza fisica, soprattutto nel settore retail, con una serie di indicazioni concrete per innovare, migliorare, rendere più efficiente la consumer journey in store. Dopotutto, come ci ricorda l’autore,
“a oggi nove prodotti su dieci vengono acquistati in un negozio fisico”.
Un po’ presto per cantare la morte del cigno.
3. Una miniera di fonti
Ultimo ma non ultimo, segnalo un aspetto che probabilmente ho notato per una deformazione professionale che viene dal mio passato accademico. Sono una di quei lettori che si legge sempre – e tutte – le note a piè di pagina. In quelle di #phygital ho trovato una miniera di risorse, moltissime delle quali disponibili online: per questo terrò il volumetto sul mio tavolo di lavoro ancora a lungo, magari tornando indietro e poi avanti e ancora saltellando qua e là tra le fonti e gli articoli, per approfondire sempre di più il tema del momento.
Category Manager (Shelf, Assortment and Pricing) presso Bolton Food
4 anniGaspare Marina
Strategy. Storytelling. SouthWorking
4 anniGrazie mille!!